I nostri soldi di Mario Salvatorelli

I nostri soldi I nostri soldi di Mario Salvatorelli «Sono vedova da due anni, pensionata da dieci quale professoressa di lettere, non ho figli e ho 75 anni. Vendessi l'alloggio per acquistarne uno meno costoso come manutenzione, potrei forse farcela, ma per l'età e una certa invalidità alle gambe non ho la forza di fare il trasloco e sono costretta a pagare una colf, convivente, con gran parte della mia pensione che è di un milione 96.640 lire mensili. Vivo da 35 anni nella stessa zona, il che mi aiuta ad attenuare la grande solitudine». Dopo questo spaccato d'una vita al tramonto, che auguro lungo e, come ben ritengo possibile, sereno, la signora D.F., di Torino, che firma, ma cortesemente chiede di omettere il nome «per molte ragioni», passa all'aspetto «finanziario» della sua situazione. «Ho qualcosa da parte, confida, in Cct e Btp, al cui reddito ricorro, ma che va decrescendo. Forse, in seguito a una vendita, potrò realizzare 40 milioni. Ecco le mie domande: 1) i suddetti devo ancora impiegarli in Cct o in un fondo bilanciato propostomi? 2) Ho 100 azioni (segue il nome, ndr); venderle o tenerle? 3) Ho 15 monete d'oro Krugerrand (scese di valore rispetto al passato) e un lingotto d'oro di un chilo: devo vendere o tenere tutto questo?». Anche questo è uno «spaccato» di ciò che si potrebbe considerare il risparmio medio delle famiglie italiane, quanto meno della maggioranza di esse: l'appartamento di proprietà, una certa somma in titoli di Stato, un po' di azioni e un po' di tesaurizzazione in quelli che un tempo venivano considerati «beni rifugio», oro e monete d'oro, ma che ancor oggi possono contare su vaste schiere di fedelissimi. All'insegnante, però, considerando che la pensione non le basta per vivere, consiglierei di realizzare le attività che non le rendono, comprese quelle azioni, aggiungere il ricavato, che complessivamente dovrebbe aggirarsi sui 30 milioni, a quei 40 che si attende da una vendita, e investire il tutto in Cct. Attualmente, per l'oro è un buon momento, e la signora ha già perso abbastanza, tra redditi mancati e ribasso del valore capitale, per attendere rialzi, sempre possìbili, ma non certi, come lo sono invece i redditi dei titoli di Stato. E' vero che — come lamenta la lettrice — sono diminuiti, ma in valore nominale, mentre in termini reali, al netto dell'inflazione, oggi sono alti come mai in passato. In ogni caso, i Cct hanno le future cedole indicizzate al rendimento dei Bot, i titoli più pronti ad adeguarsi, come abbiamo visto negli ultimi tempi, ai sussulti dell'inflazione. A proposito di tìtoli di Stato, cioè di debito pubblico, c'è il signor L.B. (lettera firmata) di Montcgranaro (Ascoli Piceno), che vorrebbe avere «una chiara informazione» sui buoni postali fruttìferi. «Poiché tali buoni. scrive il lettore, sono emessi dall'amministrazione postale (amministrazione statale), può lo Stato, in caso di necessità, trasformarli in titoli del debito pubblico consolidato, come ha fatto qualche volta nel passato con i buoni del Tesoro? Ho interpellato sull'argomento ben tre esperti del mio Comune, ma non ho avuto una risposta soddisfacente». La raccolta dell'amministrazione postale (libretti di risparmio e buoni fruttiferi) concorre già alla copertura del fabbisogno del settore pubblico, e, pertanto, figura nella consistenza, cioè nell'ammontare complessivo del debito pubblico, con la notevole cifra, a fine '86, di 70.787 miliardi di lire. Lo Stato, quindi, non ha alcun bisogno di trasformare i buoni postali in titoli del Tesoro, per i quali, in ogni caso, si guarda bene di pensare a un «consolidamento», e proprio perché ha l'assoluta necessità di ricorrere al risparmio privato, sia per coprire il disavanzo annuo dei suoi conti, sia per reintegrare i titoli che man mano vengono a scadere. Lo si è già detto e ridetto, in tutte le occasioni e a tutti i livelli di «autorevolezza»: fino a che lo Stato dovrà attingere dal mercato centinaia di migliaijt di miliardi l'anno, è fuori da ogni possibilità un consolidamento del debito pubblico, e cioè il rinvio delle scadenze dei tìtoli a tempo indetcrminato, con il blocco dei rimborsi, ma fatto salvo, ovviamente, il regolare pagamento degl'interessi. La Cassa Depositi e Prestiti, «braccio» ricevente e pagante della raccolta postale, continuerà a svolgere i suoi compiti, ai quali si è aggiunto, ora, quello di versare al ministero delle Finanze la quota degl'interessi che gli spetta, e cioè l'imposta. Vendere o non vendere le azioni?

Luoghi citati: Ascoli Piceno, Torino