La «spy story» del Boustany I

La «spy story» delBoustany I La «spy story» delBoustany I Il «giallo» c'è e non manca neppure la «spy story». Gli ingredienti di un vero romanzo poliziesco sono distribuiti a regola d'arte in questo racconto che si dipana ormai da 13 giorni: le armi e la droga, 1 dollari e I grandi industriali, il «faccendiere» pronto al doppio o al triplo gioco, l'ombra lunga dei servizi segreti (mancano solo 1 morti ammazzati, ma i primi segnali di contatti con 1 clan mafiosi di Trapani e Palermo si preparano a spalancare le porte del grande museo degli orrori del traffico di eroina e degli armamenti). Sullo sfondo, infine, l'esecuzione spietata di un magistrato che sapeva troppo (Giacomo Ciaccio Montalto) e la «morte civile» imposta ad un giudice che aveva scoperto gli «arcani» di un business mondiale (Carlo Palermo). E come in un romanzo di Agatha Christie diventa facile mettere assieme protagonisti e comparse di questo affresco criminale. Nella simulazione dei «gialli d'autore» è questo l'espediente per scartare via i tanti personaggi e concentrare i sospetti finali sull'unico superstite: il malvagio, l'assassino. Questa pagina, è ovvio, non servirà certamente a scoprire i colpevoli. Speriamo, invece, possa servire allo scopo ben più modesto di riordinare le idee al lettore che da due settimane è assalito da nomi, rivelazioni, colpi di scena e piste internazionali. Tutto è stato raccolto in una testimonianza collettiva, incollando ricostruzioni, interviste, dichiarazioni, rapporti giudiziari. Un «giallo» insomma, ma che è accaduto davvero. Aldo Anghessa, il primo a destra, appoggiato ad un carro armato. La foto è stata scattata agente della «Levante» riceve pesanti minacce ad Atene e abbandona le ricerche, mentre la polizza viene pagata. Stessa sorte subisce la «Pana», assicurata per 440 mila dollari. Luca Castelli, però, conosce molte cose su quei presunti disastri: «Per la Notios sono stato in Medio Oriente due mesi. A Tripoli seppi, ad un certo punto, che si trovava a Porto Said e nella città egiziana in effetti c'era, ma con un nome diverso: Aghia Marina. Vidi anche il legname, ma non mi fu possibile recuperarlo*. Nel 1983 per la ditta elvetica c'è la bancarotta e nel -processo di Bellinzona salta fuori anche la truffa «Levante»: Anghessa è condannato a 4 anni di carcere, ma il 21 gennaio '84 ottiene un permesso e sparisce dalla prigione «Stampa». «Si portò via anche il televisore della cella*, raccontano in Svizzera. Scatta un mandato di cattura internazionale, ma senza effetti. Eppure molti vedono spesso Anghessa- la tv svizzera di Lugano: «Mi propose di filmare in diretta l'abbordaggio della polizia italiana a una nave carica d'armi. Pensai subito che si trattasse di una cosa controllata dagli inquirenti*. I due si vedono ancora a Como, ma poi il faccendiere sparisce. Si rifà vivo un mese e mezzo dopo, domenica e lunedi scorsi, con la promessa del «regalo» per Manfrini. Che cosa aveva da offrire Anghessa-Morél-Torriani? Il giornalista lo scoprirà martedì 8 settembre alle 13, quando le agenzie di stampa lanciano un breve flash: *Aldo Anghessa. considerato uomo-chiave del traffico dì armi della nave Boustany I, si è costituito alle autorità italiane*. E' l'ultimo atto del «giallo del faccendiere». Trasferito nella caserma dei carabinieri di Massa, è affidato subito al giudice Lama. Il magistrato esce dal suo ufficio e spiega ai giornalisti: «Nell'interrogatorio è emersa anche una partecipazione alle indagini sul traffi- do borsa e documenti. Ma è davvero scomparso? Un operatore di una tv privata barese sostiene di no: 'Eravamo sul molo e stavamo riprendendo scene del Boustany ormeggiato. Arriva una Fiat Uno con i carabinieri. Prima, però, è sceso un uomo. Era Anghessa, l'ho riconosciuto dalle foto. Ci ha detto di non riprendere né lui né gli altri se non di spalle. Aveva degli occhiali da sole, a specchio. Dopo sono venuti ì carabinieri e hanno sequestrato la registrazione*. Da quel momento l'introvabile Anghessa assume contorni inquietanti, anche se ancora sturnaU ed enigmatici. Sta collaborando con qualcuno che è interessato alla nave? I magistrati? Lama nega: «Per noi è un latitante, è accusato di truffa, associazione per delinquere di stampo mafioso e di aver costituito un'associazione per delinquere non particolarmente denominata, ma rientrante nei gruppi estremistici arabi staccatisi dal Fronte popolare per la libe- colose*. Dopo la separazione dei genitori va a vivere con la nonna paterna — *molto ricca* — e poi si trasferisce a Napoli. Rientra nel '66 a Caltanissetta: 'Girava sopra una Jaguar con due serbatoi — racconta Marcello Nemola, un ex amico oggi dentista — e spiegava di aver fatto fortuna come pilota civile e con i trasporti in Africa*. Si sposa con Anna Cordare ma il suo matrimonio finisce poco dopo la nascita di un figlio che oggi ha 21 anni. Ricompare nel 1977 a Lugano. Ha una nuova moglie, Mariuccia Antonlazzi, titolare dèlia' pizzeria .La nuova pergola» a ' Quartino, e diventa padre perla seconda volta. Continua a vantare amicizie, dice di aver lavorato come pilota per l'Alitalia, vive alla grande e frequenta misteriosi personaggi arabi. Ad Arbedo conosce Franco Castelli, titolare di una segheria. Insieme fondano la «Castelli e Anghessa s.a.». Vendono legname ai Paesi arabi. Luca Castelli, figlio di Lo trovano cadavere vicino a La Spezia in una villa zeppa di eroina, dollari, armi e gioielli. I risultati sono 90 ordini di cattura, ma anche numerosi stralci d'inchiesta con sospetti di traffici d'armi. Lama gira mezza Europa, non smette di lavorare. Gli inquirenti indirizzano le indagini su una ditta di import-export, la «Eurogross» di Lerici, gestita dai fratelli Pasqualino Bellotto. 35 anni, e Marilena, 25 anni, con uffici anche a Lugano. Si occupano, alla luce del sole, di forniture alimentari a navi e sono collegati all'agenzia marittima «Pagani» di.< La Spezia, di ; .Vittorio darmela, 60 anni. Le intercettazioni telefoniche fanno scoprire un interlocutore «privilegiato» dei Bellotto e di darmela. Si fa chiamare «Gianni», ma è sempre lui, Anghessa-Morél-Torriani, vanamente inseguito dal mandato di cattura per l'evasione del 1984. Ha casa a Molina, una frazione di Faggeta Lario (Como), dove abita in una villa di pietra a Nella valigia abbandonata in hotel a Bari i documenti che accusano la «Valsella» di Castenedolo e Ferdinando Borletti. Ma per chi lavorava il faccendiere accusato di truffa dai giudici svizzeri del Canton Ticino? I tanti misteri del cargo libanese Bari. Agenti della polizia con i cani anti-droga controllano la nave «Boustany I »: hanno trovato armi, eroina e hashish razione della Palestina*. Martedì 7 settembre si comincia a parlare di servizi segreti, gli eterni «convitati di pietra» di ogni grande scandalo italiano. Il primo accenno lo fa la tv della Svizzera italiana: il telegiornale delle 19 annuncia che •Anghessa, in realtà, è un informatore della polizia*. La storia del faccendiere e del cargo dallo scafo nero adesco si sposta nel Canton Ticino. Anghessa-Morél-Torriani ha 43- anni ed è nato a Bergamo, da padre barese e madre siciliana. E' vissuto prima a Caltanissetta e poi ha studiato giurisprudenza a Napoli I suoi compagni della quinta B del liceo scientifico di Caltanissetta lo ricordano cosi: «Viveva una dimensione fantastica che gli faceva raccontare incredibili storie di spie e di spionaggio. Diceva di essere in contatto con gerarchi nazisti di Berlino che gli inviavano rapporti segreti e lo incaricavanno di missioni peri- Morél-Torriani: «Mantiem contatti con la moglie che vive a Quartino. Va a trovarla e abita da lei*. Nessuno, però, l'arresta. Forse 1 vecchi sogni di «spie» e «servizi segreti» di quel liceale siciliano si sono già avverati. Anghessa è ormai un «intoccabile». Tocca adesso al procuratore pubblico luganese, Dick Marty, entrare in scena per spiegare il personaggio Anghessa: «Ha ottenuto un salvacondotto mll'ambito di una grossa operazione di polizia*. Quattro mesi fa, in Svizzera, la polizia cantonale blocca un Tir con un carico di cocaina: sembra ci sia lo zampino del nuovo confidente. In quello stesso periodo si parla di un incontro del faccendiere con terroristi arabi che chiedono aiuti per costituire basi operative in Europa. Anghessa ci va con un commissario di polizia, forse quello stesso commissario . Lamberti che lo accompagna nel luglio scorso da Manfrini, negli studi dei- co di armi da parte dei servizi di sicurezza nazionali*. Come dire: «Anghessa sta collaborando e ha ammesso di essere un uomo dei servizi*. Poi una frase dell'imputato nel verbale di 100 pagine: «Io sono un agente provocatore, imaricato specificamente di compiere determinati atti per venire a capo di attività criminose, a volte anche favorendole*. Un personaggio su cui i magistrati stavano indagando, ma che all'improvviso si rivela come un «imputatoinvestigatore» di difficile gestione processuale e di equivoca credibilità. Protagonista «eccellente» di una vicenda cominciata due anni fa e raccolta dal «Manifesto* da uno degli inquirenti che ha chiesto di mantenere l'anonimato. La procura di Massa apre nel 1985 un'istruttoria su uno spaccio di droga, con diramazioni in Emilia, Toscana e Lombardia, in cui c'è anche un morto, Luciano Crosetti. 18 anni. due piani con moglie e figlio. Paga le bollette del telefono intestate a Gianfranco Torriani e il suo vicino, lo scrittore danese Soren Sorensen, lo descrive cosi: «Riceveva degli arabi e l'ho sentito spesso parlare in inglese per telefono. Credo comunicasse anche con delle navi*. A Lerici, invece, il «signor Torriani» ha un alloggio affittato attraverso un'agenzia, in via Mottino 2. E' il socio occulto del Bellotto e, secondo gli inquirenti, nelle telefonate intercettate ci sarebbero le prove che i Borletti e la «Valsella» vendevano armi ai Paesi della guerra del Golfo, eludendo 1 divieti del governo italiano con il sistema delle «triangolazioni». L'ordine di cattura parla di una prima commessa di 30 mila mine fornite ufficialmente olla Nigeria (come attesta il documento doganale «end user» che consente il trasferimento di armi all'estero) ma finite alla Siria e poi all'Iran. E Franco, non ha un buon ricordo di quegli anni: «Nella società lui si occupava solo di contattare clientela in Medio Oriente. Chi si esponeva finanziariamente era solo mio padre. Anghessa non aveva nulla, gli piaceva solo il guadagno facile. Ricordo che invitava gli arabi mi più elegante albergo di Locarno, poi il conto lo pagava Franco Castelli, e cosi le bollette per migliaia di franchi delle sue telefonate in ogni paese del mondo*. Ma la fortuna della «Castelli e Anghessa s.a.» dura poco e i due soci finiscono in tribunale. E' una vicenda di navi cariche di merce assicurata per un valore superiore a quello effettivo e poi fatte scomparire o affondate nel Mediterraneo. Nel 1977, dal porto di San Giorgio Nogaro, parte la «Notios Elias» con un carico di legname, garantito per 435 mila dollari dalla «Assicurazioni Levante». Sparisce tutto durante la navigazione: un La «spy story» delBoustany I La «spy story» delBoustany I Il «giallo» c'è e non manca neppure la «spy story». Gli ingredienti di un vero romanzo poliziesco sono distribuiti a regola d'arte in questo racconto che si dipana ormai da 13 giorni: le armi e la droga, 1 dollari e I grandi industriali, il «faccendiere» pronto al doppio o al triplo gioco, l'ombra lunga dei servizi segreti (mancano solo 1 morti ammazzati, ma i primi segnali di contatti con 1 clan mafiosi di Trapani e Palermo si preparano a spalancare le porte del grande museo degli orrori del traffico di eroina e degli armamenti). Sullo sfondo, infine, l'esecuzione spietata di un magistrato che sapeva troppo (Giacomo Ciaccio Montalto) e la «morte civile» imposta ad un giudice che aveva scoperto gli «arcani» di un business mondiale (Carlo Palermo). E come in un romanzo di Agatha Christie diventa facile mettere assieme protagonisti e comparse di questo affresco criminale. Nella simulazione dei «gialli d'autore» è questo l'espediente per scartare via i tanti personaggi e concentrare i sospetti finali sull'unico superstite: il malvagio, l'assassino. Questa pagina, è ovvio, non servirà certamente a scoprire i colpevoli. Speriamo, invece, possa servire allo scopo ben più modesto di riordinare le idee al lettore che da due settimane è assalito da nomi, rivelazioni, colpi di scena e piste internazionali. Tutto è stato raccolto in una testimonianza collettiva, incollando ricostruzioni, interviste, dichiarazioni, rapporti giudiziari. Un «giallo» insomma, ma che è accaduto davvero. Aldo Anghessa, il primo a destra, appoggiato ad un carro armato. La foto è stata scattata agente della «Levante» riceve pesanti minacce ad Atene e abbandona le ricerche, mentre la polizza viene pagata. Stessa sorte subisce la «Pana», assicurata per 440 mila dollari. Luca Castelli, però, conosce molte cose su quei presunti disastri: «Per la Notios sono stato in Medio Oriente due mesi. A Tripoli seppi, ad un certo punto, che si trovava a Porto Said e nella città egiziana in effetti c'era, ma con un nome diverso: Aghia Marina. Vidi anche il legname, ma non mi fu possibile recuperarlo*. Nel 1983 per la ditta elvetica c'è la bancarotta e nel -processo di Bellinzona salta fuori anche la truffa «Levante»: Anghessa è condannato a 4 anni di carcere, ma il 21 gennaio '84 ottiene un permesso e sparisce dalla prigione «Stampa». «Si portò via anche il televisore della cella*, raccontano in Svizzera. Scatta un mandato di cattura internazionale, ma senza effetti. Eppure molti vedono spesso Anghessa- la tv svizzera di Lugano: «Mi propose di filmare in diretta l'abbordaggio della polizia italiana a una nave carica d'armi. Pensai subito che si trattasse di una cosa controllata dagli inquirenti*. I due si vedono ancora a Como, ma poi il faccendiere sparisce. Si rifà vivo un mese e mezzo dopo, domenica e lunedi scorsi, con la promessa del «regalo» per Manfrini. Che cosa aveva da offrire Anghessa-Morél-Torriani? Il giornalista lo scoprirà martedì 8 settembre alle 13, quando le agenzie di stampa lanciano un breve flash: *Aldo Anghessa. considerato uomo-chiave del traffico dì armi della nave Boustany I, si è costituito alle autorità italiane*. E' l'ultimo atto del «giallo del faccendiere». Trasferito nella caserma dei carabinieri di Massa, è affidato subito al giudice Lama. Il magistrato esce dal suo ufficio e spiega ai giornalisti: «Nell'interrogatorio è emersa anche una partecipazione alle indagini sul traffi- do borsa e documenti. Ma è davvero scomparso? Un operatore di una tv privata barese sostiene di no: 'Eravamo sul molo e stavamo riprendendo scene del Boustany ormeggiato. Arriva una Fiat Uno con i carabinieri. Prima, però, è sceso un uomo. Era Anghessa, l'ho riconosciuto dalle foto. Ci ha detto di non riprendere né lui né gli altri se non di spalle. Aveva degli occhiali da sole, a specchio. Dopo sono venuti ì carabinieri e hanno sequestrato la registrazione*. Da quel momento l'introvabile Anghessa assume contorni inquietanti, anche se ancora sturnaU ed enigmatici. Sta collaborando con qualcuno che è interessato alla nave? I magistrati? Lama nega: «Per noi è un latitante, è accusato di truffa, associazione per delinquere di stampo mafioso e di aver costituito un'associazione per delinquere non particolarmente denominata, ma rientrante nei gruppi estremistici arabi staccatisi dal Fronte popolare per la libe- colose*. Dopo la separazione dei genitori va a vivere con la nonna paterna — *molto ricca* — e poi si trasferisce a Napoli. Rientra nel '66 a Caltanissetta: 'Girava sopra una Jaguar con due serbatoi — racconta Marcello Nemola, un ex amico oggi dentista — e spiegava di aver fatto fortuna come pilota civile e con i trasporti in Africa*. Si sposa con Anna Cordare ma il suo matrimonio finisce poco dopo la nascita di un figlio che oggi ha 21 anni. Ricompare nel 1977 a Lugano. Ha una nuova moglie, Mariuccia Antonlazzi, titolare dèlia' pizzeria .La nuova pergola» a ' Quartino, e diventa padre perla seconda volta. Continua a vantare amicizie, dice di aver lavorato come pilota per l'Alitalia, vive alla grande e frequenta misteriosi personaggi arabi. Ad Arbedo conosce Franco Castelli, titolare di una segheria. Insieme fondano la «Castelli e Anghessa s.a.». Vendono legname ai Paesi arabi. Luca Castelli, figlio di Lo trovano cadavere vicino a La Spezia in una villa zeppa di eroina, dollari, armi e gioielli. I risultati sono 90 ordini di cattura, ma anche numerosi stralci d'inchiesta con sospetti di traffici d'armi. Lama gira mezza Europa, non smette di lavorare. Gli inquirenti indirizzano le indagini su una ditta di import-export, la «Eurogross» di Lerici, gestita dai fratelli Pasqualino Bellotto. 35 anni, e Marilena, 25 anni, con uffici anche a Lugano. Si occupano, alla luce del sole, di forniture alimentari a navi e sono collegati all'agenzia marittima «Pagani» di.< La Spezia, di ; .Vittorio darmela, 60 anni. Le intercettazioni telefoniche fanno scoprire un interlocutore «privilegiato» dei Bellotto e di darmela. Si fa chiamare «Gianni», ma è sempre lui, Anghessa-Morél-Torriani, vanamente inseguito dal mandato di cattura per l'evasione del 1984. Ha casa a Molina, una frazione di Faggeta Lario (Como), dove abita in una villa di pietra a Nella valigia abbandonata in hotel a Bari i documenti che accusano la «Valsella» di Castenedolo e Ferdinando Borletti. Ma per chi lavorava il faccendiere accusato di truffa dai giudici svizzeri del Canton Ticino? I tanti misteri del cargo libanese Bari. Agenti della polizia con i cani anti-droga controllano la nave «Boustany I »: hanno trovato armi, eroina e hashish razione della Palestina*. Martedì 7 settembre si comincia a parlare di servizi segreti, gli eterni «convitati di pietra» di ogni grande scandalo italiano. Il primo accenno lo fa la tv della Svizzera italiana: il telegiornale delle 19 annuncia che •Anghessa, in realtà, è un informatore della polizia*. La storia del faccendiere e del cargo dallo scafo nero adesco si sposta nel Canton Ticino. Anghessa-Morél-Torriani ha 43- anni ed è nato a Bergamo, da padre barese e madre siciliana. E' vissuto prima a Caltanissetta e poi ha studiato giurisprudenza a Napoli I suoi compagni della quinta B del liceo scientifico di Caltanissetta lo ricordano cosi: «Viveva una dimensione fantastica che gli faceva raccontare incredibili storie di spie e di spionaggio. Diceva di essere in contatto con gerarchi nazisti di Berlino che gli inviavano rapporti segreti e lo incaricavanno di missioni peri- Morél-Torriani: «Mantiem contatti con la moglie che vive a Quartino. Va a trovarla e abita da lei*. Nessuno, però, l'arresta. Forse 1 vecchi sogni di «spie» e «servizi segreti» di quel liceale siciliano si sono già avverati. Anghessa è ormai un «intoccabile». Tocca adesso al procuratore pubblico luganese, Dick Marty, entrare in scena per spiegare il personaggio Anghessa: «Ha ottenuto un salvacondotto mll'ambito di una grossa operazione di polizia*. Quattro mesi fa, in Svizzera, la polizia cantonale blocca un Tir con un carico di cocaina: sembra ci sia lo zampino del nuovo confidente. In quello stesso periodo si parla di un incontro del faccendiere con terroristi arabi che chiedono aiuti per costituire basi operative in Europa. Anghessa ci va con un commissario di polizia, forse quello stesso commissario . Lamberti che lo accompagna nel luglio scorso da Manfrini, negli studi dei- co di armi da parte dei servizi di sicurezza nazionali*. Come dire: «Anghessa sta collaborando e ha ammesso di essere un uomo dei servizi*. Poi una frase dell'imputato nel verbale di 100 pagine: «Io sono un agente provocatore, imaricato specificamente di compiere determinati atti per venire a capo di attività criminose, a volte anche favorendole*. Un personaggio su cui i magistrati stavano indagando, ma che all'improvviso si rivela come un «imputatoinvestigatore» di difficile gestione processuale e di equivoca credibilità. Protagonista «eccellente» di una vicenda cominciata due anni fa e raccolta dal «Manifesto* da uno degli inquirenti che ha chiesto di mantenere l'anonimato. La procura di Massa apre nel 1985 un'istruttoria su uno spaccio di droga, con diramazioni in Emilia, Toscana e Lombardia, in cui c'è anche un morto, Luciano Crosetti. 18 anni. due piani con moglie e figlio. Paga le bollette del telefono intestate a Gianfranco Torriani e il suo vicino, lo scrittore danese Soren Sorensen, lo descrive cosi: «Riceveva degli arabi e l'ho sentito spesso parlare in inglese per telefono. Credo comunicasse anche con delle navi*. A Lerici, invece, il «signor Torriani» ha un alloggio affittato attraverso un'agenzia, in via Mottino 2. E' il socio occulto del Bellotto e, secondo gli inquirenti, nelle telefonate intercettate ci sarebbero le prove che i Borletti e la «Valsella» vendevano armi ai Paesi della guerra del Golfo, eludendo 1 divieti del governo italiano con il sistema delle «triangolazioni». L'ordine di cattura parla di una prima commessa di 30 mila mine fornite ufficialmente olla Nigeria (come attesta il documento doganale «end user» che consente il trasferimento di armi all'estero) ma finite alla Siria e poi all'Iran. E Franco, non ha un buon ricordo di quegli anni: «Nella società lui si occupava solo di contattare clientela in Medio Oriente. Chi si esponeva finanziariamente era solo mio padre. Anghessa non aveva nulla, gli piaceva solo il guadagno facile. Ricordo che invitava gli arabi mi più elegante albergo di Locarno, poi il conto lo pagava Franco Castelli, e cosi le bollette per migliaia di franchi delle sue telefonate in ogni paese del mondo*. Ma la fortuna della «Castelli e Anghessa s.a.» dura poco e i due soci finiscono in tribunale. E' una vicenda di navi cariche di merce assicurata per un valore superiore a quello effettivo e poi fatte scomparire o affondate nel Mediterraneo. Nel 1977, dal porto di San Giorgio Nogaro, parte la «Notios Elias» con un carico di legname, garantito per 435 mila dollari dalla «Assicurazioni Levante». Sparisce tutto durante la navigazione: un