Nel Golfo Mistero di Mario Ciriello

TRA FUOCHI DI PACE E DI GUERRA TRA FUOCHI DI PACE E DI GUERRA Nel Golfo Mistero Nelle vecchie canzoni, nelle poesie d'altri tempi, ' chi salpava, salpava sempre per «terre ignote». Strana, ma, oggi, in questo preludio di Duemila, in cui d'ignoto v"è rimasto ben poco, piccoli lembi di pianeta qua e là, l'antico cliché è di nuovo ve-' riderò. Chi conosce infatti il Golfo? Quasi nessuno. Il suo nome non evoca che poche immagini, arabi in Cadillac, emiri impaludati, moschee, petrolio. In un mondo e in un'epoca senza più misteri, dove persino il Tibet, la Siberia e l'Amazzonia allettano turisti, il Golfo resta uno scrigno protetto da robusti lucchetti. Certo, lo conoscono migliaia di tecnici, di imprenditori, di commercianti, tutti coloro che, negli Anni. 70, hanno partecipato al suo maestoso boom e hanno attinto alla ricchezza generata dal petrolio. Per tutti gli altri, è soltanto un nome sugli atlanti. Un nome ambiguo, sconcertante: Perché Golfo soltanto, quasi fosse la quintessenza di tutti i golfi del nostro pianeta? Per secoli fu Persico, perché la Persia era l'unica potenza della regione. Ma, dopo il 1973, gli arabi, riscoperta l'antica fierezza, cominciarono a esigere la propria versione, Golfo Arabico. E così, per non irritate nessuno, Voi! business . internazionale creò un comodo, neutro compromesso, un lapidario figlio d'ignoti, The Gulf. * * Questa è, dunque, la destinazione dei nostri marinai, The Gulf. Non è una missione priva di rischia ma, al loro ritorno, porteranno con sé ricordi che non si dissolveranno presto. Come c'è il «mal d'Africa», cosi c'è il «mal del Golfo», una nostalgia singolare in quanto non tutte le sorprese sono amabili. La ricchezza ha portato benessere ma, come .spesso avviene, ha anche distrutto un passato che era non soltanto pittoresco. Le colonne " di beduini con i loro cammelli sono una rarità, scorrono invece colonne di vetture su strade onnipresenti. Il meraviglioso deserto non arriva più fino al mare, è defunto sotto l'asfalto delle città. Golfo e caldo sono sinonimi, un caldo che, soltanto all'estremo Nord, in Kuwait, si smotza con l'arrivo dell'inverno. Per otto mesi l'anno, è una fornace, con temperature che, in certi luoghi, ad Abu Dhabi, ad esempio, arrivano ai 40-45 gradi, esasperati da un'umidità vischiosa e soffocante. Ma, oggi, c'è l'aria condizionata, la canicola è LA RIVINCITA rintuzzabile, anche se i getti gelidi e aggressivi fanno talvolta rimpiangere i giorni quando giochi di ombre e di correnti creavano nelle abitazioni oasi di refrigerio. La tecnologia ha rivoluzionato la regione o meglio la sua sponda arabica; ha spezzato le asprezze della natura; ha portato benessere, salute, istruzione, tutte le preziose strenne del mondo moderno. Tutto, meno la democrazia, anche se il desiderio di istituzioni più rappresentative aesce di anno in anno. I nostri marinai non si troveranno in un malinconico viale del Terzo Mondo, scopriranno Stati efficienti e robusti, generosi fino alla prodigalità, retti con eccezionale lungimiranza da sovrani, ben consapevoli dei pericoli esterni e delle sfide interne. (Soltanto il monarca saudita è chiamato re. Quello dell'Oman è un Sultano. E tutti gli altri sono Emiri. Non sceicchi, attenzione, che è un titolo onorifico, fin troppo inflazionato). Kuwait, Arabia Saudita, Bahrein, Qatar, Emirati Arabi Uniti e, a Sud dello Stretto di Hormuz, l'Oman: una- collana di regni che, ancora dieci anni fa, molti giudicavano fragili e caduchi, ma che hanno resistito a tutto, anche alla travolgente ricchezza. E oggi resistono al fondamentalismo. Si sono commesse molte sciocchezze. Ma chi non le avrebbe fatte con tutti quei miliardi di dollari piovuti d'improvviso su quasi ogni angolo della Penisola Arabica? Tre dei sette Emirati Arabi Uniti possiedono aeroporti intercontinentali, Abu Dhabi, Dubai e Sharjah: gli ultimi due, a un tiro di schioppo l'uno dall'altro. Si sono costruiti magnifici alberghi, troppi, e adesso sono semivuoti. L'ultimo, vicino a Muscat, in Oman, è un tempio fastoso, una creazione alla Cecil De Mille, ma attende invano clienti. Altri eccessi fi- nanziari hanno dato frutti bellissimi. Come gli investimenti in alberi, fiori, erba, tutto quel verde amorevolmente allevato dove prima non c'era che sterile arsura. Quegli alberghi sono scmivuoti perché gli Stati del Golfo sono fra i pochi Paesi al mondo a non volere turisti. Non li vogliono per molte ragioni. Sono società caldamente ospitali ma tradizionaliste, conservatrici e, oggi, ansiose più che mai di non avere sul proprio territorio presenze straniere. Per i busìnessmen non vi sono difficoltà, ma tutti gli altri, compresi i A DELL'EUROPA giornalisti, devono accompagnare le loro richieste di visti con ampie e convincenti spiegazioni. Restano, cosi, deserte, e non è affatto un male, spiagge stupende; restano, così, intatte, nel deserto, le oasi fresche e silenziose; restano, cosi, solitari gli antichi fortini, i densi palmeti,, i villaggi e i loro cimiteri, in cui ogni tomba è indicata soltanto da una manciata di pietre. * * SI, perché il Golfo ha le sue bellezze. Lo spettacolo stesso dei pozzi di petrolio offshore, che, coronati da una gran fiamma di gas, interrompono, vere e proprie torce, la calda oscurità dèlia notte, anche questa visione ha un suo fascino. Così come le innumerevoli arditezze di un'architettura che accoppia il tradizionale e il su per moderno; così come i <wow, le paranze, grandi e piccole, che scivolano sulle acque immobili, nella luce rosata dell'alba; così come le preziosità, archeologiche custodite, qua e là, con ammirevole diligenza. La penisola arabica non è un deserto culturale, ha i suoi musei, i suoi grandi atenei. Le perle più belle sono nel sultanato di Oman, che 17 anni orsono era ancora un pianeta inaccessibile, le cui uniche glorie erano nel passato, quando le sue navi arrivavano in Cina e il suo potere si estendeva fino all'Africa occidentale. (Fu il primo Stato arabo a stabilire relazioni diplomatiche con gli Usa, nel 1840, inviando un emissario su un veliero). Deposto il padre nel '70, il sultano Qabus ha fatto del regno un gioiello, un raro modello d'intelligenza e lungimiranza. Da pochi mesi ha anche una nuovissima straordinaria università, una vera polis accademica, nell'abbraccio . di fantasiose, candide architetti] re, dove docenti di tutti i Paesi insegnano a 500 allievi, I che. di verranno presto, }QQ0. Già vi sono 200 studentesse, 13 iscritte alla facoltà d'inge gneria. Se le tensioni non si smorzeranno, i nostri marinai non avranno forse il tempo di osservare le tetre e gli uomini che li circondano; le insidie navali esigeranno tutta la loro, attenzione. Ma questo piccolo, frettoloso ritratto del Golfo, poche annotazioni in libertà, mostrerà loro che non navigheranno soltanto all'ombra di un'industria petrolifera ma lungo le sponde di società complesse, e affascinanti, ricche di pregi e di difetti oltre che di greggio e di miliardi. i Mario Ciriello LATINA: CONVEGNO A FANO TRA FUOCHI DI PACE E DI GUERRA TRA FUOCHI DI PACE E DI GUERRA Nel Golfo Mistero Nelle vecchie canzoni, nelle poesie d'altri tempi, ' chi salpava, salpava sempre per «terre ignote». Strana, ma, oggi, in questo preludio di Duemila, in cui d'ignoto v"è rimasto ben poco, piccoli lembi di pianeta qua e là, l'antico cliché è di nuovo ve-' riderò. Chi conosce infatti il Golfo? Quasi nessuno. Il suo nome non evoca che poche immagini, arabi in Cadillac, emiri impaludati, moschee, petrolio. In un mondo e in un'epoca senza più misteri, dove persino il Tibet, la Siberia e l'Amazzonia allettano turisti, il Golfo resta uno scrigno protetto da robusti lucchetti. Certo, lo conoscono migliaia di tecnici, di imprenditori, di commercianti, tutti coloro che, negli Anni. 70, hanno partecipato al suo maestoso boom e hanno attinto alla ricchezza generata dal petrolio. Per tutti gli altri, è soltanto un nome sugli atlanti. Un nome ambiguo, sconcertante: Perché Golfo soltanto, quasi fosse la quintessenza di tutti i golfi del nostro pianeta? Per secoli fu Persico, perché la Persia era l'unica potenza della regione. Ma, dopo il 1973, gli arabi, riscoperta l'antica fierezza, cominciarono a esigere la propria versione, Golfo Arabico. E così, per non irritate nessuno, Voi! business . internazionale creò un comodo, neutro compromesso, un lapidario figlio d'ignoti, The Gulf. * * Questa è, dunque, la destinazione dei nostri marinai, The Gulf. Non è una missione priva di rischia ma, al loro ritorno, porteranno con sé ricordi che non si dissolveranno presto. Come c'è il «mal d'Africa», cosi c'è il «mal del Golfo», una nostalgia singolare in quanto non tutte le sorprese sono amabili. La ricchezza ha portato benessere ma, come .spesso avviene, ha anche distrutto un passato che era non soltanto pittoresco. Le colonne " di beduini con i loro cammelli sono una rarità, scorrono invece colonne di vetture su strade onnipresenti. Il meraviglioso deserto non arriva più fino al mare, è defunto sotto l'asfalto delle città. Golfo e caldo sono sinonimi, un caldo che, soltanto all'estremo Nord, in Kuwait, si smotza con l'arrivo dell'inverno. Per otto mesi l'anno, è una fornace, con temperature che, in certi luoghi, ad Abu Dhabi, ad esempio, arrivano ai 40-45 gradi, esasperati da un'umidità vischiosa e soffocante. Ma, oggi, c'è l'aria condizionata, la canicola è LA RIVINCITA rintuzzabile, anche se i getti gelidi e aggressivi fanno talvolta rimpiangere i giorni quando giochi di ombre e di correnti creavano nelle abitazioni oasi di refrigerio. La tecnologia ha rivoluzionato la regione o meglio la sua sponda arabica; ha spezzato le asprezze della natura; ha portato benessere, salute, istruzione, tutte le preziose strenne del mondo moderno. Tutto, meno la democrazia, anche se il desiderio di istituzioni più rappresentative aesce di anno in anno. I nostri marinai non si troveranno in un malinconico viale del Terzo Mondo, scopriranno Stati efficienti e robusti, generosi fino alla prodigalità, retti con eccezionale lungimiranza da sovrani, ben consapevoli dei pericoli esterni e delle sfide interne. (Soltanto il monarca saudita è chiamato re. Quello dell'Oman è un Sultano. E tutti gli altri sono Emiri. Non sceicchi, attenzione, che è un titolo onorifico, fin troppo inflazionato). Kuwait, Arabia Saudita, Bahrein, Qatar, Emirati Arabi Uniti e, a Sud dello Stretto di Hormuz, l'Oman: una- collana di regni che, ancora dieci anni fa, molti giudicavano fragili e caduchi, ma che hanno resistito a tutto, anche alla travolgente ricchezza. E oggi resistono al fondamentalismo. Si sono commesse molte sciocchezze. Ma chi non le avrebbe fatte con tutti quei miliardi di dollari piovuti d'improvviso su quasi ogni angolo della Penisola Arabica? Tre dei sette Emirati Arabi Uniti possiedono aeroporti intercontinentali, Abu Dhabi, Dubai e Sharjah: gli ultimi due, a un tiro di schioppo l'uno dall'altro. Si sono costruiti magnifici alberghi, troppi, e adesso sono semivuoti. L'ultimo, vicino a Muscat, in Oman, è un tempio fastoso, una creazione alla Cecil De Mille, ma attende invano clienti. Altri eccessi fi- nanziari hanno dato frutti bellissimi. Come gli investimenti in alberi, fiori, erba, tutto quel verde amorevolmente allevato dove prima non c'era che sterile arsura. Quegli alberghi sono scmivuoti perché gli Stati del Golfo sono fra i pochi Paesi al mondo a non volere turisti. Non li vogliono per molte ragioni. Sono società caldamente ospitali ma tradizionaliste, conservatrici e, oggi, ansiose più che mai di non avere sul proprio territorio presenze straniere. Per i busìnessmen non vi sono difficoltà, ma tutti gli altri, compresi i A DELL'EUROPA giornalisti, devono accompagnare le loro richieste di visti con ampie e convincenti spiegazioni. Restano, cosi, deserte, e non è affatto un male, spiagge stupende; restano, così, intatte, nel deserto, le oasi fresche e silenziose; restano, cosi, solitari gli antichi fortini, i densi palmeti,, i villaggi e i loro cimiteri, in cui ogni tomba è indicata soltanto da una manciata di pietre. * * SI, perché il Golfo ha le sue bellezze. Lo spettacolo stesso dei pozzi di petrolio offshore, che, coronati da una gran fiamma di gas, interrompono, vere e proprie torce, la calda oscurità dèlia notte, anche questa visione ha un suo fascino. Così come le innumerevoli arditezze di un'architettura che accoppia il tradizionale e il su per moderno; così come i <wow, le paranze, grandi e piccole, che scivolano sulle acque immobili, nella luce rosata dell'alba; così come le preziosità, archeologiche custodite, qua e là, con ammirevole diligenza. La penisola arabica non è un deserto culturale, ha i suoi musei, i suoi grandi atenei. Le perle più belle sono nel sultanato di Oman, che 17 anni orsono era ancora un pianeta inaccessibile, le cui uniche glorie erano nel passato, quando le sue navi arrivavano in Cina e il suo potere si estendeva fino all'Africa occidentale. (Fu il primo Stato arabo a stabilire relazioni diplomatiche con gli Usa, nel 1840, inviando un emissario su un veliero). Deposto il padre nel '70, il sultano Qabus ha fatto del regno un gioiello, un raro modello d'intelligenza e lungimiranza. Da pochi mesi ha anche una nuovissima straordinaria università, una vera polis accademica, nell'abbraccio . di fantasiose, candide architetti] re, dove docenti di tutti i Paesi insegnano a 500 allievi, I che. di verranno presto, }QQ0. Già vi sono 200 studentesse, 13 iscritte alla facoltà d'inge gneria. Se le tensioni non si smorzeranno, i nostri marinai non avranno forse il tempo di osservare le tetre e gli uomini che li circondano; le insidie navali esigeranno tutta la loro, attenzione. Ma questo piccolo, frettoloso ritratto del Golfo, poche annotazioni in libertà, mostrerà loro che non navigheranno soltanto all'ombra di un'industria petrolifera ma lungo le sponde di società complesse, e affascinanti, ricche di pregi e di difetti oltre che di greggio e di miliardi. i Mario Ciriello LATINA: CONVEGNO A FANO

Persone citate: Cecil De Mille, Golfo Arabico, Persico, Strana