« Sulla mie nave non c'erano armi » di Gianni Bisio
« Sulla mie nave non c'erano armi » Dall'ospedale di Dubai parla il comandante della Jolly Rubino, ferito nel Golfo « Sulla mie nave non c'erano armi » «Gli iraniani ci hanno attaccati perché siamo capitati lì nel periodo più caldo della guerra alle petroliere» - «Il materiale bellico lo rifiutiamo in partenza» - L'armatore minaccia querele «/Irmi sulla "Jolly Rubino"? Per questo gli iraniani ci avrebbero attaccati? Mi pare un ragionamento semplicistico, una spiegazione da bambini e neppure troppo intelligenti*. Il comandante Guido Manfredino, ferito il 2 settembre nell'assalto — forse del *pasdaran* khomeinisti — alla portacontainer italiana, parla senza esitazioni dal telefono della sua camera, al Reparto 5 del Rasheed Hospital di Dubai, negli Emirati Arabi, dove lo abbiamo rintracciato. E' stato operato per una frattura al femore: «Afa ora sto meglio, sono già in fase di ripresa: fra una decina di giorni — dice — penso di rientrare in aereo a casa. Ma non voglio avere fretta e compromettere con un viaggio anticipato (sono sempre 10-12 ore di volo) il lavoro dei medici*. Chiediamo delle armi, dei sospetti, avanzati da qualche giornale, che sulla «Jolly Rubino» ci fossero materiali bellici. La voce arriva perfetta, senza disturbi: si sente anche — chiara — la risata del comandante Manfredino: 'E'assurdo, ma si scrivono tante cose quando non si conoscono la meccanica ed i regolamenti dei trasporti marittimi. Sono 5 anni che la mia compagnia, la "Messina", viene nel Golfo Persico (prima ci veniva la "Lauro") e non si giocherebbe certo il nome per una storia del genere: noi trasportiamo di tutto, dalla Coca-Cola ai vestiti, quanto serve a Paesi che non producono nulla salvo il petrolio. Ma il materiale bellico lo rifiutiamo in partenza: è troppo pericoloso in un'area come questa*. Osserviamo che l container vengono consegnati a bordo chiusi e che l'unica cartif icazione di ciò che contengono è il manifesto di carico: •£' vero: ma noi carichiamo i cassoni sigillati dalla Guardia di Finanza e ci fidiamo dei documenti. E cosi dobbiamo fare, perché accettiamo anche i controlli successivi: se ci avessero fer¬ mato le navi iraniane, quelle vere con la bandiera ben in vista, avremmo dovuto far salire a bordo i militari per la verifica. Perché rischiare il sequestro, o qualcosa di peggio, facendoci trovare armi a bordo?*. il comandante Manfredino aggiunge che per gli esplosivi esistono precise norme che impongono di avvertire, in anticipo, non solo i porti di destinazione, ma anche quelli di passaggio. • Ci hanno attaccati — conclude — per il semplice fatto che siamo capitati II nel momento di recrudescenza della guerra delle petroliere, proprio allindomani delle azioni irachene: una reazione comprensibile, anche se piratesca. Fra l'altro viaggiavamo a vuoto, avevamo già scaricato a Dubai e in Arabia Saudita: a bordo c'era soltanto poca merce destinata ad un porto del Mar Rosso*. La stessa tesi la ripetono, a Genova, alla Messina: •Sono illazioni vergognose*. ci dice il comandante Cervetto, direttore operativo. La compagnia, che preannuncia •azioni civili e penali*. ha emesso un comunicato in cui «respinse sdegnosamente, in quanto prive di ogni fondamento, le grottesche insinuazioni pubblicate dalla stampa e dalla tv*. Gianni Bisio
Persone citate: Cervetto
Luoghi citati: Arabia Saudita, Emirati Arabi, Genova, Messina
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