« Così le mine arrivavano in Iran » di Cesare Martinetti

« Così le mine arrivavano in Iran » Massa, il giudice fa arrestare l'industriale Borletti e spiega il suo teorema « Così le mine arrivavano in Iran » «Dall'Italia vendute a una società spagnola, poi girate a Damasco, da qui a Teheran» - In carcere anche il figlio di - Borletti e altri tre dirigenti della Valsella, l'azienda bresciana - Sono tutti accusati di violazione della legge sulle armi DAL NOSTRO INVIATO MASSA — Il teorema di, Augusto Lama, giovane sostituto procuratore della Repubblica di Massa, è una geometrica triangolazióne Italia-Spagna-Siria, con un successivo prolungamento, per ora del tutto ipotetico, verso l'Iran. Mine italiane, della •Valsella» di Brescia, avrebbero dovuto essere vendute a una società di Barcellona che le avrebbe poi girate a Damasco, dove il nostro Paese, per effetto di un embargo, non può esportare armi. Mine (anti-uomo, antl-carro, antl-nave) che sarebbero state pagate in Svizzera attraverso il solito labirinto contabile di società finanziarie. Augusto Lama è convinto di avere in mano la dimostrazione del teorema e giovedì ha firmato 45 ordini di cattura. 14 sono stati eseguiti. Faccendieri, intermediari, consulenti, titolari di società per import-export e anche, quasi per intero, lo staff dirigenziale della «Valsella». Arresti eccellenti. Ferdinando Borletti, 65 anni, noto industriale lombardo, presi¬ dente della società, fermato venerdì sera a Padova mentre stava per raggiungere l'aeroporto di Venezia; Giovanni Borletti. 33 anni, figlio di Ferdinando, e Marcello De Marco, 54 anni, dirigenti; Giuseppe Costa, 45 anni, addetto alle vendite, e Pio Lauro, 61 anni, responsabile della sicurezza dell'azienda bresciana. I cinque sono accusati di associazione per delinquere e di violazione dell'art. 1 della legge sulle armi per aver messo in vendita senza autorizzazione armamenti da guerra. Stesse accuse sono state rivolte a Paolo Torsello, amministratore delegato della «Valsella», che per il momento non è ancora stato rintracciato dai carabinieri. La «Valsella», accusata di aver venduto mine ai Paesi del Golfo attraverso un giro di società francesi e svedesi (e di questo si sta occupando la Procura di Roma), entra adesso nell'inchiesta dei magistrati di Massa che hanno messo insieme episodi diversi di uno spaccato un po' confuso in cui sono protagonisti armatori greci, maritti¬ mi libanesi, una famiglia mafiosa di Trapani (il clan dei Minore, accusati di aver organizzato la strage di Pizzolungo, da cui scampò miracolosamente il giudice Carlo Palermo che per anni, a Trento, aveva indagato sul traffico internazionale di armi), trafficanti di guerra. A carico della .Valsella» ci sarebbero due distinte vendite di mine, entrambe con il sistema della triangolazione. La prima effettuata nella seconda metà dell'86 con la Nigeria attraverso una società svizzera; la seconda (il contratto è in corso) con la •Boviga Sa» di Barcellona. In entrambi i casi la documentazione della «Valsella. (e cioè il certificato di «enduse», di destinazione finale della commessa, prescritto per legge) sarebbe perfettamente regolare. Ma, ha detto ieri in una conferenza stampa alla procura di Massa il dott. Lama, -abbiamo le prove della consapevolezza dell'azienda bresciana che la vera destinazione dei carichi era la Siria». Che tipo di prove? 'Intercettazioni telefoniche e do¬ cumenti; ha risposto Lama. Ed è proprio dalla gran quantità di registrazioni e dì documenti, raccolti in un anno di indagini dal magistrato insieme ai carabinieri del Gruppo di La Spezia, che il magistrato ha costruito la sua inchiesta e disegnato la tela di un traffico a doppio senso Italia-Libano-Italia in cui entrano anche la droga e le armi destinate a gruppi terroristici filoarabi (Lama ha fatto un riferimento, più ipotetico che dimostrato, ai seguaci di Abu Nidal). Una rete che fino a pochi giorni fa era disegnata più sulla carta che nella realtà. Ma che il sequestro della nave-cargo libanese «Boustani One» avvenuto domenica notte a Bari (con il suo carico di bazooka anticarro, lanciagranate, missili antielicottero. eroina e hashish) avrebbe dimostrato essere vero. Mentre i carabinieri sequestravano la nave, Aldo Anghessa, 45 anni, factotum della società di importexport Eurogross di Massa, e uomo al centro dell'intrigo, fuggiva precipitosamente da una stanza dell'Hotel Maje- stic di Bari. Come nel più scontato dei «gialli». Anghessa ha lasciato in albergo una valigia piena di documenti che riguardano anche la «Valsella». ordini di accreditamento a favore della società in una banca di Zurigo (Lama sta pensando di accusare i vertici di Brescia anche di reati fiscali e valutari), le prove dei rapporti con l'intermediario spagnolo con cui è in corso il contratto per l'invio delle mine. • E' da giugno che aspettavamo quella nave a La Spezia-, ha confidato ieri Lama spiegando poi che i navigli simili alla «Boustani» sarebbero sette, otto, tutti di proprietà di due armatori greci, con equipaggi libanesi («In mezzo ai quali potrebbe anche celarsi qualche terrorista*, ha aggiunto Lama), con nomi e documenti intercambiabili. il cargo di Bari è stato bloccato come «Boustani» con bandiera libanese, ma Cesare Martinetti (Continua a pagina 2 In settima colonna)