«Ho combattuto in piazza contro gli agenti cinesi»
«Ho iombaffuto in piazza tontro gli agenti tinesi» «Ho iombaffuto in piazza tontro gli agenti tinesi» LHASA — Almeno quindici dei lama che hanno guidato la dimostrazione antì-cinese di giovedì scorso a Lhasa sono feriti, alcuni in modo grave, ma non vogliono recarsi all'ospedale cittadino per timore di essere identificati ed accusati di aver fomentato i disordini. Lo ha detto a una inviata dell'agenzia Ansa uno dei 350 lama del monastero di Sera, a sei chilometri da Lhasa, dal quale partirono all'alba di giovedì i religiosi che parteciparono alla manifestazione sulla piazza del tempio di Jokhang. Il colloquio sì è svolto in una cella del monastero: su una parete spiccava un grande ritratto del Dalai Lama, il leader spirituale tibetano in esilio, che le autorità cinesi accusano di essere l'ispiratore di questa nuova ondata di irredentismo A voce bassa, parlando in cinese, il monaco ha spiegato che suo fratello Ghei Ghei, 23 anni, è stato ucciso a colpi di fucile durante la manifestazione. Ghei Ghei era andato a Lhasa assieme ad altri 35 religiosi del monastero di Sera per dar vita alla manifestazione. Assieme a lui altri cinque o sei monaci non hanno fatto ritorno. •Dopo averci fermato sulla piazza di Jokhang — dice 11 religioso — ci hanno portato alla caserma di polizia., la stessa alla quale una moltitudine di persone ha dato in seguito l'assalto per liberare i monaci detenuti. «Ci hanno tenuti II per alcune ore, e gli agenti ci hanno picchiato con mi sfollagente e con i bastoni elettrici.. (Ansa)
Persone citate: Dalai Lama, Sera
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