Lei scriveva, seduta al tavolo della cucina

Lei scrìveva, seduta al tavolo della cucina / Lei scrìveva, seduta al tavolo della cucina / Pubblichiamo, per concessione della Mondadori, alcune pagine da «Si chiamava Anna Frank» di Miep Gies, che sarà in libreria fra qualche giorno. IL lunedi di Pasqua io e Henk eravamo rimasti a casa. Doveva essere giornata festiva per tutti e nessuno di noi due si era affrettato a uscire dal letto caldo. Era ancora presto, quando sentimmo bussare insistentemente alla porta. Corsi ad aprire: era Jo Koophuis. In stato di evidente agitazione, era venuto ad avvertirci che Otto Frank aveva telefonato dall'alloggio segreto. Erano tornati i ladri e la situazione appariva molto pericolosa. Henk e io ci precipitammo alla Prinsengracht dove trovammo tutto in un terribile disordine: nella porta era stato aperto un foro enorme; ovunque c'era un grande scompiglio. Mi affrettai verso lo scaffale, fischiai per farmi aprire, lo spalancai e mi slanciai su per le scale, con Henk alle mie spalle. Stavano bene? Salendo le scale, sentii che il cuore mi batteva all'impazzata. Arrivata in cima alle seconda scala li chiamai e subito dopo mi si presentò agli occhi una scena in cui regnava il disordine più completo. Non avevo mai visto i nostri amici fare una simile confusione. Vedendoci, Anna corse ad abbracciarmi piangendo; gli altri si riunirono intorno a noi, come se il solo poterci toccare, il semplice contatto tra noi e loro li potesse rassicurare. Tremavano tutti come foglie. Presero tutti a parlare contemporaneamente per raccontarci che, avendo sentito dei rumori, erano scesi nell'ufficio a controllare; avendo sentito altri rumori, avevano quindi pensato che ci fosse della gente nell'edificio. Tutta la notte erano rimasti pressoché immobili con il terrore di venir catturati, poiché erano quasi certi che la polizia avesse ispezionato l'edificio e fosse stata li li per entrare nell'alloggio segreto. Henk scese immediatamente a riparare la porta; io rimasi con i nostri amici, ad ascoltare i loro sfoghi e a confortarli. Il signor van Daan, scuotendo la testa, continuava a ripetere: 'Ho fumato tutto il tabacco. Cosa fumerò adesso?». 'Forza, rimettiamo tutto a posto» proposi a un certo punto, e tutti insieme cominciammo a riordinare. Quando ormai tutto èra stato risistemato, Henk tornò su: con tono severo come mai prima avevo sentito, pregò i nostri amici di non scendere mai, mai più, specialmente se sentivano dei rumori. •Rimanete dietro lo scaffale, qualunque cosa accada. Se sentite qualcosa, non andate mai a vedere. Rimanete in silenzio e aspettate. Mi raccomando, non andate mala vedere». Per convincerli, e non per spaventarli, Henk ricordò loro che altri nella loro stessa situazione venivano di continuo scoperti e catturati perché trascurati, incuranti e dimentichi del pericolo sempre incombente. Il signor Frank ammise che, si, era neces¬ sario rimanere su, qualunque cosa accadesse; riconobbe che avevano agito senza rifletterci e assicurò Henk che ciò non si sarebbe ripetuto. L'indomani Anna mi ricordò del giorno del mio matrimonio, di quanto ero stato felice quando la cerimonia era finita e io ero finalmente, e sicuramente, olandese. 'Voglio essere olandese anch'io» mi confidò. -Quando sarà tutto finito» le promisi 'potrai diventare ciò che vorrai». OGNI giorno, le puntine sulla cartina geografica che il signor. Frank aveva appeso al muro si avvicinavano sempre più all'Olanda. A giugno, Anna compi quindici anni. Come per ogni compleanno, anche questa volta riuscimmo tutti a procurarci qualche leccornia affinché l'evento venisse festeggiato a dovere. Sebbene stesse cambiando, crescendo, Anna era pur sempre la più piccola e la più vivace di noi tutti. Qualsiasi pazzo di carta le mettessi da parte, Anna lo riempiva in un batter d'occhio. Sapendo che aveva bisogno di carta per i suoi esercizi e il suo diario, in occasione di questo compleanno io ed EHI riuscimmo a mettere insieme un bel mucchietto di quaderni puliti e io cercai anche qualche ghiottoneria al mercato nero, perché Anna aveva un debole per i dolci. Poco prima del compleanno di Anna, Peter, sempre piuttosto taciturno, mi prese da parte e, mettendomi qualche moneta in mano, mi chiese se potevo comprargli un bel mazzolino di fiori. La sua richiesta mi sorprese. Guardandolo, mi resi conto della forza che emanava', della sua bella testa di riccioli scuri. Che ragazzo dolce, pensai, colpita dalla scoperta di questo lato tenero finora nascosto. •E' un segreto, Miep» aggiunse. •Certo» gli risposi. Non ci dicemmo altro. Riuscii a trovare solamente qualche-peonia color lavanda. Quando diedi i fiori a Peter, le sue guance arrossirono. Subito dopo, Peter e i fiori scomparvero nella sua camera sotto la scala. Un giorno di luglio, uno dei nostri commessi viaggiatori per la Travies & Co. comparve con una cesta enorme colma di fragole, ancora piene di terra ma fresche e mature. «£' un regalo per il personale dell'ufficio» ci disse. H sabato si lavorava solo mezza giornata, in Prinsengracht. In ufficio, il solo pensiero di quelle fragole mature mi faceva venire l'acquolina in bocca. A mezzogiorno, i magazzinieri di sotto chiusero finalmente la porta e se ne andarono; solo gli intimi rimasero; Victor Kraler, Jo Koophuis, Elli e lo. Uno di noi andò ad avvertire i nostri amici del rifugio segreto che quelli di sotto erano andati via e che ora potevano girare liberamente. Essendo autoritaria di natura, quando mi venne l'idea di usare le fragole per farne una marmellata li per lì, assunsi subito il co¬ mando delle operazioni. Immediatamente ebbi a disposizione tutti gli aiutanti di cui avevo bisogno: gli altri dell'ufficio rimasero con noi e gli amici dell'alloggio segreto si avventurarono giù nella cucina sul retro, che non si vedeva dalla strada, ognuno dicemdomi: 'Miep, mi dica cosa posso fare per dare una mano». In un batter d'occhio, l'acqua bolliva e le fragole, tolto il picciolo e la terra, erano pulite e pronte per l'uso. Le operazioni si svolgevano su due piani e la mia squadra ci aveva risollevato il morale e il profumò forte e dolce di frutta cotta aveva pervaso l'ambiente. Notai che tutti giravano Uberamente, chiacchierando, ridendo e scherzando con gli.altri: sembrava quasi che la stessa vita fosse tornata a essere quella di tutti i giorni e che noi fossimo liberi di andare e venire quando e come volevamo. Essendo io l'esperta in marmellate, il gruppo eseguiva docilmente le mie istruzioni; nessuno mi prendeva sul serio, però, quando rimproveravo chi mangiava le fragole invece di gettarle nell'acqua bollente. Anna aveva la bocca talmente piena di fragole che quasi non riusciva a parlare; lo stesso valeva per Peter e per la signora van Daan... e alla fine anche per me, quando mi resi conto che, nonostante tutti i miei rimproveri, anche io avevo la bocca piena di fragole fresche e succose. L'aria era così pervasa dal dolce aroma che persino i gatti, Mouschi e Moffie, assaporavano la serenità e l'intimità di quel pomeriggio felice, raggomitolati l'uno accanto all'altro. ' UNA bella giornata di luglio, finii presto di lavorare. L'aria era calda e l'ufficio molto silenzioso, quasi assonnato. Decisi di fare una visita inaspettata agli amici dell'alloggio segreto. Volevo fare giusto un salto per chiacchierare un po' con chiunque ne avesse avuto voglia; le visite facevano passare il tempo più velocemente ed erano sempre molto apprezzate. Mi avventurai su per le ripide scale e, passando davanti alla camera da letto dei signori Frank, vidi Anna, sola, vicino alla finestra. Entrai. La stanza era buia e, poiché l'ufficio di sotto era molto più luminoso, passò qualche minuto prima che i miei occhi si abituassero all'oscurità. Anna era seduta al vecchio tavolo di cucina accanto alla finestra; da lì, poteva sbirciare fuori attraverso le tendine e guardare il grande castagno e i giardini senza esser vista. Vidi che era intenta a scrivere e per questo non mi aveva sentito entrare. Le ero piuttosto vicina e stavo quasi per andar via quando alzò gli occhi e, sorpresa, mi vide..In tutti quegli anni, avevo visto Anna cambiare continuamente d'umore, come un camaleonte, ma sempre conservando un atteggiamento amichevole. Con me si era sempre comportata in modo esuberante, affettuoso e pieno d'ammirazione; ma in quel momento notai sul suo viso un'espressione che non avevo mai visto prima. Aveva un atteggiamento di grave e profonda concentrazione, come se stesse soffrendo di un mal di testa lancinante, n suo sguardo mi trafisse e io rimasi Senna parole. Improvvisamente, quella che stava scrivendo era un'altra persona. Non riuscivo a parlare; il suo sguardo meditabondo aveva catturato il mio. La signora Fra.. : doveva avermi sentito entrare e io la sentii venire accanto a me con il suo passo felpato. Quando alla fine parlò, capii dal tono della sua voce che aveva compreso la situazione. Parlò in tedesco, come faceva solamente quando si trovava in una situazione difficile. La sua voce era ironica, eppure gentile, « Eh si, Miep, come sa abbiamo una figlia scrittrice». A queste parole, Anna si alzò. Chiuse il quaderno sul quale stava scrivendo e, con la stessa espressione che avevo notato prima, disse gravemente, come non l'avevo mal sentita parlare- «Si e scrivo anche di te». Anna continuò a guardarmi e io pensai •devo dire qualcosa», ma non potei dire altro che «é molto carino da parte tua» nel tono più asciutto possibile. Mi voltai e uscii dalla stanza. La gravità di Anna mi aveva turbato. Sapevo che il suo diario eia divenuto sempre più la sua vita; era come se avessi interrotto un momento di intimità di un'amicizia molto, molto privata. Tornai giù in ufficio e tutto U giorno mi sentii angustiata, continuando a pensare: •Non era Anna, la ragazza di «opra». L'interruzione l'aveva conturbata; era un'altra persona. Miep Gies Amsterdam, La casa in cui si nascose Anna Frank

Persone citate: Anna Frank, Anna Lo, Jo Koophuis, Miep Gies, Victor Kraler

Luoghi citati: Olanda