Torna a Parma Arturo delle battaglie

APERTA LA MOSTRA SU TOSCANINI, CHE GIRERÀ' MEZZO MONDO APERTA LA MOSTRA SU TOSCANINI, CHE GIRERÀ' MEZZO MONDO Torna a Parma Arturo delle battaglie PARMA — Il rio Parma divide la città in due settori alquanto diversi: da un lato le architetture superbe della Steccata, del Duomo, del teatro Regio, dei palazzi antichi; dall'altro un ammucchiarsi di casette dimesse, su stradine strette e tortuose. Cominciò tutto qui più di un secolo fa col sarto-garibaldino Claudio Toscanini che una notte del 186S salta giù dalla tradotta diretta al fronte allorché raggiunge Parma. Il figlio illustre rievocava: «E' andato a casa a dormire con mia madre... Era saltato giù dal treno per farmi nascere». i4rfuro Toscanini nacque infatti il 25 marzo 1867 in una di quelle modeste casette, dove ancor oggi si può vedere il ritratto di quel fiero garibaldino che campeggia in mezzo a una babele di cimeli musicali. Era alquanto malandata, piena di polvere e naturalmente gelida quella casa natale quando la vidi per la prima volta un po' di anni fa in una mattina d'inverno, ma sabato mattina con un bel sole d'estate la casa-museo appariva completamente trasformata. Un bel restauro l'aveva resa linda e accogliente e di II è partita la gran giornata delle celebrazioni che Parma ha rivolto al suo Toscanini, a centovent'anni dalla nascita e a trenta dalla morte. Ma la cosa più simpatica è che queste cetebrazioni, alla cui organizzazione hanno recato il loro contributo istituzioni di mezzo mondo, siano state volte e organizzate da un organismo musicale nel quale si può riconoscere il più autentico erede spirituale di Toscanini, ovvero da quell'orchestra sinfonica dell'Emilia-Romagna che porta il nome di Arturo Toscanini. Il ragazzo musicista che studiava il violoncello nell'antico convento dei Carmelitani abbandonò presto quella casa del borgo San Giacomo e la sua carriera spiccò un volo così alto che oggi a raccoglierne le memorie sono appena sufficienti gli immensi spasti del teatro Palestina, 1938. Arturo Toscanini alla prova generale del primo concerto di quella che più tardi si sarebbe chiamala Orchestra Filarmonica d'Israele, in questi giorni in Italia col suo direttore Zubin Mehta. Toscanini stringe le mani di Bronislaw Huberman, fondatore del prestigioso complesso farnese. Qui infatti è situata la grandiosa mostra che il musicologo canadese Harvey Sachs ha allestito per conto dell'Orchestra Toscanini ed è un magnifico segno di vitalità che la mostra sia stata allestita proprio mentre il teatro ospita l'orchestra impegnata nelle prove per il concorso internazionale di direzione d'orchestra *Arturo Toscanini». Mentre sul podio si alternavano giovani direttori provenienti da Germania, Giappone, Stati Uniti, da Vienna, Hong Kong, Roma, gli inservienti in punta di piedi andavano e venivano appendendo alle pareti un pannello dopo l'altro. Al suono dell'Eroica, di Beethoven e della Seconda di Schumann si componevano così i tasselli che disegnano il mosaico di una carriera leggendaria. Non tutta la carriera, ma quella sviluppatasi dal 1915 al 1946. All'inizio di questo periodo Toscanini aveva 48 anni ed era considerato uno dei più grandi direttori d'orchestra viventi; naturale quindi che non solo l'esercizio della sua arte ma anche le dichiarazioni e i comportamenti avessero una vastissima risonanza. Con l'entrata in guerra dell'Italia cominciano dunque gli anni travagliati delle responsabilità civili e politiche durante i quali Toscanini avrebbe dimostrato di che tempra, non solo musicale, era fatto il figlio del garibaldino. Fu interventista convinta: come poteva non esserlo il figlio di un combattente delle campagne risorgimentali? E così lo vediamo dirigere la della polizia si riempiono di rapporti e dei verbali delle intercettazioni telefoniche ma Toscanini non molla: di inni fascisti, marce reali e • natali» di Roma non vuol sentir parlare, piuttosto che trasformare una serata alla Scala in una parata di regime, è capace di sostituirla all'ultimo momento con una prova. Così si arriva a quella sera del 1931 a Bologna quando il ventiseienne Leo Longanesi prende a schiaffi il maestro sessantaquattrenne, ma irriducibile. L'intransigenza di Toscanini continua ad accumulare rotture che echeggiano nel mondo intero: addio al Festival di Bayreuth dopo l'avv ito al potere di Hitler, addio a Vienna dopo l'Anschluss. Per il maestro celebre nel mondo intero resta solo l'America, ma anche qui il musicista esule non cede un palmo dt.la sua italianissima grinta; si iscrive alla •Mazzini Society- e rilascia dichiarazioni di fuoco ai più autorevoli giornali sulle vergogne politiche dell'Italia. Pubblico e privato coincidono assolutamente nella sua intransigenza: possono essere le colonne di Life o le righe di una lettera a un'amante d'altri tempi dove con uguale intensità risuonano gli accenti della vergogna e del rimprovero e, bene inteso, nessun compromesso con l'Italia badogliana e monarchica. Le lettere scambiate con il conte Carlo Sforza lo dimostrano in maniera lampante. Nel 1946 dopo l'annuncio del referendum istituzionale Toscanini sente di poter tornare in Italia e sarà per 11naugurazione della ricostruita Scala. Con queste immagini di rinnovamento della società italiana si chiude l'itinerario di questa mostra molto opportunamente intitolata -L'arte all'ombra della politica-. Ma siamo solo all'inizio perché, dopo aver sostato a Parma, la mostra si trasferirà a New York per fare quindi il giro di mezzo mondo. banda militare nei pressi del fronte senza perdere d'occhio tuttavia la più raffinata cultura musicale. Tra i programmi di quel tempo figurano infatti rarità come La demoiselle élue di Debussy o Petrouschka di Stravinski. Negli anni inquieti del dopoguerra Toscanini fa la sua rivoluzione musicale prendendo la direzione artìstica della Scala. Via i palchettisti, i mecenati e tutte le fruste abitudini del secolo precedente; la Scala diventa un teatro moderno e il pubblico si deve adeguare a questa rivoluzione. Da luogo di svago il teatro si trasforma in prestigiosa sede di cultura. Sullo sfondo di questa operosità perseguita con volontà ferrea le incomprensioni e i contrasti sempre crescenti col regime fascista. I dossier Renzo Restagno