Romiti: il mio Stato assistenziale di Eugenio Ferraris

torniti: il mio Stato assisteniicle torniti: il mio Stato assisteniicle «H costo della sicurezza sociale grava più della metà sul sistema delle imprese mentre nel resto dell'Europa la quota non supera il 40 per cento» - «Lìì sistema che favorisce non i più indigenti ma i più esperti a districarsi nella burocrazia» - Come cambiare: «Metterei al primo posto un'azione energica per il recupero dell'efficienza» DAL NOSTRO INVIATO CAPRI — n Welfare state, espressione Inventata — pare — nel 1942 dall'arcivescovo di Canterbury, colpito dal progetto di Lord Beveridge, che intendeva conciliare le logiche dell'economia con quelle della solidarietà cristiana, è una specie di p»iia al piede per ogni Stato democratico. Né è ragionevole ipotizzare di cancellare il Welfare state dalla nostra cultura e dalla nostra società, perché è ovvio che in una società civile lo Stato debba farsi carico dei soggetti più deboli. Ma c'è un fatto, sul quale si sono detti d'accordo tutti coloro che sono intervenuti al dibattito organizzato a Capri dai giovani imprenditori della Confindustria: è necessario cambiare questo tipo di Stato sociale. Cesare Romiti, amministratore delegato della Fiat, suggerisce qualche soluzione. E parte con una premessa che inquadra il problema in un contesto europeo: «La sicurezza sociale intesa come sanità, previdenza ed assistenza costa oggi al Paese più o meno 200 mila miliardi, circa il 22 per cento del prodotto interno lordo. E' una cifra notevole, che può condizionare la gestione della politica e dell'economia. Tuttavia in Europa siamo all'inarca nella media. Dove siamo fuori media, invece, è nella ripartizione di questo costo. In Italia grava per più della metà (il 55%) sul sistema delle imprese, mentre nel resto dell'Europa la quota non supera il 40%*. Nel 1960 lo Stato sociale rappresentava poco meno del 13% del prodotto lordo. •Si dirà — precisa Romiti — che siamo partiti più tardi degli altri e che vi era quindi una certa necessità di riallineamento. Non discuto: voglio solo osservare che una crescita di costi a questo ritmo ha dato problefni grossi quariéo'ìt1 tassò mediò di espansione dell'economia, si è dimezzato». A fronte di costi cosi alti dovrebbe far riscontro uno Stato sociale di prim'ordine. Ma basta guardarsi intorno per avvertire la realtà. 'Esistono parecchi dubbi — secondo Romiti — sul fatto che una spesa tanto ingente abbia alleggerito, in modo significativo, le sorti dei più bisognosi. L'indagine sulla povertà in Italia, promossa dalla presidenza del Consiglio circa tre anni fa, ha messo in luce che c'è tutt'ora un 18% di famiglie che ha gravi problemi ad accedere ai consumi essenziali; è una percentuale non molto più bassa di quella del 1950. E' un fatto che suscita molte riflessioni, anche a livello di coscienza personale. Ma è anche indice della sostanziale iniquità di un sistema basato sulla generalità delle prestazioni, sul dare tutto a fritti. Un sistema che favorisce non i più indigenti, ma i più abili, i più forti contrattualmente, i più esperti nel districarsi nei meandri della burocrazia. Credo che uno dei punti più importanti per una riforma dello Stato sociale debba proprio essere lo smantellamento di questa sua pretosa di essere universale». Il servizio sanitario locale costa quasi 50 mila miliardi all'anno, ma il 65% degli italiani è insoddisfatto e chi «Stampa Sera» di oggi 28 settembre 1987 è uscita in 559.850 esemplari STAMPA SERA direttori» responsabile Cario Bramardo vicedirettore Editrice LA STAMPA S.pA » Giovanni Agnelli Vittorio Cai ssotti di Chi usano Ammlnlstrator» Delegato • Dirotto»» Gsnorata Paolo Paloschi Amminlttratofl Enrico Autori Luca Corderò di Montezemolo Umberto Cuttica Giovami Giovannini Carlo Massaro™ Francesco Paolo Mattioli Sindaci Alfonso Ferrerò (presid.) Luigi Demartini Giovanni Por ad otto * BumiiMWo tpoprrJco La Stampa VX ««ranco 32. Torino Stampa m tao-slmila: G E C. SpA. via Tìourtna 1099. Roma stampa m fac-aimi». s T.s. SpA. Quinta «vada 35. Catania © 1B87 Editrice LA STAMPA B.p.A. aauaoizlona Tribunati a Torino n. 81Ì/H28 comnoTO n. »« l\jaV* 0411•:1a■1•,, può rinuncia alla gratuitità delle cure per ricorrere, a pagamento, a prestazioni alternative. In proposito Romiti ha osservato: «Mi ha incuriosito il modo stupefacente con cui la spesa sanitaria varia tra regione e regione, addirittura tra Usi e Usi. Gli scarti al valore medio arrivano al 20%. Mi sento però di escludere che lo stato medio Cesare Romiti Ne parla Gian di salute dei singoli cambi così radicalmente passando da un quartiere all'altro... Mi sembra più verosimile che ci sia una notevole confusione ed una scarsissima linearità nell'amministrazione dei conti». Stesso discorso per il sistema pensionistico. «Esagera — dice Romiti — chi sostiene che l'Italia è un popolo di invalidi; ma esagera con un po' di fondamento, visto che gli invalidi rappresentano più del 20% della popolazione attiva, contro il 10% della media europea. Non credo tuttavia che dobbiamo troppo preoccuparci della integrità fisica media del nostro popolo: sappiamo tutti i criteri e le modalità con cui, in molti casi, si diventa invalidi.. Dunque il Welfare state italiano va cambiato. «Certo, siamo tutti d'accordo. Ma quando si viene al concreto mi pare che gli interventi non vadano tanto verso l'applicazione di principi di efficienza, di efficacia, di equità nei risultati, quanto verso la ricerca quasi affannosa di nuove risorse finan¬ Carlo Pajetta ziarie con cui sostenere la spesa. Consideriamo il momento attuale: si respira, nell'area della politica economica, un profondo senso di ansia. Un'ansia da emergenza, da ricerca di soldi, da invenzione di nuovi strumenti di tosatura fiscale. Tosatura che, per altro, sembra riguardare sempre le stesse pecore. E una di queste è sicuramente l'impresa.. La fotografia del Welfare state italiano che esce dal convegno di Capri è impietosa: lo Stato sociale è costoso, ed ha costi crescenti,, carico di prospettive preoccupanti per il futuro. C'è il modo di uscire da questa impasse? Romiti a questo proposito ha una ricetta che egli stesso giudica tutt'altro che facile: «Per quanto mi riguarda metterei al primo posto un'azione energica e generale per il recupero dell'efficienza. Capisco che parlare di ciò in un settore gestito dallo Stato può sembrar.- una predica inutile. Abbi- io, in questo campo, una tradizione cosi lunga di improduttività e di sprechi che siamo portati a considerarla come un fatto naturale. Tuttavia non credo che sia possibile portare nessuna riforma se non cambia radicalmente un certo costume e se non si introducono nella organizzazione e nel. funzionamento delle strutture pubbliche certi valori fondamentali come la, responsabilità, il merito, il rigore sul lavoro. In secondo luogo mi pare assolutamente necessaria un'opera attenta e decisa di selezione degli interventi sociali. Le risorse, ce ne siamo per fortuna accorti tutti, non sono illimitate. Si tratta, insomma, di portare avanti interventi niente affatto popolari: di eliminare dal sistema gli effetti di provvedimenti accumulati dalla stratificazione di leggi e leggine mai revocate, di smantellare privilegi fabbricati per questo o per quel gruppo di pressione. Ma, e lo dico per mia esperienza di responsabile di un'azienda, governare, non poche volte, significa avere la forza e la capacità di dire di no*. Eugenio Ferraris