II fisico bello scomparve sul pack

I CASI DI MAJORANA E PONTREMOLI RIAPERTI DA DUE LffiRI I CASI DI MAJORANA E PONTREMOLI RIAPERTI DA DUE LffiRI II tìsico bello scomparve sul pack Un nuovo studio torna su Ettore Majorana, che nel '38 sparì - Forse intuiva le terribili conseguenze dell'atomica - Ma nel '28 che cosa turbava Aldo Pontremoli, giovane scienziato affascinante, al Polo col dirigibile «Italia»? - Ora un romanzo lo immagina travolto da un dramma d'amore, ripropone un personaggio straordinario e nuovi interrogativi MILANO — Un giovane fisico prende parte alla spedizione del dirigibile di Nobile al Polo Nord e non ne fa ritorno. Il suo corpo non verrà mai ritrovato. Scompare a 32 anni, ossia muore giovane, ma si sottrae alle tre condizioni «per decifrare l'esistenza degli esseri umani»; il dove, il come e il quando. Non è proprio morto, è appunto «scomparso», e «solo chi scompare forse sconfigge la morte, almeno l'idea che abbiamo della morte», come scrive Liaty Pisani nel suo libro dedicato alla figura di Aldo Pontremoli, fondatore e direttore fino alla morte (avvenuta appunto durante la spedizione del 1928) del laboratorio di fisica dell'Università di Milano. La terra di Avram, il romanzo che va in libreria in questi giorni (dove il nome del protagonista viene cambiato in quello di Aldo Avram), ripropone così una figura entrata ormai di prepotenza nell'immaginario collettivo, e nei libri che ne rappresentano un po' i sogni a occhi aperti: lo scienziato forse depositario di terribili segreti, forse solo oppresso da un presagio, che a un certo punto abbandona, si lascia scivolare nel nulla, «scompare». E' un particolare tipo di scienziato: il fisico. Così, per una curiosa coincidenza, sempre Mondadori manda in libreria, contemporaneamente, un ampio studio del professor Erasmo •Recami su una scomparsa ben più celebre: quella di Ettore Majorana, che nel '38, esattamente dieci anni dopo la fine di Pontremoli, abbandonò senza lasciare tracce di sé l'attività accademica e di ricerca nel famoso laboratorio romano dove l'equipe di Enrico Fermi\stax>a arrivare do alla fissione nucleare, e alla bomba atomica. 1 • n caso Majorana ripropone, lavorando sui pochi documenti esistenti, il mistero di un giallo anche filosofico su cui, qualche anno fa, sì era esercitato anche Leonardo Sciascia. Come i cavalieri della ta¬ EGRETO USA, CHE COMPIE QUARANTANNI li dirigibile «Italia» parte per l'ultima volta dalla Baia del Re. Ne partecipare a una spedizione al Polo rappresentava per uno scienziato un'opportunità simile a quella che, oggi, sarebbe andare sulla Luna. Però, spiega la scrittrice, l'interesse per questo fisico scomparso negli Anni Venti, e cioè prima che la scienza facesse delle scoperte gravi e decisive, in qualche modo ha per me un significato particolare». Lei è d'accordo con la tesi di Leonardo Sciascia su un Majorana che si sottrae a qualcosa di cui aveva in qualche modo intuito le conseguenze? «SI, credo sia importante immaginare che persone di grande talento abbiano preferito astenersi da certe conclusioni e scoperte». Aldo Pontremoli, a ogni buon conto, non poteva presagire gli esiti e le scelte terribili cui la fisjpa^., di,..lìnon, molto, avrebbe; .costretto i suoi protagonisti. ".. '. Milanese, nato nel 1896, assistente all'Università di Roma e poi incaricato di Fisica complementare a quella di Milano, aveva fondato il primo istituto di ricerca, che infatti oggi porta il suo nome, a nemmeno trentan¬ vola rotonda, che messisi in avventura alla ricerca del Graal entravano in foreste da cui non sarebbero mai usciti (il termine tecnico usato dai filologi romanzi per indicare l'eroe che intraprende questo viaggio oltremondano è .perduto.), i fisici perduti riaccendono nell'Italia del dopo Cemobil una fiammata d'interesse. Ma perché proprio i fisici? el riquadro, i fisici Malmgren e ni. Le enciclopedie ricordano i suoi studi sulla doppia rifrazione accidentale meccanica dei liquidi e sui campi magnetici, insomma quella che si potrebbe definire una fisica 'ingegneristica*. Aveva tentato, senza riuscirci, di partecipare alla spedizione polare di Amundsen nel "26, e infine aveva coronato il suo sogno con quella di Nobile nel "28, trovandovi la morte. Una carriera scientifica di prim'ordine bruscamente troncata. Ma perché, allora, riparlarne? «Pontremoli è una mia ossessione infantile ed è probabile che il romanzo ne rappresenti il compimento in età adulta. Certo il destino di morte che si può intuire nel libro è tutto dalla parte dello scrittore, e non risulta dalla documentazione. E' vero che lo scienziato, bello, affascinante, colto e di successo, aveva vicissitudini amorose. Però è altrettanto vero che era un uomo molto attivo, molto attaccato alla vita, senza evidenti desideri di scomparsa. Può darsi che una parte di lui tendesse a questo, e io l'abbia rivissuta nel romanzo». All'autrice interessano so¬ ROCHAT BATTE (DI POCO) MASTELLONE (a destra) Pontremoli al Polo prattutto i lunghi mesi in mezzo ai ghiacci di un uomo perfettamente equipaggiato e quindi in grado di sopravvivere molto a lungo, che attende la morte e medita sul suo destino compiuto in unisola inaccessibile e desolata. Sono anche le parti letterariamente più intense e felici del romanzo. •Penso che d sia ormai una sorta di aspettativa generale del pubblico nei riguardi dello scienziato, quasi detenesse alcune chiavi del bene e del male in modo ancor più concrete e drammatico di quanto non fosse per gli antichi filosofi "sacri"». Per Giorello in fondo la figura del sspiente •perduto- ha un inizio illustre nella nostra cultura, con Empedocle di Agrigento. Dopo aver dato agli uomini la scienza, e aver tentato la lettura del mondo e dell'Universo col suo Peri Fuseos, il trattato sulla natura, si gettò, dice la tradizione, nell'Etna, lasciando a sola testimonianza del suo gesto un calzare di bronzo. Era il 423 avanti Cristo. Ma quello di Empedocle i un dono 'eroico: un po' come quello di Prometeo che ruba il fuoco agli dei. Lo scienziato di oggi (o degli Anni 20 e 30) che svanisce nel nulla, invece, «in qualche modo rende bene il senso di insoddisfazione di fronte alla vita e ai problemi che essa pone». Un sentimento generale. Le ambivalenze di una persona concreta sono allora trasformate in «ombre di un disagio, di una spaccatura tra il successo tecnologico e la considerazione che le risposte ai nostri interrogativi sono altrove». Insomma, il ruolo che fino a non molto tempo fa era assolto dal •poeta maledetto* sembra in qualche modo toccare allo scienziato, «anche se il tipo di maledizione che egli porta con sé è del tutto diverso». Chi si ricorda di Francois Villon, ladro, grassatore e grande poeta, scomparso misteriosamente negli anni successivi al 1463, probabilmente per salire su un patibolo, dopo aver lasciato col Testamento e La ballata degli impiccati due monumenti. dèlie lirica mondiale? Fra Empedocle e Majorana, suggerisce Giorello citando Kundera, pensando allo scienziato perduto, la nostra modernità dà corpo a un'oscura e nuova inquietudine, quella che chiede se «la vita è altrove». Mario Baudlno I CASI DI MAJORANA E PONTREMOLI RIAPERTI DA DUE LffiRI I CASI DI MAJORANA E PONTREMOLI RIAPERTI DA DUE LffiRI II tìsico bello scomparve sul pack Un nuovo studio torna su Ettore Majorana, che nel '38 sparì - Forse intuiva le terribili conseguenze dell'atomica - Ma nel '28 che cosa turbava Aldo Pontremoli, giovane scienziato affascinante, al Polo col dirigibile «Italia»? - Ora un romanzo lo immagina travolto da un dramma d'amore, ripropone un personaggio straordinario e nuovi interrogativi MILANO — Un giovane fisico prende parte alla spedizione del dirigibile di Nobile al Polo Nord e non ne fa ritorno. Il suo corpo non verrà mai ritrovato. Scompare a 32 anni, ossia muore giovane, ma si sottrae alle tre condizioni «per decifrare l'esistenza degli esseri umani»; il dove, il come e il quando. Non è proprio morto, è appunto «scomparso», e «solo chi scompare forse sconfigge la morte, almeno l'idea che abbiamo della morte», come scrive Liaty Pisani nel suo libro dedicato alla figura di Aldo Pontremoli, fondatore e direttore fino alla morte (avvenuta appunto durante la spedizione del 1928) del laboratorio di fisica dell'Università di Milano. La terra di Avram, il romanzo che va in libreria in questi giorni (dove il nome del protagonista viene cambiato in quello di Aldo Avram), ripropone così una figura entrata ormai di prepotenza nell'immaginario collettivo, e nei libri che ne rappresentano un po' i sogni a occhi aperti: lo scienziato forse depositario di terribili segreti, forse solo oppresso da un presagio, che a un certo punto abbandona, si lascia scivolare nel nulla, «scompare». E' un particolare tipo di scienziato: il fisico. Così, per una curiosa coincidenza, sempre Mondadori manda in libreria, contemporaneamente, un ampio studio del professor Erasmo •Recami su una scomparsa ben più celebre: quella di Ettore Majorana, che nel '38, esattamente dieci anni dopo la fine di Pontremoli, abbandonò senza lasciare tracce di sé l'attività accademica e di ricerca nel famoso laboratorio romano dove l'equipe di Enrico Fermi\stax>a arrivare do alla fissione nucleare, e alla bomba atomica. 1 • n caso Majorana ripropone, lavorando sui pochi documenti esistenti, il mistero di un giallo anche filosofico su cui, qualche anno fa, sì era esercitato anche Leonardo Sciascia. Come i cavalieri della ta¬ EGRETO USA, CHE COMPIE QUARANTANNI li dirigibile «Italia» parte per l'ultima volta dalla Baia del Re. Ne partecipare a una spedizione al Polo rappresentava per uno scienziato un'opportunità simile a quella che, oggi, sarebbe andare sulla Luna. Però, spiega la scrittrice, l'interesse per questo fisico scomparso negli Anni Venti, e cioè prima che la scienza facesse delle scoperte gravi e decisive, in qualche modo ha per me un significato particolare». Lei è d'accordo con la tesi di Leonardo Sciascia su un Majorana che si sottrae a qualcosa di cui aveva in qualche modo intuito le conseguenze? «SI, credo sia importante immaginare che persone di grande talento abbiano preferito astenersi da certe conclusioni e scoperte». Aldo Pontremoli, a ogni buon conto, non poteva presagire gli esiti e le scelte terribili cui la fisjpa^., di,..lìnon, molto, avrebbe; .costretto i suoi protagonisti. ".. '. Milanese, nato nel 1896, assistente all'Università di Roma e poi incaricato di Fisica complementare a quella di Milano, aveva fondato il primo istituto di ricerca, che infatti oggi porta il suo nome, a nemmeno trentan¬ vola rotonda, che messisi in avventura alla ricerca del Graal entravano in foreste da cui non sarebbero mai usciti (il termine tecnico usato dai filologi romanzi per indicare l'eroe che intraprende questo viaggio oltremondano è .perduto.), i fisici perduti riaccendono nell'Italia del dopo Cemobil una fiammata d'interesse. Ma perché proprio i fisici? el riquadro, i fisici Malmgren e ni. Le enciclopedie ricordano i suoi studi sulla doppia rifrazione accidentale meccanica dei liquidi e sui campi magnetici, insomma quella che si potrebbe definire una fisica 'ingegneristica*. Aveva tentato, senza riuscirci, di partecipare alla spedizione polare di Amundsen nel "26, e infine aveva coronato il suo sogno con quella di Nobile nel "28, trovandovi la morte. Una carriera scientifica di prim'ordine bruscamente troncata. Ma perché, allora, riparlarne? «Pontremoli è una mia ossessione infantile ed è probabile che il romanzo ne rappresenti il compimento in età adulta. Certo il destino di morte che si può intuire nel libro è tutto dalla parte dello scrittore, e non risulta dalla documentazione. E' vero che lo scienziato, bello, affascinante, colto e di successo, aveva vicissitudini amorose. Però è altrettanto vero che era un uomo molto attivo, molto attaccato alla vita, senza evidenti desideri di scomparsa. Può darsi che una parte di lui tendesse a questo, e io l'abbia rivissuta nel romanzo». All'autrice interessano so¬ ROCHAT BATTE (DI POCO) MASTELLONE (a destra) Pontremoli al Polo prattutto i lunghi mesi in mezzo ai ghiacci di un uomo perfettamente equipaggiato e quindi in grado di sopravvivere molto a lungo, che attende la morte e medita sul suo destino compiuto in unisola inaccessibile e desolata. Sono anche le parti letterariamente più intense e felici del romanzo. •Penso che d sia ormai una sorta di aspettativa generale del pubblico nei riguardi dello scienziato, quasi detenesse alcune chiavi del bene e del male in modo ancor più concrete e drammatico di quanto non fosse per gli antichi filosofi "sacri"». Per Giorello in fondo la figura del sspiente •perduto- ha un inizio illustre nella nostra cultura, con Empedocle di Agrigento. Dopo aver dato agli uomini la scienza, e aver tentato la lettura del mondo e dell'Universo col suo Peri Fuseos, il trattato sulla natura, si gettò, dice la tradizione, nell'Etna, lasciando a sola testimonianza del suo gesto un calzare di bronzo. Era il 423 avanti Cristo. Ma quello di Empedocle i un dono 'eroico: un po' come quello di Prometeo che ruba il fuoco agli dei. Lo scienziato di oggi (o degli Anni 20 e 30) che svanisce nel nulla, invece, «in qualche modo rende bene il senso di insoddisfazione di fronte alla vita e ai problemi che essa pone». Un sentimento generale. Le ambivalenze di una persona concreta sono allora trasformate in «ombre di un disagio, di una spaccatura tra il successo tecnologico e la considerazione che le risposte ai nostri interrogativi sono altrove». Insomma, il ruolo che fino a non molto tempo fa era assolto dal •poeta maledetto* sembra in qualche modo toccare allo scienziato, «anche se il tipo di maledizione che egli porta con sé è del tutto diverso». Chi si ricorda di Francois Villon, ladro, grassatore e grande poeta, scomparso misteriosamente negli anni successivi al 1463, probabilmente per salire su un patibolo, dopo aver lasciato col Testamento e La ballata degli impiccati due monumenti. dèlie lirica mondiale? Fra Empedocle e Majorana, suggerisce Giorello citando Kundera, pensando allo scienziato perduto, la nostra modernità dà corpo a un'oscura e nuova inquietudine, quella che chiede se «la vita è altrove». Mario Baudlno

Luoghi citati: Agrigento, Italia, Milano, Pontremoli