Tchakarov e Szeryng con i tepori di Brahms

Tehmkcasm e Szeryng con i tepori dì Brahms Tehmkcasm e Szeryng con i tepori dì Brahms piSinfónierii Bo TORINO — Emil Tchakarov ha diretto per Settembre Musica l'Orchestra della Rai di Torino, di cui è conoscitore profondo dopo un ormai. lungo e assiduo lavoro in comune, in due programmi centrati sui nomi di Brahms e Borodin: in particolare, di quest'ultimo, passando in rassegna tutte le tre Sinfonie. Avvio felicissimo col meraviglioso Doppio Concerto di Brahms, un'opera che i commentatori, anche oggi, continuano a considerare con qualche riserva; l'esecuzione dell'altra sera era tale da fugare, speriamo, ogni dubbio sulla qualità poetica di questo capolavoro. I due solisti erano il violinista Oleg Kagan e la violoncellista Natalia Gutman: due padreterni, e due stili esecutivi, due timbri assolutamente gemelli. Sulle tracce del romantico Rostropovic, i due moscoviti suonavano con struggente intimismo e massima libertà espressiva; mentre Tchakarov teneva l'orchestra sempre vibrante, tesa e regolata: per cui gli interventi dei due solisti sembravano cadenze, oasi sognanti che si facevano largo, fra l'insonne, incalzante operosità dell'orchestra. Meglio di cosi lo spirito della fórma concertante non poteva essere rappresentato. Nel Concerto per violino in re maggiore i torinesi hanno festeggiato invece un grande ritorno, quello di Henryk Szeryng, che alla fine della serata, ancora desideroso di comunicare, ha discorso amabilmente con il pubblico ricordando i primi passi della sua carriera, proprio a Torino nel 1953. Suonando il fervido, intenso Concerto ha dato prova di una tenuta e di una fantasia ancora eccezionali (lo Szeryng festeggerà tra poco i settanta); il filo del discorso brahmsiano correva a meraviglia, con i suoi tepori repentini, i suoi indolcimenti, come nella transizione alla fine della cadenza o in tutto l'Adagio, testimonianza commovente di un mondo imporrato e minato dal declino. Ma in questo pulviscolo dorato, dóve ci vogliano, Szeryng sa anche produrre guizzi e umori zigani in quantità; e di qualità sopraffina. Altra aria e altri colori con il simpatico Borodin. La Terza Sinfonia, assai poco conosciuta, è poco più di un frammento, orchestrata da Glazunov dopo la morte del¬ l'autore (1887); l'esordio arieggia la famosa alba sulla Piazza Rossa della Kovancina, Io Scherzo contiene un Trio da cui balza fuori il clarinetto con un tema bello e fiorente come certi mercanti di Novgorod delle fiabe popolari. Anche la Prima Sinfonia, in mi bemolle maggiore, non si sente mai. Quante cose ha voluto metterci dentro Borodin, in questo grosso compito di scuola; per fortuna anche la freschezza del neofita (1968), con numerose sortite solistiche (una, incantevole, del corno inglese), qualche timida pennellata orientale, qualche movenza più da balletto che da sinfo¬ nia. Musica senza problemi, ma che agli esecutori e al pubblico presenta il problema (l'altra sera ben risolto) di trovare il bandolo della matassa. La Seconda Sinfonia è invece notissima, ma non stanca mai, percorsa com'è da un costante tono di vitalità e ottimismo. La timidezza della Prima si è dissolta: afrodisiache melodie degli archi, squilli tonanti dei tromboni (ma il Giudizio Universale è ancora lontano), saltellare di legni: una vetrina multicolore, tirata a lustro dal direttore e dall'orchestra torinese in una esecuzione di palpitante immediatezza. g. p.

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