Magritte gioca con Alice

Magrìtte gioca con Alice A LOSANNA 200 OPERE DEL GRANDE SURREALISTA Magrìtte gioca con Alice E' la più vasta retrospettiva del maestro belga, dopo quelle di Bruxelles e Parigi nel '78/79 - Dall'ironia fantastica di «Cinema bleu» al lirismo ecologico di «Derider Cri», quarant'anni di ricerca senza clamori - La crisi, inseguendo i fantasmi di Renoir - Con «Cicerone» l'inizio del riscatto LOSANNA — Ecco la più vasta mostra di René Magrìtte, il surrealista belga morto a 69 anni nel 1967: duecento opere In catalogo, fra cui 125' dipinti e 7 disegni (fino al 18 ottobre). E' la più completa dopo la retrospettiva nel 1978-79 al Palai» des BeauxArts a Bruxelles e al Cenere Pompidou a Parigi. E quanto mai le si adatta l'ambiente della Fondation de L'Hermitage, col suo senso di artificialità: l'enorme parco all'inglese alto sulla Losanna vecchia, secondo l'ottocentesca fantasia .borghese, del banchieri Bugnion; la villa tutta pensiline, colonnine e ringhiere moresche in ghisa (per coincidenza tipicamente surrealista, di simili ne compaiono in una delle prime opere significative esposte, Le Mariage de Minuit del 1926); la vecchia fattoria tanto autentica da risultare, per contrasto, un fantasma. Nella villa, il percorso volutamente alla rovescia, dal sottotetto al sotterraneo, illustra il morbido mondo immaginario d'uno dei rappresentanti più noti dell'arte surrealista, anche se il suo ritorno a Bruxelles nel 1930, dopo i tre anni parigini, prova una pensosa, intimistica volontà di autonomia rispetto al centro bretoniano e ai suoi furori rivoluzionari: ma la presenza alle manifestazioni del movimento rimane fedele e costante, fino a quella milanese, da Schivare, nel 1959. L'indubbia coerenza immaginaria di Magritte si dispiega dal Cinema bleu del 1925, la cui ironia fantastica fra mito classico e Anni Ruggenti è ancora tradotta in linguaggio purista déco, al lirismo ecologico del Dernier Cri (1967), ultima opera, in cui la grande foglia-madre sembra proteggere nel suo cuore l'ufi ■bero-fìglià dallincoribènza! -.tf.'W» -,,nittro. di pietra,„,sulla "sfondo'limpidissimo di grandi montagne celesti, che tante volte ricorre insieme col mare e le nubi. Il suo vagabondaggio senza clangori è un vero viaggio di ricerca in senso romantico nordico: fra il mistero senza tempo della natura e il sogno surreale e irrazionalistico della piccola quotidianià • borghese'. Trova il suo simbolo più affascinante nell'uomo 'Senza qualità, con la bombetta, quasi sempre visto di spalle. Ciò lo apparenta assai più che i compagni di movimento a determinati aspetti di De Chirico Ida lui.scoperto in riprodusione, nel 1925) fi di Smillto, #&.Cf»rrd, metafisico, ma con poche o nessuna traccia dell'esperienza linguistica delle avanguardie. E soprattutto lo apparenta, rimanendo nel pieno contesto della cultura surrealista, col materiale visivo e il mondo di BuAuel, specie quando in questi la feroce dissacrazione dei valori 'borghesi' si stempera nella maturità in fantastica ironia. Tutto ciò attiene al materiale d'immagine, inventato, proposto, quasi catalogato nella fase basilare fra il 1925 e i primi Anni 30. Innanzitutto la cornice (roccia, telaio di finestra, vetro rotto, telaio di quadro o addirittura quadro •invisibile» che lascia orfano, sospeso nell'aria, il cavalletto), aperta come il penetrabile specchio di Alice su un ultramondo, in genere d'innocente natura non corrotta dalla presenza umana. E poi le foreste di balaustrini-birilli-pedoni degli scacchi, le foglie colossali, gli alberi-casa, le figure velate, memori altrettanto di Duchamp quanto di nuovo di De Chirico, cosi come omaggio a De Chirico sono i torsi e le teste classiche. E' il momento d'invenzione surreale, che si estremizza nel 1927-30 (ma anche anticipa di quarantanni. ..l'avanguardia concettuale)- .nella pittura •nominalistica', che sostituisce la presenza dell'immagine con quella della sua definizione scritta; o abbina in assoluto nonsense un oggetto molto quotidiano e una didascalia molto evocativa, scarpa da donna e 'la Luna', bombetta e 'la Neve', martello e 'il Deserto' (La. chiave dei sogni, 1930). Lo stesso Magritte dichiarerà nel '64: -Preferisco che si pensi a ciò che l'immagine rappresenta, piuttosto che all'indirizzo della mano dell'autore. Evidentemente, se metto questo blu su questo grigio, cerco che tutto questo stia assieme. Questo fa parte del mestiere In realtà, e Magritte ne è ben conscio, come dimostra la sua opera nei momenti creativamente felici quanto in quelli di crisi, quei quadri 'nominalistici', fatti di parole e non d'immagini, potrebbero al più solleticare il nostro intellettualismo (ma su tale strada anticipatrice è più spiritoso e spregiudicato Picabia, assai più poeta/pittore Mirò) se non entrasse in gioco l'emozione misteriosa e sottile dei suoi, e solo suoi, grigi plumbei o verdastri o ocracei come sabbia, neri vellutati, bruni lignei. E allo stesso modo, di questa prima fase intensamente inventiva, Le Musée d'une nuit del 1927, con le sue quattro caselle morbidamente ombrate sui grigi, tre contenenti in trompe-l'oell una mano troncata, una mela e una forma minerale biomorfa alla Arp (mentre la quarta è misteriosamente sbarrata da un traforo violetto), evoca chiaramente tutta una lunga tradizione patria, fiamminga olandese, di nature morte. Se un insegnamento si trae dall'ampia e attenta scelta di opere, che si avvale di prestiti dei musei di Bruxelles, Liegi, Gand, Berna, Gerusalemme, della Kunsthalle di Amburgo, del Marna di New York, della National Gallery di Washington e di collezioni private soprattutto belghe e statunitensi, è appunto l'immagine di un solido, pensoso pittore. Specie nella prima e nell'ultima fase dell'opera, che non attinge ai grandi livelli di Ernst, di Mirò, di Masson ma che, come capacità di evocazione pittorica e fantastica di misteri surrealisti, è assai più dotato di tanti altri compagni di strada. Anche con gli indubbi echi di De Chirico, di Ernst, di Ptcabia, l'impegno degli Anni 20 e dei primi 30 è appunto quello, attentamente equilibrato, di creare in tutti i particolari lo scenario e i materiali-personaggi del suo sogno surreale, ma di non dimenticare i valori evocativi dell'atmosfera pittorica. Lungo gli Anni 30. di crisi anche economica, troppo facili cedimenti alla 'maniera' di Doli o di Delvaux, e dunque al surrealismo di consumo, si alternano a momenti di vera poesia visiva, intimamente parallela a quella scritta degli amici Eluard e Prévert; Le Faux Miroir del '35, nato da una fotografia di Man Ray, un grande occhio quasi pop la cui iride è un cielo di nubi e la pupilla un sole nero; La Boarie Parole del 1939. una grande rosa, campeggiata su un cielo grigio, nordico, fiorita su un lampione stradale contro un muro di mattoni, lucidamente dipinto alla Vermeer o alla DeHooch. La crisi, vera e propria e non occultabile crisi, interviene durante e subito dopo la guerra, quando Magritte ritiene di poter scindere l'acquisito equilibrio fra il proprio mondo di immagini e un certo morbido, minuzioso, classico-romantico mondo pittorico: inseguendo, non saprei se per presunzione o per gioco, i fantasmi della pittura di Renoir (ma anche del De Chirico commerciale dei grandi nudi femminili degli Anni 30); poi, persino nell'indicazione di fase, Peinture vache, la volgarità chiassosa di Picabia pornografo. Il riscatto, nell'ultimo ventennio dì attività, avviene ancora una volta per via di cultura, d'intelligenza e di ripensamento sulle fonti storiche dell'immaginario fantastico. Da un lato, una rinnovata freschezza surreale, come nel Cicerone del 1947, nella liaison pure del 1948, nella sostituzione di bare ai personaggi umani in parodie di alto livello ludico di quadri celebri come il Balcone di Manet e la Récamier di David (quest'ultimo non esposto): con un notevole influsso sull'immaginario 'popolare' e collettivo, di cui permangono tracce nel singolarissimo Yellow Submarine dei Beatles. Dall'altro, un incontro molto 'nordico' fra surrealtà quotidiana, ultimi echi dechirichiani e sogno romantico della natura (ad esempio del grande Friedrich), che frutta capolavori: dall'enigma profondo della casa notturnadiurna dell 'Empire des Lumières (1954) alla pietrificazione di Souvenir de Voyage m a 955) e di Les Comes du Désir (1959-60), degni del più vitale e 'enigmatico. De Chirico degli Anni 20, fino allo stupendo meteorite surreale di Le Chàteau des Pyrénées (1961). Marco Rosei René Magritte: «Ritratto di P.G. van Hecke» (1928), tra le opere in mostra a Losanna