«E' vero, ci hanno fatto le scarpe»

«E' vero, ci hanno fatto le scarpe» «E' vero, ci hanno fatto le scarpe» Causa principale il Usa - Numerose picc n deprezzamento del dollaro con la conseguente restrizione di sbocchi sul mercato americano ha messo in seria crisi il settore delle calzature in tutta Italia e in particolar modo in Toscana, il valore della produzione copre oltre il 20 per cento di quella nazionale. Nel primo semestre di quest'anno l'export dalla Toscana del settore cuoio e calzature è passato da 1278 miliardi di lire a 1221, con una flessione del 4,44 rispetto al 3,49 per cento fatto registrare su scala nazionale. Numerose le piccole aziende che sono state costrette a chiudere per impossibilita di restare sul mercato e, se la moneta americana non ri' prenderà qualche punto eni tro la fine deil'armo,1 -la -Bit. tuazione potrebbe aggravarsi rischiando di mettere in ginocchio un comparto produttivo che, in Toscana, conta 1433 calzaturifici con 26.000 addetti e 2.922 aziende per la produzione di parti e accessori per le calzature con 14.560 addetti (dati del censimento '81). Firenze, Pisa, Lucca, Pistoia e Arezzo le province dove il settore calzaturiero è più sviluppato, seppure con una diversificazione nel genere di produzione. Firenze e Montevarchi sono specializzate in scarpe da donna di alta qualità; Firenze, Cerreto Guidi, Subbiano e Anghiari per le scarpe da uomo di alta qualità; Pieve a Nievole e Monsummano per le scarpe da ragazzo di alta qualità; produzione di media qualità a Monsummano Terme, Castelfranco di sotto, Segromigno Monte e Fucecchlo; me cassini a Monsummano; sandali da donna ad Arezzo, Firenze, Castelfranco di sotto; scarpe sportive a Capolona, Massarona, Navacchio. Diffusi un po' In tutte le province i calzaturifici per scarpe di bassa qualità ma anche di bassissimo prezzo. E sono proprio questi quelli che hanno rischiato di più della svalutazione del dollaro che ha prima ridotto , poi annullato il residuo piccolo margine di guadagno che aveva fatto la fortuna di tanti piccoli imprenditori fino al 1985. Sul piano nazionale questa situazione di crisi è ben evidenziata dai dati nel bimestre gennaio-febbraio scorso, per esemplo, l'export italiano verso gli Usa è crollato del 35 per cento, quello verso 11 Canada del 38,3 per cento. In compenso, sono aumentate in Italia le importazioni di calzature della Corea del sud ( + 99,8 per cento), da Taiwan (+28,4 per cento), dagli stessi Stati Uniti (+ 54 per cento). In Toscana, la cui produzione è indirizzata per i tre quarti verso i mercati esteri, la flessione nel l'export è ancora maggiore, anche se la situazione regienaie si presenta abbastanza diversamente in relazione alle caratteristiche dei mercati e del prodotti. La tendenza generale è verso un calo degli ordini, un frazionamento della produzione, una stagnazione del prezzi di vendita con conseguente appesantimento fin anzi arto, il ricorso piti frequente alla cassa integrazione, un aumento della disoccupazione. La Valdivlevole e l'Aretino deprezzamento del dollaro e la conseguente restrizione del mercato ccole aziende hanno chiuso e altre rischiano la stessa sorte entro l'anno hanno subito minori contraccolpi rispetto alle altre zone specializzate della Toscana. Monsummano ha goduto di alcuni vantaggi relativi alla maggiore importanza che assume in quest'area il mercato tedesco e al know how accumulato nella produzione della calzatura chiusa. Ad Arezzo la caratterizzazione qualitativa della produzione ha consentito, pur tra difficoltà e sacrifici in termini di redditività, una certa tenuta sui mercati francese, tedesco e perfino americano. Assolutamente sconsolante invece, il quadro della Lucchesla dove sono prodotte le calzature più economiche. «A questo livello la concorrenza "fiiMe iurtèndè* si plocermftiwmi'^ aree 'Ro¬ berto Pizzocolo, vice segretario generale dell'Unioncamere Toscana — con conseguenti tensioni. E bisogna pensare che la maggior parte delle aziende toscane del settore produce scarpe di qualità media o medio bassa, cioè quelle colpite dalla crisi del dollaro. L'errore è stato quello di non studiare il mercato nord americano, anche se per le piccole aziende può essere difficile. Ma cosi ci siamo fatti soffiare quote di esportazione dai paesi Sudest asiatico come ormai, oltre a vendere a prezzi più bassi, hanno raggiunto uh livello di qualità accettabile.. I rimedi a una situazione che si fa ogni giorno più critica non sono^sempUci ma esistono. «OccóWé' càmbi&fe fTàmirente deT^rrf'¥rc* dotti — dice 11 dottor Pizzocolo — abbandonare i grandi magazzini per puntare sulle catene di boutique o sul singolo dettagliante, anche se negli Usa questo tipo di commercio copre solo il 20 per cento della distribuzione. Naturalmente questo creerebbe rapporti economici meno affidabili, perché il singolo cliente può non pagare la merce innescando tutta una serie di altri problemi. Ecco guindi l'importanza di un sostegno da parte del sistema bancario: Poca fiducia, invece sulla possibilità di aggiudicarsi nuovi mercati, anche se un Paese come l'Unione Sovietica importa annualmente 200 milioni di scarpe che da " uaictie ^àrtè'''dovrà' ;t^ùr

Persone citate: Aretino