Le sceneggiate di Vallanzasca di Susanna Marzolla

Le sceneggiale di Vallanzasca Dai verbali emergono storie fantasiose, domani va in aula a Milano Le sceneggiale di Vallanzasca MILANO — Ritorna domani in quel Palazzo di Giustizia che lo ha già visto processato e condannato per rapina, omicidio, sequestro di persona. Per maggior sicurezza non transiterà nemmeno da San Vittore, ma arriverà direttamente da Novara, sotto buona scorta: nessuno vuole rischiare che lui. Renato Vallanzasca, scappi di nuovo. A Novara venerdì ha incontrato sua madre e la vedrà di nuovo in aula, dove si suppone non sarà certo sola. Per il processo, che si terrà nell'aula grande, si prevede infatti il pienone di giornalisti e pubblico. E' lungo l'elenco del reati ma per Vallanzasca, con diversi ergastoli sulle spalle, è poca cosa. Cosi oltre alle accuse provate, come la detenzione di una pistola che aveva addosso al momento dell'arresto, ha dato egli stesso agli inquirenti gli elementi per aggiungerne altre. E' infatti solo in base al suo racconto che gli viene contestato il possesso di un piccolo arsenale: un mitra, due caricatori, due bombe a mano, un'altra tipo ananas, una rivoltella Magnum, due pistole. Di quelle armi, infatti, non è stata trovata traccia. Erano in una borsa — ha raccontato Vallanzasca — che gli portarono misteriosi «amici» nel suo rifugio di Milano e 11 sarebbero rimaste. E cosi la fuga in Francia, quei pochi giorni oltre confine che gli sono valsi l'accusa di espatrio clandestino. Raccontò questa sua avventura già al giudice di Gorizia, subito dopo l'arresto; l'ha riconfermata ai magistrati milanesi. Passò il confine, clandestinamente, subito dopo la fuga, il 18 luglio scorso, quand'era ancora privo di documenti, di soldi e di armi. Trovò però delle persone (sempre anonime) che gli fornirono alloggio, due milioni e una pistola. Vallanzasca però non spiega perché, una volta al sicuro Oltralpe, abbia preferito ritornare in Italia dove carabinieri e polizia erano mobilitati alla sua ricerca: gli appoggi in Francia stavano venendo meno, l'amore per il rìschio era troppo forte o, più semplicemente, non è vero niente? Già, perché sembra assai difficile separare, nel lungo racconto di Vallanzasca, ciò che è realmente accaduto e ciò che invece può essere 11 frutto di una fantasia megalomane. C'è ad esempio il lungo racconto della sua permanenza a Milano, dal 23 luglio al 2 agosto. Anche qui sono di scena 1 misteriosi amici che, oltre alle armi, gli procurano due appartamenti, uno nell'hinterland l'altro in città. Vallanzasca però non vive chiuso In casa: va in corso Buenos Aires, una delle arterie dello shopping milanese, e compra la fondina della pistola, che porta sempre con sé. Va dal parrucchiere a «rifarsi la tinta» che, in un primo tempo, era stata eseguita in modo approssimativo. Va anche nella sede di un'importante casa editrice dove si presenta sotto falso nome: dice di voler mettere su una libreria in una comunità . di tossicodipendenti. Scopo della visita, in realtà, era studiare il luogo per «un lavoro» (una rapina, cioè) che però non verrà portato a termine. Nessuno comunque riconosce in lui il fuggiasco super-ricercato. Ma accanto a questi episodi, di cui sembra esistano riscontri obiettivi, negli ambienti del Palazzo di Giustizia di Milano c'è un fiorire di racconti più o meno rocamboleschi sul soggiorno di Vallanzasca. E a metterli in giro sembra sia stato lo stesso bel René: non si sa che valore avranno dal punto di vista processuale, giacché appare assai improbabile riuscire a trovare prove e testimonianze a conferma. C'è ad esempio la storia di un incontro fortuito al bar tra Vallanzasca e un agente in borghese, che lo riconosce. Ecco gli attimi di tensione, la mano che corre alla fondina della pistola e poi un breve sguardo d'intesa che evita la sparatoria. C'è un tassista che parla bene di Vallanzasca e dà del •pirla» alle forze dell'ordine che non riescono a prenderlo: lo sentono gli agenti di una volante e lo fermano: il tassista chiede scusa e Vallanzasca è proprio 11 dietro, che suda freddo ma si diverte. Anche la vicenda della casa editrice è infiorettata di particolari, con gli impiegati che gli dicono «bravo» per la sua lodevole iniziativa a favore dei drogati. Susanna Marzolla Rato Vallanzaca Renato Vallanzasca