L'ora immaginaria

L'ora immaginaria L'ora immaginaria E' incredibile come si sìa venuta ingigantendo e ingarbugliando ogni giorno più una questione relativamente piccola e relativamente semplice come quella dell'ora di religione. Non ci sarebbe molto da aggiungere a ciò che hanno scrìtto egregiamente, su questo stesso giornale, fra gli altri, autorevoli collaboratori come Alessandro Galante Garrone e Luigi Firpo, se non si fosse letto in questi giorni nella nota inviata dal Vaticano al governo italiano il 27 settembre che l'insegnamento della religione cattolica «non potrebbe essere correttamente qualificato come facoltativo», perché la Repubblica italiana si è impegnata ad assicurare nelle scuole pubbliche l'insegnamento della religione cattolica. Questa interpretazione del termine «facoltativo» è per lo meno bizzarra, perché è presentata come una risposta polemica, ma non si capisce contro quale avversario. In base alla lettera del Concordato, nessuno contesta che lo Stato italiano sia obbligato ad assicurare l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, allo stesso modo che nessuno si sognerebbe di mettere in dubbio l'obbligatorietà di un percorso tranviario per il solo fatto che è interrotto da una fermata facoltativa. Al limite, per ipotesi assurda, potrebbe venir meno l'obbligo soltanto se nessuno Studènte avesse deciso di avvalersi di questo insegnamento. Quando si dice che l'ora di religione è facoltativa, s'intende dire non già che lo Stato può scegliere di non istituirla, ma che lo studente può scegliere di non seguirla. La confusione tra le due questioni è sorprendente. Provo a esporre il problema nei suoi termini più elementari per mostrare quanto esso sia semplice. Può uno studente scegliere la lezione di matematica? No. Può scegliere la lezione di italiano? No. Può scegliere la lezione di storia? No. Ebbene, questo studente che non può scegliere la lezione di matematica o di storia o d'italiano, può scegliere la lezione di religione. Conseguenza logica: l'ora di religione è un'ora diversa da tutte le altre ed è diversa, perché le altre sono obbligatorie, e l'ora di religione non lo è. Non essere obbligatorio significa esattamente essere facoltativo. Obbligatorio e facoltativo sono due termini contraddittori: ciò che non è obbligatorio è facoltativo, e viceversa. Come materia facoltativa, l'insegnamento della religione è una materia in più, che si aggiunge alle materie obbligatorie per colui che l'ha scelta. La differenza tra il vecchio Con cordato e il nuovo sta nel fatto che là, essendo l'insegnamento della religione obbligatorio, chi otteneva l'esonero, faceva un'ora di meno. Oggi, invece, chi si avvale dell'ora di religione fa o dovrebbe fare, secondo la lettera e lo spirito del nuovo Concordato, un'ora di più. In quanto ora in più, l'ora di religione dovrebbe essere collocata al di fuori dell'orario, o all'inizio o alla fine delle lezioni, oppure in altra parte della giornata. Senonché, come tutti sanno, il Protocollo addizionale incorporato nel testo del Concordato ha stabilito che l'ora di religione avrebbe dovuto avere una collocazione «nel quadro degli orari delle lezioni». Si tratta di un'espressione che ha la tipica ambiguità dei testi giuridici, che possono essere equivoci sia per disattenzione sia, al contrario, per voluta maiiTia Come è stata interpretata nel testo dell'intesa tra il ministro della Pubblica Istruzione e la Cei, secondo cui «la collocazione oraria di tali lezioni è effettuata dal capo d'istituto sulla base delle proposte del collegio dei docenti secondo il normale criterio di equilibrata di¬ stribuzione delle diverse discipline nella giornata e nella settimana», questa espressione viene a contrastare, a mio parere, con la lettera e lo spirito del testo concordatario, perché, ammettendo che l'ora di religione possa essere inserita anche all'interno dell'orario scolastico tra un'ora e l'altra delle materie obbligatorie, ha fatto sorgere un problema nuovo, che ora è al centro del dibattito, il problema dell'ora alternativa. In questo modo però l'insegnamento religioso viene trasformato da facoltativo, che si può scegliere o non scegliere, in un insegnamento opzionale, vale a dire in un insegnamento che chi non sceglie é obbligato a sceglierne un altro. Mi pare non sia troppo difficile capire che la situazione in cui si ha la facoltà di scegliere, o di non scegliere è diversa da quella in cui si è obbligati a scegliere tra A e B, in cui la libertà di scegliere si risolve nella libertà limitata di scegliere tra due diverse alternative. Questa differenza sarebbe irrilevante, e non saremmo costretti ad occuparcene, se il problema dell'ora alternativa fosse stato risolto. E invece non solo non è stato risolto, ma dopo un anno di lunghe e spesso oziose discussioni una qualsiasi soluzione appare ancora lontana. In verità, il problema è difficile da risolvere non tanto per la cattiva volontà del governo o del corpo insegnante quanto per una ragione più sostanziale: una vera e propria alternativa all'insegnamento religioso non esiste. L'unica alternativa simmetrica ad un insegnamento confessionale è un altro insegnamento confessionale. Ogni altra materia non è un'alternativa ma è puramente e semplicemente un espediente per non lasciare inoperosi gli studenti che non hanno scelto l'ora di religione una volta che questa sia stata collocata all'interno dell'orario scolastico in modo da spezzare la continuità delle lezioni obbligatorie. Oltretutto, gli studenti che scelgono l'ora di religione possono seguire il corso da loro scelto. Gli altri avrebbero l'obbligo di seguire una materia imposta. Il che è in netto contrasto con il testo concordatario, il quale stabilisce che la scelta degli studenti «non deve dar luogo ad alcuna forma di discriminazione». Norberto Bobbio

Persone citate: Alessandro Galante Garrone, Luigi Firpo, Norberto Bobbio