Honecker lascia la Germania federale con una frase di speranza per i tedeschi di Alfredo Venturi

era» Honecker lascia la Germania federale con una frase di speranza per i tedeschi era» Un'altra tacita promessa del leader comunista: i Vopos non spareranno sui fuggiaschi dalla Ddr - Cordiale rincontro con Strauss in Baviera e l'omaggio ai martiri di Dachau DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BONN — Erich Honecker è tornato a Berlino dopo l'ultima tappa, in Baviera, del suo viaggio di cinque giorni nella Repubblica federale. Il suo Iljushin 62 ha preso 11 volo a metà pomeriggio dall'aeroporto di Monaco: dopo pochi minuti era già oltre quel confine intertedesco che è stato, di questa visita, il vero protagonista. L'altra sera, forse stimolato dall'onda dei ricordi nella natia Neunkirchen, Honecker ha lasciato cadere una piccola frase. Un giorno, ha detto, la frontiera munirà i tedeschi anziché dividerli: Sarà, ha esemplificato, come il confine fra Ddr e Polonia. Un esempio non proprio esaltante: perché quella frontiera, nonostante le affinità ideologiche dei governi che reggono i due Paesi, non è certo fra le più aperte. Ma si tratta, almeno, di una frontiera sulla quale non si spara: e cosi Honecker sembra confermare quanto si dice a mezza voce. Che cioè lungo il confine intertedesco viene finalmente bandita la caccia al fuggiasco. Lo Schiessbefehl, l'ordine ai Vopos di aprire il fuoco su chi tenta di scappare, sospeso per non turbare la visita di Honecker, non dovrebbe essere ripristinato. Tranne il caso che a tentare la fuga siano militari disertori. Ogni interpretazione più estensiva non regge, dicono i portavoce. Come quella che la Bild ha consegnato a un titolo a tutta pagina: «I nostri confini possono cadere». E' vero esattamente il contrario: è proprio dopo avere ottenuto, attraverso un rico¬ noscimento di fatto, la garanzia che quel confine non si tocca, che Honecker ne offre la normalizzazione, la pacificazione, perfino la permeabilità. Venuto a Bonn in cerca di legittimità, Honecker ha ottenuto un riawicinamento che allontana, paradossalmente, la temuta prospettiva della ramificazione. E' dunque comprensibile che Honecker e Kohl parlino entrambi di •risultato positivo-. Lo scambio, riconoscimento di fatto contro una frontiera più umana, ha funzionato. Ci sono poi altri risultati tangibili: come la comune volontà d'incrementare i commerci, come i tre accordi di cooperazione. Nei quali è implicita una notevole concessione da parte orientale: essi si applicano anche a Berlino Ovest. Finora la Ddr e i suoi alleati hanno evitato impegni diplomatici che implichino, in qualche modo, una Repubblica federale che parla a nome dei berlinesi dell'Ovest. La quinta e ultima giornata del suo viaggio, Honecker l'ha dedicata alla Baviera. Lo ha accolto Franz-Josef Strauss: ancora una volta con gli onori dovuti a un capo di Stato. Con la differenza che sono stati suonati tre inni: a celebrazione della Ddr, della Germania federale e dello Stato libero di Baviera. Anche nel grande Land meridionale, sede di una economia fra le più dinamiche, basata sull'alta tecnologia e le produzioni dell'era postindustriale. Honecker parla di affari. Come dice Strauss, bisogna •fare il possibile e lasciar perdere l'impossibile-. Fra le cose possibili potrebbe esserci un buon affare per il consorzio europeo Airbus, di cui Strauss è presidente. L'Interflug, la compagnia di bandiera della Ddr, esamina la possibilità di ordinare in leasing alcuni aerei. Finora. l'Interflug si è servita esclusivamente di aerei sovietici. Ma non si è parlato soltanto di economia, a Monaco. Alla colazione offerta nella scintillante residenza dei Wittelsbach, ecco Strauss complimentarsi per le parole che Honecker ha detto la vigilia a proposito del confine. Eccolo ricordare il Muro, lo Schiessbefehl, i dispositivi di sparo automatico che c'erano una volta lungo la frontiera. Nell'agenda di Honecker c'era un'altra meta bavarese: Dachau. Il capo della Ddr ha visitato il campo di sterminio, cronologicamente il primo nella tragica costellazione nazista, intrattenendosi con alcuni ex deportati. Alfredo Venturi