Trionfo di Babele di Ernesto Galli Della Loggia

Trionfo di Babele Golfo, ora di religione, referendum Trionfo di Babele Mai come in queste ultime settimane — a partire dalla discussione sul Golfo Persico e poi via via, in crescendo, con il venire al pettine dell'ora di religione e dei referendum — il sistema politico italiano ha mostrato la crisi profonda da cui è affetto. Era noto, si dirà. Certo, ma è come se in queste ultime settimane la crisi avesse subito un decisivo salto di qualità. Già altre volte infatti, molte altre volte, posta davanti a questioni di grande peso politico, al di fuori della normale amministrazione, l'Italia del governo e dei partiti si era rivelata incapace di scelte pronte e chiare. Mai, però, quest'incapacità di decidere era sfociata in un'atmosfera di confusione e d'incertezza, in un senso di spappolamento generale, simili a quelli che gravano oggi sulla vita del Paese. Sulla questione del Golfo come dell'ora di religione e dei referendum, dubbi, tentativi di aggiramento e repentini cambiamenti d'indirizzo si sono mischiati ad astute marce indietro o precipitose fughe in avanti, i tatticismi più nuovi e sorprendenti sono andati sottobraccio al lascito degli antichi schemi ideologici. Nel partito comunista la vecchia chiacchiera sull'imperialismo (attribuito al governo Goria!) ha trovato modo di accordarsi con il tema, fino a sei mesi fa anatemizzato, della «giustizia giusta»; sull'interpretazione del Concordato Craxi ha avallato pretese della Santa Sede alle quali, quand'era presidente del Consiglio, palesemente non aveva gradito che la Falcucci si piegasse; la democrazia cristiana, dal canto suo, si accinge ormai a diventare un monumento alla doppiezza politica: ha approvato la spedizione navale italiana pur essendo con ogni evidenza contraria, si è pronunciata contro il nucleare e contro l'irresponsabilità civile dei giudici pur avendola pensata sempre diversamente, ha smentito seduta stante la posizione mediatrice di Galloni sull'ora di religione non appena dal Vaticano e giunto l'altolà. L'intercambiabilità generale delle posizioni, a cui assistiamo da mesi come un fatto ormai quasi fisiologico, rappresenta l'esito trasformistico di un sistema politico che si trova virtualmente alla deriva. La radicale crisi d'identità ideale e l'altrettanto radicale crisi di peso politico sia della de che del pei hanno disancorato il sistema stesso dai suoi storici punti di riferimento senza che per il momento altri se ne sostituissero. Democristiani e comunisti si attengono ormai ad un'unica regola che ha assunto i contorni di un'ossessione: evitare ad ogni costo la sconfitta. Il terrore di perdere, di fare il gioco degli avversari (e prima di tutti del psi), di «restare isolati», li porta così ai più repentini e sorprendenti cambi di cavalli. In questa stessa pratica è maestro da sempre Craxi, ma il gioco a tutto campo aveva un senso ed era vantaggioso per il psi quando, per l'ap punto, il campo c'era, vale a dire quando comunisti e democristiani rappresentavano le coordinate fisse dello spazio politico italiano. In mancanza di ciò anche la strategia craxi ari a rischia di annaspare nel vuoto. Come una sorta di organismo impazzito il nostro sistema politico reagisce alla crisi dei suoi attori moltiplicando la propria patologia ed estendendola a tutti gli spazi disponibili. Basta pensare a come la logica unanimisticoconsociativa, propria di tutta la nostra recente esperienza parlamentare, abbia ormai fagocitato pure lo strumento referendario che in teoria avrebbe dovuto opporsi a quella logica. Tutti voteran¬ no «si», su tutto o quasi. Ma, s'intende, nessuno lo farà condividendo le intenzioni dell'altro: tutu' sospettosamente uniti e, insieme, tutti ferocemente divisi. Governato a questo modo dall'universo politico, il Paese tende a scomporsi in un'immagine divisa e contraddittoria: non vediamo forse proprio in questi giorni disegnarsi da un lato un'Italia clerico-statalista, tutrice della supposta cattolicità di alcuni milioni di giovani idolatri di Madonna, e dall'altro un'Italia che con i referendum consente invece ad ogni individuo di dire la propria a ruota libera su questioni delicatissime ed anche tecnicamente assai complicate? E' difficile che, di fronte a questo spappolamento del sistema e del quadro politico all'insegna dell'universale incoerenza c della Babele delle lingue, almeno quella parte dell'opinione pubblica che cerca di guardare al merito delle questioni non provi un senso profondo d'imbarazzo e diciamo pure di mortificazione. L'imbarazzo e la mortificazione di essere messi improvvisamente alle prese con uno pseudo-problema come l'ora di religione che la stragrande maggioranza del Paese non sente perché nella sua coscienza l'ha già risolto da tempo; ovvero — come nel caso del referendum sul nucleare — l'imbarazzo e la mortificazione di essere chiamati a decidere sapendo però di non potere in realtà decidere nulla di fronte al responso scontato dell'emozione di massa. A proposito della quale siamo in parecchi a ricordarci quando, solo pochissimi anni fa, gli stessi che oggi sventolano il lutto di Cernobil insorsero contro la proposta di Almirante di chiamare il popolo a decidere per la pena di morte all'indomani di alcuni efferati delitti, sostenendo che era falsamente democratico, bensì in realtà reazionario, decidere sotto la spinta dell'emozione. Ad Enzo Biagi fu addirittura impedito di svolgere sul tema un innocuo sondaggio, in televisione, a base di lampadine da accendere e spegnere. Ma evidentemente non tutte le emotività sono cattive consigliere. Alcune sono più cattive di altre: quelle che non ci piacciono. Ernesto Galli della Loggia

Persone citate: Almirante, Craxi, Enzo Biagi, Falcucci, Galloni, Goria

Luoghi citati: Italia