Rapiti tre italiani: «Lasciate il Golfo» di Paolo Patrono

Rapiti tre italiani: «lasciate il Golfo» Un movimento kurdo filoiraniano rivendica il sequestro dei tecnici in Iraq Rapiti tre italiani: «lasciate il Golfo» La cattura era tenuta segreta dalla Farnesina per dare spazio alle trattative - Lavoravano a una centrale termoelettrica -1 guerriglieri protestano per «l'aiuto di Roma a Baghdad» - Cauta fiducia di Palazzo Chigi: «Non è la prima volta che accade» ROMA — Tre tecnici italiani sono stati rapiti nell'Iraq settentrionale da un gruppo di guerriglieri kurdl filo-iraniani che reclamano, con un comunicato diffuso ieri pomeriggio da Beirut, il ritiro della nostra task force dal Golfo e la fine di un asserito aiuto al regime di Baghdad. La notizia del sequestro, che sarebbe avvenuto in due fasi tra metà settembre e l'inizio di ottobre, è stata mantenuta segreta dal governo italiano, che nel frattempo aveva attivato tutti i canali disponibili per intavolare trattative con i ribelli icurdi. Ma il comunicato reso noto ieri nella capitale libanese ha violato quella cortina di riserbo sorprendentemente mantenuta per qualche settimana attorno a questo «caso» destinato adesso a rinfocolare le polemiche sull'invio delle nostre unità militari nel Oolfo. Il documento dattiloscritto in arabo firmato dall'.Unione nazionale del Kurdistan iracheno» era stato recapitato ieri a un'agenzia di stampa internazionale a Beirut. La notizia del rapimento di Sergio Commetti, ■ Giuseppe Carrara e Roberto Diotallevi è spiegata dal movimento kurdo come -uno protesta contro l'aiuto italiano al regime iracheno e la presema militare italiana nelle acque del Golfo.. Con la conseguente richiesta di ritirare la flotta della Marina italiana al comando dell'ammiraglio Mariani. I tre tecnici sarebbero stati sequestrati in due fasi. Il primo, Cominetti, era scomparso dalla regione attorno a Mussul attorno alla metà di settembre, comunque dopo la partenza delle navi per il Golfo. Gli altri due, Carrara e Diotallevi, sono spariti all'inizio di ottobre, sempre nella regione settentrionale dell'Iraq, dove più diffusa è la ribellione kurda. Interrogato dai giornalisti alla Camera subito dopo l'arrivo del dispaccio d'agenzia da Beirut. Goria ha dichiarato inizialmente che si sapeva del rapimento «da cinque giorni*. Ma questa primitiva versione è stata rettificata dalle successive note ufficiali di Palazzo Chigi e della Farnesina che ricollocano il triplice rapimento a qualche settimana addietro. L'annuncio da Beirut ha comunque messo in agitazione le autorità del Palazzo. Il presidente del Consiglio Goria è salito al colle del Quirinale per un già programmato incontro con il Capo dello Stato. Ma il colloquio con Cossiga ha avuto certo fra i temi dominanti proprio il triplice rapimento e le richieste del movimento kurdo filo-iraniano. La notizia della convocazione di un vertice a Palazzo Chigi fra Goria. il ministro della Dife¬ sa Zanone e un rappresentante della Farnesina (Andreotti è in viaggio per la Thailandia) è circolata per qualche ora, poi è stata smentita. Ma il presidente del Consiglio, assistito dal suo consigliere diplomatico Fontana Giusti, è stato costantemente in stretto contatto sia con la Farnesina sia con il ministero della Difesa e 1 servizi informativi. Il ministro Zanone ha convocato ieri sera una riunione del suoi più stretti collaboratori. Le note diramate dalla presidenza del Consiglio e dalla Farnesina sono sostanzialmente concordi nel concedere •elementi di fondatezza* all'annuncio del gruppo kurdo. Ma il ministero degli Esteri è molto prudente sulla effettiva affiliazione politica dell'.Unione nazionale del Kurdistan iracheno», che si è professata filo-iraniana, stando almeno alle richieste per 11 rilascio dei nostri tre connazionali. Il ministero degli Esteri giudica infatti «non chiara» questa affiliazione e nella nota diffusa ieri sera si limita a render noto che, «in contatto con le ditte interessate, ha immediatamente attivato nel riserbo che era doveroso mantenere in casi umani cosi complessi e delicati tutti gli opportuni canali per chiarire la posizione dei nostri connazionali e favorire una rapida conclusione della vicenda*. Palazzo Chigi fa mostra di una cauta fiducia nel suo comunicato, quando ricorda che «non è la prima volta che incidenti del genere si sono verificati nella parte settentrionale dell'Iraq ed in passato tali eventi sono stati felicemente risolti. Ed è a questo fine che si stanno adoperando le nostre rappresentanze diplomatiche*. il precedente al quale allude la nota di Palazzo Chigi ricorda il rapimento, fra tanti altri stranieri, di Antonio Chiaverini, un altro tecnico sequestrato due anni fa nella stessa regione di Mossili e rilasciato dopo qualche mese di negoziati da guerri¬ glieri di un altro movimento indipendentistlco kurdo. Questo lascerebbe ben sperare anche per la liberazione di Cominetti, Carrara e Diotallevi. In questo incrocio di passioni indipendentistiche e di strumentalizzazioni nelle mani di chi sono finiti i tre tecnici italiani? A Roma per adesso non si hanno indizi precisi. Soltanto la rivendicazione del ritiro delle nostre unità dal Golfo e la fine del preteso appoggio al regime di Saddam Hussein fa schierare questo gruppo della «nebulosa» della resistenza kurda su posizioni esplicitamente filo-iraniane. La speranza della nostra diplomazia è che queste pretese siano state reclamizzate dal movimento ribelle soltanto per dar maggiore impatto alla sua lotta contro Saddam Hussein e per ottenere un maggior riscatto. In passato casi analoghi sono stati risolti con abbondanti iniezioni di fondi per finanziare la guerriglia, con forniture di armi o medicinali. Ieri sera Goria si è limitato a dire: mBitogna usare la massima cautela*. Questo spiega la segretezza con cui la diplomazia italiana e le ditte dei tre rapiti avevano avvolto finora i contatti per avviare le trattative con 11 gruppo rapitore. Se questa ipotesi si rivelerà giusta, i negoziati potranno essere lunghi e anche difficili, ma l'esitò dovrebbe risultare positivo. Ma se i tre tecnici fossero Invece caduti nelle mani del gruppo più fanatico dell'Integrismo islamico in seno alla resistenza kurda, come le richieste lascerebbero temere, allora il ricatto potrebbe avere un effetto dirompente. Questo è il pesante timore che ieri sera si coglieva negli ambienti governativi in attesa di notizie e chiarimenti dal Medio Oriente, anche se la parola d'ordine è «non drammatizzare* per non far alzare ancor di più la posta. Paolo Patrono (A pagina 2 altri servizi)