II peptide della discordia di Ezio Giacobini

II peptide della discordia II peptide della discordia TRENTASEI pazienti affetti da Aids sono attualmente sotto trattamento in una clinica di Stoccolma con un nuovo farmaco sperimentale chiamato «peptide T». Secondo un gruppo di ricercatori rivali del National Institute of Menta! Health di Bethesda, il peptide non avrebbe retto alla verifica di altri laboratori. In attesa di prove più sicure, 1 test comunque continuano. Questo piccolo peptide, formato da soli otto aminoacidi, è parte integrante del virus che causa l'Aids, in quanto è un piccolo frammento della corteccia di proteine che lo riveste. Esso bloccherebbe il contatto del virus con l'antigene chiamato T-4, presente sulla superficie dei linfociti di tipo T che accorrono per distruggere il virus. Se usato da solo, il peptide T potrebbe impedire la diffusione del virus in una persona già infetta. Questa ipotesi è stata lanciata da una scienziata del National Institute of Mental Health (Nlmh) degli Stati Uniti, Candace Pert, la quale è fermamente convinta che il peptide T possa impedire la riproduzione del virus bloccandone il contatto con la proteina della superficie virale chiamata gp 120. L'idea compie in questi giorni un anno ma ha già provocato molte polemiche negli ambienti scientifici che si occupano di Aids. FI ministe Un altro elemento curioso è che il peptide T sia stato trovato anche nel cervello del mammiferi; uomo incluso. Secondo alcuni, questo fatto non sarebbe sorprendente poiché le cellule del sistema nervoso e quelle del sistema di difesa dell'organismo hanno in comune molte altre proteine chiamate ricettori. Sarebbe quindi naturale che sostanze che occorrono normalmente nell'organismo si leghino a tali ricettori. n virus dell'Aids potrebbe danneggiare le cellule nervose direttamente infettandole prima e distruggendole poi, oppure indirettamente interferendo con sostanze utili che si legano allo stesso tipo di ricettore. Negli ultimi sei mesi non meno di undici laboratori americani hanno studiato l'effetto del peptide T sulla riproduzione del virus Aids, detto anche virus Hiv (\ lrus dell'immunodeficienza umana). Come succede spesso in ricerca, i risultati di t'ali studi sono assai discordanti. Un esempio: secondo il gruppo di Boston del DanaFarber Cancer Institute, 11 peptide T non avrebbe nessun effetto sul virus. Secondo un laboratorio di Seattle (Oncogen) a «certe concentrazioni del peptide e del virus si vede un effetto». Senza neppure attendere il permesso dell'agenzia americana di controllo sui ro della Sanità della farmaci (Fda), alcuni ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma si sono precipitati a provare 11 peptide T su quattro pazienti maschi affetti da Aids. Un articolo apparso su Lancet a gennaio parla di un certo miglioramento dopo quattro settimane di trattamento. n numero di pazienti in cura è ora salito a 36. Un rapporto più completo sarà pubblicato tra sei mesi. Intanto la Fda è ancora incerta sulla distribuzione del peptide T a centri clinici americani, preoccupata della purezza del preparato e di norme di sicurezza. I ricercatori sono preoccupati perché molti risultati non ancora pubblicati e provenienti da un numero di esperimenti relativamente limitato sono già filtrati all'esterno e resi pubblici dalla stampa. I dati sperimentali attuali non permettono ancora di sostenere un effetto terapeutico del peptide T. Prima di introdurlo in clinica si dovrebbe continuare la fase sperimentale su animali. La pressione a sviluppare nuovi farmaci per la terapia dell'Aids sembra purtroppo aver preso il sopravvento sulla ricerca. Comunque per il momento è difficile predire se il peptide T si svilupperà veramente in un futuro farmaco anti-Aids o no. Ezio Giacobini a Germania federa

Persone citate: Candace Pert

Luoghi citati: Germania, Seattle, Stati Uniti, Stoccolma