Fatalità la morte dei tre artificieri

Fatalità la morte dei tre artificieri Archiviata, a Ivrea, l'inchiesta sulla tragica esplosione di Cortereggio I Fatalità la morte dei tre artificieri Nessuna responsabilità da parte dei superiori dei due sottufficiali e dell'operaio deceduti: la squadra era tecnicamente preparata - II perito: «Per far scoppiare quei vecchi ordigni bastavano pochi movimenti)) Il sostituto procuratore della Repubblica di Ivrea. Palumbo ha concluso ieri, con un'archiviazione, l'inchiesta sulla morte dei tre artificieri dell'Esercito, avvenuta il 19 maggio scorso alla periferia di Cortereggio, frazione di San Giorgio Canavese. Non è emersa alcuna responsabilità penale nei confronti dei diretti superiori del sergente maggiore Giuseppe Rizzo. 23 anni, di Alessandria, del sergente Paolo Lavermicocca. 22 anni, torinese, e dell'operaio civile Mauro Corte. 25 anni, alessandrino, tutti morti nell'esplosione, e del sergente Franco De Michelis, 20 anni, di Torino, rimasto gravemente ferito. Spiega il magistrato: «L'inchiesto tendeva a chiarire innanzitutto se la squadra di artificieri inviata quel giorno a Cortereggio fosse tecnicamente preparata e in grado di far brillare l'esplosivo e le bombe ritrovate la sera prima in una cascina. Rizzo, che era il capo-nucleo, possedeva un 'curriculum' professionale eccellente: in tutti i corsi di specializzazione era stato promosso a pieni voti'. Una tragedia che resterà, dunque, senza spiegazioni? Nella perizia tecnica richiesta dal dottor Palumbo al perito Luigi Nebbia si parla di 'sufficienza e leggerezza', specialmente durante il trasporto dell'esplosivo dalla cascina di Giuseppe Bertolino, situata nel centro della frazione, alla zona prescelta per il brillamento, poche centinaia di metri fuori dal paese: «fi materiale esplosivo andava tenuto separato dalle due bombe a mano: gli ordigni erano molto vecchi, risalivano addirittura alla prima guerra mondiale. Nella parte superiore dell'innesco la polvere pirica, con il passare degli anni, si cristallizza: bastano pochi movimenti a provocarne l'esplosione'. E' probabile che gli stessi sottufficiali, durante i loro corsi, non avessero mai neppure visto e quindi studiato bombe di quel genere, anche perché da decenni ormai sono scomparse dalla dotazione dell'esercito. La tragedia del 19 maggio avrebbe potuto avere conseguenze ancora più drammatiche se le bombe fossero esplose durante il trasporto sul camioncino degli artificieri: con i sergenti Rizzo e Lavermicocca, e con l'operaio Corte, si trovavano l'autista Salvatore Porqueddu, un militare di leva, e l'altro sottufficiale, il sergente De Michelis, che stava specializzandosi dopo aver frequentato i corsi. Il «Fiat 238» dell'esercito era preceduto da un pulmino dei carabinieri di San Giorgio. Il prelievo degli ordigni avvenne verso le 12,30: la gente di Cortereggio era in casa per pranzo. Pochi minuti dopo, il terribile boato: dalla strada 1 carabinieri videro i corpi degli artificieri scagliati verso l'alto; il sergente De Michelis, nonostante le ferite, riuscì a fare qualche metro per allontanarsi, g. n. I (llllltillllllilllllllllllllllllllllMIIIIIIIIIIIIII

Persone citate: De Michelis, Franco De Michelis, Giuseppe Bertolino, Giuseppe Rizzo, Lavermicocca, Luigi Nebbia, Palumbo, Paolo Lavermicocca, Salvatore Porqueddu

Luoghi citati: Alessandria, Ivrea, San Giorgio Canavese, Torino