Un ambiguo mediatore dietro il traffico di armi

Ufi ambiguo mediatore dietro il traffico di armi Ha abbandonato deliberatamente la valigia di documenti a Bari Ufi ambiguo mediatore dietro il traffico di armi Aldo Anghessa collaborò con la polizìa svizzera in indagini su droga e terrorismo mediorientale MILANO — Cè un «pilota» nell'inchiesta sul traffico di armi scoperto con il blocco della «Boustany One» a Bari: con 11 passare delle ore crescono 1 sospetti, si accavallano elementi nuovi che, tutti, riportano alla figurachiave dell'Intera vicenda, Aldo Anghessa. Tutti tendono a farne, appunto, il «pilota». E 11 «timone» di guida del magistrati è quella valigetta che Anghessa abbandona, fuggendo indisturbato dall'hotel Majesty, e che permette al magistrati di eseguire il blitz. La ricostruzione della sua «fuga» è il primo elemento cardine. Anghessa entra in albergo fra le 9 e le 9,30 del due settembre: sette ore dopo che il cargo pieno di droga e di armi è stato bloccato. Rimane nella stanza numero 19 poco più di mezz'ora. H tempo di fare alcune telefonate interurbane e internazionali. Alle 10 lascia l'albergo. Cinque ore dopo arrivano al Majesty i carabinieri della Spezia, sequestrano la valigetta e tornano da dove sono venuti. Quindi la raffica dei 45 mandati di cattura. Aldo Anghessa è già altrove, svanito nel nulla da cui è emerso. Ma anche quel «nulla» non é più tale. Si popola di fatti che rimbalzano dalla Svizzera, prima con il condizionale, poi sempre più chiari e credibili, diffusi anche dalla radio della Svizzera italiana. E' il ritratto di Aldo Anghessa che va componendosi pian piano. E ne emerge l'identikit di un infiltrato. Un personaggio interessante. Nel 1977 — e lo conferma un comunicato della Procura di Lugano — Aldo Anghessa realizza la sua prima «operazione». Sposato con una svizzera, Pierrette Antoniazzi, coltiva interessi finanziari con un sodo, un certo Castelli. Ha una società che s'interessa di carichi di navi: in quell'anno assicura una partita di legname Imbarcata nel porto veneto di San Giorgio di Nogaro sulla nave greca «Notios Elias». Una polizza da mezzo milione di dollari, contratta con la società genovese «Assicurazioni Levante». Nave e carico svaniscono nel nulla. La «Notios Elias» non è mai arrivata nel porto del Medio Oriente verso il quale era diretta. La compagnia di assicurazioni genovese si muove, tenta di chia- rire la vicenda: non vuol pagare il premio a scatola chiusa, sollecitata dalla società dell'Anghessa che denuncia l'affondamento. Un agente della «Levante» va ad Atene per rintracciare l'armatore. Ora si viene a sapere che l'agente viene minacciosamente invitato a lasciar perdere, a tornarsene a Genova. La compagnia paga. Passano alcuni anni dalla Svizzera si fa viva la polizia giudiziaria: la società di Anghessa è fallita. Fra i documenti sequestrati anche quelli che provano la truffa ai danni della «Levante». La compagnia genovese si inserisce nel processo che si svolge neU'83 a Bellinzona. Il 27 luglio Anghessa viene condannato a quattro anni di carcere ed è rinchiuso a Lugano. Ma nella cella non resta molto. Il 21 gennaio 1984 «evade»: cioè non rientra da un congedo. Primo j.iistero: ci si attende secondo logica un mandato di cattura internazionale. Il mandato scatta ma Anghessa pare godere della libertà di andarsene per il mondo. Lo confermano i suoi parenti: •Anche dopo che era fuggito di prigione Aldo ha mantenuto i contatti con la moglie Pierrette Antoniazzi che vive a Quartino, in Canton Ticino, dove entrambi hanno la residenza». 'Qualche volta è venuto a trovarla lui, altre volte è stata lei a muoversi». La polizia sa ovviamente dove abita ma non lo va a cercare. Anghessa — che, dicono i parenti, è di origine siciliana e non bergamasco come si è scritto — torna su quella che è la sua «rotta» preferita: compie un viaggio a Beirut. Al rientro in Canton Ticino — attraverso Milano — la sua strada incrocia quella di un commissario di polizia elvetico. Nasce una collaborazione dai contorni non ancora tutti sondati, non certo chiariti. Anghessa organizza alcuni incontri nel Canton Ticino con emissari medioorientali. Il tema: creare depositi clandestini di armi in Svizzera e in Italia per il terrorismo arabo. Si dipana una doppia trama. Anghessa che collabora con la polizia; Anghessa che. partecipa agli incontri con i «libanesi». Accanto alle partite di armi, quelle della-droga con le quali si pagano bazooka e fucili mitragliatori. Armi e droga s'intrecciano, le inchieste scoprono piste che passano la frontiera. Se la polizia svizzera lascia lavorare Anghessa, viene spontaneo chiedersi: e gli italiani? Per ora una sola risposta: il procuratore pubblico sopracenerino Dick Marty domenica è partito per La Spezia accompagnato da un commissario che di Aldo Anghessa sa tutto. g.p.b.