Troppe tasse non scrivo più

Troppe tasse non scrivo più Troppe tasse non scrivo più UNA corrispondenza del Seu York Times da Washington dava notizia, giorni fa, di una singolare controversia che oppone gli scrittori americani al Congresso. La nuova legge fiscale vieta infatti a chi fa mestiere di scrittura di portare in detrazione le spese sostenute per ricerca e documentazione; o, per rsscre più precisi, rimanda le detrazioni al momento della pubblicazione. Pare che, fissando questo limite, la legge americana intendesse colpire soprattutto le grandi corporations, che nei loro bilanci usano gonfiare artificialmente le spese di ricerca. Gli scrittori indipendenti, che lavorano solo per se stessi, sono dunque finiti accidentalmente in una rete stesa per altri, e l'hanno presa malissimo. Di qui la loro decisione di unirsi per premere sul Congresso con tutti i mezzi disponibili, e di far scendere in campo i campioni più rappresentativi. Cosi hanno cominciato a levarsi voci di preoccupazione e di sdegno: qui si finirà per rendere impossibile ogni attività «cari va! «Se le cose stanno così — è sbottato William L. Shirer, l'autore della famosa Storia del Terzo Retch — mando all'aria il mio nuovo lavoro su Tolstoj. Smetto di scrivere. Vorrà dire che mi cercherò un altro lavoro per campare alla meno peggio». * * Quella che si va insomma delineando è dunque una minaccia di sciopero degli autori, ulteriormente inviperiti dal fatto che per il momento il Congresso non sembra molto impressionato dalle loro querimonie. D'altra parte è nota la meticolosità professionale con la quale gli scrittori americani, siano essi narratori, divulgatori o saggisti, si documentano con grande profusione di investimenti: lunghi sog¬ giorni sul campo, magari di anni; puntigliosi scavi in archivio, centinaia di interviste, e figurarsi poi adesso con tutti i mirabolanti sussidi elettronici che ci sono. Dal nostro sperduto angolo dell'Impero, dovremmo guardare a queste notizie, che presuppongono un mercato ben pasciuto e contribuenti ricchissimi, con mesta invidia. Ma quale errore sarebbe dolersi della nostra condizione subalterna e marginale di figli di un dio minore. E' già un bel vantaggio ricavare così modesti guadagni dall'attività scrirtoria da non artirarc l'attenzione di un fisco che spara nel mucchio, qual è il nostro: come dice Montale, è il colore del topo qjello che vince. * ★ E poi che meraviglia non essere costretti a ricorrere all'arma spuntata e obsoleta dello sciopero, facendo ridere tutto il Paese, e correndo il rischio di beccarsi un micidiale corsivo di Frutterò & Lucentini. Che scelta prudente rinunciare a viaggi in Paesi ad alto fischio, e fermarsi invece alla più vicina stazione termale per premiare per la terza o quarta volta lo stesso libro. Che gran fortuna essere scrittore in Italia, cioè appartenere a una specie in via di estinzione, come la foca monaca o il gipeto barbuto: per i prossimi cinquantanni almeno sono assicurate leggi speciali, sussidi, previdenze, prebende, sinecure, assunzioni in enti parastatali e commesse di assessori, e poi mostre, musei, tavole rotonde, convegni, seminari, cioè un giro di miliardi con cui campare decorosamente. Vengano da noi, Shirer e gli altri scrittori in rivolta: gli faremo vedere che cosa è un Paese veramente moderno, che guarda al Duemila nutrendosi di «come erava- Ernesto Ferrerò

Persone citate: Lucentini, Montale, Shirer, Tolstoj, William L. Shirer

Luoghi citati: Italia, Washington