Da Mombasa a Nairobi sul treno di Karen

Da Mombasa a Nairobi sul treno di Karen Da Mombasa a Nairobi sul treno di Karen come avverte una guida, e di seconda, «con sei posti e un lavandino». Una zanzariera correda ogni letto. E' cosi quieta e ordinata, la stazione di Mombasa, fra cespugli fioriti, praticelli e pensiline liberty di lamiera e legno verniciato, intonate ai vagóni color senape e bordeaux, n treno è troppo grosso e reale per questo scenarlo da fotografia, dove ogni cosa è senza suono e la poca gente che affluisce non ha voce: qualche bianco, e coppie di piccoli e tondi Kikuyu, gli abitanti degU altipiani dai berretti di lana e l'aspetto montanaro, intelligenti e industriosi, fra i quali è la donna a reggere sulla schiena pesanti sacchi e cesti; e due o tre ragazze swahili, provocanti nel buibui nero e 11 trucco marcato. Non c'è nemmeno un ferroviere, soltanto un cartellino attaccato a un finestrino vi informa che quello è il vostro scompartimento, che naturalmente avete prenotato non appena siete arrivati a Mombasa; poco importa se in realtà in tutto il vagone-letto di prima classe siete in quattro persone, la reservation è di prammatica, se non altro per rispettare le regole di un rito sopravvissuto ai mutamenti della storia. L'idea di una ferrovia per il trasporto dell'avorio da Rampala a Mombasa, dove esso veniva caricato sulle E9 il treno che prendeva Karen Blixen ai suoi rientri dall'Europa per risalire dal porto di Mombasa a Nairobi e alla sua fattoria. Il treno che permetteva alla futura scrittrice danese e aveva permesso ai primi coloni britannici e del Nord Europa di raggiungere gli altipiani scintillanti che si stendono a duemila metri di altezza, lasciandosi alle spalle l'Africa vera, con la savana il caldo umido, la malaria e 1 colori spessi e grondanti. Lassù 11 aspettava secondo le parole della signora Blixen, «un'Africa distillata... quasi l'essenza forte e raffinata di un continente». Una vecchia pubblicità dell' Uganda Railway (la ferrovia si spinge fino a {Campala, in Uganda) mostra un convoglio che si snoda fra giraffe e leoni, mentre un pitone si avvolge da un finestrino a uno sportello. Oggi il treno parte ogni giorno da Mombasa alle cinque del pomeriggio, con arrivo a Nairobi alle nove della mattina dopo, velocità media trenta chilometri orari; c'è anche un «espresso» con partenza alle 19 e stesso orario di arrivo: ma perché privarsi di due ore di luce (in Africa fa buio molto presto) e di delizioso viaggio? Possibilità di scelta fra vagone-letto di prima classe, con «due cuccette, un lavandino e un ventilatore», navi per l'Europa, nacque alla fine dell'Ottocento, quando l'Uganda era al centro degli interessi inglesi. C'è tutta una letteratura che racconta le avventure, drammatiche o buffe, legate all'iron snake, al «serpente di ferro», di cui furono protagonisti i coraggiosi pionieri, ingegneri, tecnici Karen Blixen militari e operai, che si aprirono faticosamente una strada attraverso regioni inesplorate e spesso ostili e che per tracciare 11 percorso più sicuro e breve si lasciavano guidare dalle impronte degli elefanti In migrazione. Nel Museo ferroviario di Nairobi, fra romantiche locomotive e vecchie mappe, si può rivivere la storia di questa linea FU proprio la costruzione della ferrovia che portò alla rivelazione del Kenya. Nel 1899 i binari raggiunsero alcuni stagni nel mezzo di un altopiano verde di cui Masai e Kikuyu si spartivano le vaste solitudini. LI furono costruite le prime casette' di un insediamento chiamato Nairobi, destinato a soppiantare Mombasa come capitale dopo pochi anni; e il Kenya divenne la residenza stabile di migliaia di negozi, banchini straripanti di oggetti di artigianato, grossisti di spezie, ristorantini indiani, turchi o cinesi. Dispiace lasciare questa città dove si contratta anche il prezzo di una corsa in tassi e si diventa subito amici di tutti, e dove un'animazione quasi parigina si fonde alla gentilezza dell'Africa. Vi portate via nel cuore il vento salino che spazza la città e l'oceano che corre verso terra con lunghe schiume in linea retta, recando un senso di assoluto. E soprattutto il superbo Fort Jesus, eretto dai Portoghesi nel Cinquecento a picco sull'acqua, teatro dell'ultima resistenza lusitana agli assalti arabi in un assedio che si protrasse per tre anni, fino al 13 dicembre 1698. Al momento della resa rimanevano solo nove Portoghesi: decimati dal colera più che dalla guerra, i fieri combattenti (era allora opinione comune che almeno cento uomini fossero necessari per tener testa a dieci Portoghesi) sfogavano la nostalgia e lo smarrimento in surreali graffiti sulle pareti del Forte. Mombasa è scomparsa da poco, che il treno comincia a saure, scavalcando fiumi, arrampicandosi su un'altura e poi sull'altura di fronte, strizzando l'occhio ai vagoni di coda in curve profonde, in un continuo gioco di illusioni, come se fosse il paesaggio a condensarsi in forme nuove o ripetute e non voi a spostarvi. Nelle stazionane qualcuno scende e qualcuno sale in silenzio, la locomotiva fischia perché si spiccino, bambini vendono banane e frittelle. «Alla stazione di Samburu, mentre mettevano l'acqua nella locomotiva — racconta Karen Blixen nella «Mia Africa, —, scesi dal treno per far due passi». Il ritmo del viaggio è rimasto lo stesso. Dal vagone-ristorante si spande un profumo di curry. Se avete con voi una carta stradale, potete controllare che, sebbene slate in viaggio da due ore e vi sembri di avere varcato il confine di un universo, avete fatto si e no sessanta chilometri. E' notte quando vi chiamano per il dinner, riso pilaf, pollo al curry e patate; per vino, da pagare a parte, vi propongono del Valpolicella che 1 camerieri servono con stile. Che atmosfera old England, che senso di sfasamento, di essere nonsi-sa-dove. Ma le risate rumorose del camerieri, le loro uniformi rattoppate, le sbarre che chiudono 1 finestrini senza vetro e soprattutto gli aliti neri e sterminati che vi assalgono da fuori vi rassicurano: si, l'Africa è 11 che sfila, cosi piano che potreste immergervi le dita. Maria Pia Forte Tra le verdi colline à trenta all'ora come ai tempi della «Mia Africa» di Karen Blixen, Stazionane sperdute, rumori nella notte, gazzelle in fuga europei Alle cinque in punto il treno si muove senza che il silenzio si incrini. Uno scossone, e via: Mombasa vi saluta, col grande porto moderno e il porto del dhow dalla vela latina, il ponte di ferro che unisce alla terraferma l'isola su cui essa sorge, le macchie di palme, banani e baobab. Date l'addio al templi hlndù e alle quarantanove piccole moschee rosa o celesti, tutte pinnacoli e rotondità; alle vie tappezzate di

Persone citate: Blixen, Fort Jesus, Karen Blixen, Masai