«L'Adda ha preso la strada giusta» di Giovanni Arpino

La tracimazione forzata per ora funziona: «il 40 per cento dei rischi è superato» La tracimazione forzata per ora funziona: «il 40 per cento dei rischi è superato» «L'Adda ha preso la strada giusta» Caro Salgari, vorrei.» Messaggio di Gi Entro stasera l'acqua dovrebbe rientrare nell'alveo del fiume - Ansia per gli sfollati: dal successa dell'operazione dipende il loro rientro nelle case - Soddisfazione dei tecnici Stampa Sera continua la pubblicazione a puntate de «Le tigri di Mompracem» di Emilio Salgari. Abbiamo chiesto a Giovanni Arpino. autore di una fra le più belle biografie dedicate allo scrittore, questa lettera a Salgari. Caro Emilio Salgari, caro capitano, o dovrei e potrei chiamarti "Vecchio mio.? Mi invitano a scriverti questa lettera, un -messaggio '87. che posso spedire solo infilandolo in una bottiglia, naturalmente del tuo marsala preferito, e affidarlo alle onde. Quali onde? Del Mediterraneo inquinatissimo? Del Golfo Persico minato? Del Canale di Panama disputato? Dei mari del Nord dove sotto le acque navigarlo sommergibili atomici di ogni bandiera? Non lo so. Come direbbe il nostro amico Yanez: • Quien sabe?», accendendo di nascosto l'ennesima sigaretta per non farsi scoprire da -verdi» e salutisti. Non lo so, anche se posso immaginare il tuo dilemma: da quale tolda sporgersi? Da un dragamine inglese in viaggio per il Kuwait o da un motoscafo dei »pasdaran» iraniani che spiano i convogli petroliferi? Stavolta saresti nei guai grossi, vecchio mio. Anche se in fatto di scelte più o meno terzomondiste ti sei sempre dimostrato rapido, paure, di allarmi, di incognite. Ma è stata une domenica che a sera ha portato speranze, sorrisi, ottimismo dichiarato con prudenza. All'alba — erano le cinque — Lunardi e i geologi Michele Presbitero e Maurizio Azzola avevano l'appuntamento con l'elicottero. Mezz'ora dopo erano in riva al lago, 11 dove l'acqua era pronta a scendere, a entrare nella lavorare sotto il rischio, erano sulla frana. Con la pressione dei 32 metri cubi liberati dalla centrale Aem di Premadlo, il lago va a valle. Ma incontra l'alveo scavato dagli operai della Cariboni, l'acqua si ferma, entra in un avvallamento che è alto 6 metri. Si forma un nuovo e piccolissimo lago. E si alza, l'acqua non scende più, si ferma a 150 metri dal lago: diga. Alle 6,30 l'acqua è arrivata al limite. Alle nove esatte un rigagnolo s'è fatte strada. Mezzo metro al minuto. Un rigagnolo che s'allarga in fretta; alle 9,05 è già un torrente. E' andata alla perfezione, avevano previsto tutto: "Al millimetro», come dice il prefetto Giuseppe Piccolo. Tre enormi ruspe della •Cariboni., l'unica società rimasta a DAL NOSTRO INVIATO SONDRIO — L'acqua scende lenta, si ferma, s'infiltra, poi riprende a scendere e si ferma ancora. Forse oggi arriverà a valle, rientrerà nel letto dell'Adda. Acqua che si fa strada nella frana, nella diga che è una montagna russa, più di due chilometri di saliscendi e dune. Tutto bene, finora. Tutto bene dalle sei di ieri mattina. 'Tutto secondo le migliori previsioni — dice il ministro della Protezione Civile, Remo Qaspari — ma non significa niente», «7o sono tranquillo", assicura Pietro Lunardi, che è il vice presidente della commissione di esperti. E sorride. • L'Adda ha preso la strada giusta., è un altro sorriso: questo di Cesare Sangiorgi, ispettore generale dei Vigili del fuoco. Dicono che 11 40% del rischio è superato. Rai 2, in diretta, ieri mattina ha mandato in onda le immagini del lago che scende. Immagini spettacolari e tremende. Continuano le frane, il lago resta sotto la minaccia di pietre che sono macigni. Potrebbero crollare in qualunque momento. 'Come sempre, come dal 28 luglio, il giorno della frana che ha sepolto Sant'Antonio Morignone e creato la diga, il pericolo è nella montagna», ripete Lunardi. E' stata una domenica di -Bisogna farlo scendere subito.. E' stato, questo, il momento più difficile della giornata. «Ci siamo resi conto che l'acqua si infiltrava nella diga — racconta Lunardi — Ci è venuto il dubbio, il forte dubbio che si formasse un fenomeno simile ai torrenti carsici, con l'acqua che scompare per riapparire più a valle. Abbiamo chiesto l'intervento di Cariboni». Paride Cariboni, che ha 77 anni, è arrivato con tre operai. Hanno scavato ancora, hanno rischiato ancora e l'acqua alle tre del pomeriggio è tornata a scendere. Giù per altri 80 metri, una curva a gomito scavata per rallentare la velocità di discesa. Alle quattro del pomeriggio, sull'elicotterino «Volpe 105» della Guardia di Finanza, si vedono le ruspe che insistono a scavare. Adesso scendono e hanno acqua e sassi attorno. Pilotano quella che i tecnici chiamano «tracimazione>. Il torrente s'ingrossa, prende velocità Il comandante Franco Ceccarlni scende di quota, s'abbassa su frana e acqua. E' un torrente che si allarga, spinge il fango e le pietre. Gli operai della Cariboni portano le ruspe in salvo. Gino Baruffi, 37 anni, è l'ulGiovanni Cerniti (Segue a pag. 8-4' col.) iracondo, velleitario e partigiano. Forse ci manchi proprio per simili ragioni: tu sì che eri un decisionista, e non solo a parole, anche se mai sei riuscito a mettere il naso fuori del tuo stambugio nell'Oltrepò torinese. Giuro che mi piacerebbe incontrarti in qualche osteria .bohémienne» e disputare con te dei nostri problemi, ora minuscoli e ora immani. Non ci negheresti il tuo furibondo parere, invitandoci a lottare. Per chi e cosa? Non importa: lottare. Cosi come v'è stata gente dedita all'arte per l'arte, tu sognavi lotta per lotta, una dimensione che nei nostri giorni attuali riguarda solo i finanzieri rampanti e gli operatori di Borsa. Hai qualche divinità indiana che ti protegge: infatti nessuno di noi ti vorrebbe ministro per la Protezione civile. Però, come sindaco, un .periodo sandokaniano» te lo vedo gestir bene. Firmeresti tonnellate di scartoffie col mkriss» malese e probabilmente, in piedi sulla nuova struttura alta cinque metri che sta per alzarsi in via Roma, cioè nella Torino anche tua (almeno un po') lanceresti ululati da far tremare il Monte dei Cappuccini, doverosamente ingabbiato. E trasformeresti il .meccano» da quarantamila chilogrammi in un •praho., ultimo gioco a cui manca — a parer di molti — una prua a forma di allusiva ghigliottina. Tu affrontavi il mondo. Per noi è diventato difficile attraversare una strada. Tu uccidevi, scotennavi, massacravi, invocavi ora sacra giustizia e ora atroce vendetta, noi temiamo salire su un tram notturno e inventiamo i .pentiti., veniamo a patti con chicchessia. Tu pregavi il Cielo, qualsiasi tipo di Cielo nostrano o atlantico o indù, noi ci pieghiamo alle tavole rotonde, al dibattito, rilasciamo dichiarazioni e interviste per poi smentirle. Se incontrassimo un vero tigrotto della Malesia daremmo subito il via a chissà quale nuovo, grande .esodo», terrorizzati. Beato te. vecchio mio: ti ha protetto — in una certa misura — persino l'indigenza. Oggi, per tirarti su, qualche manager editoriale pubblicherebbe il tuo .Corsaro Nero, in plastica gonfiabile e ti schiafferebbe davanti a una telecamera a strillare come un coyote in versione rock. Non so se tu possa godere della condizione di spettro. In questo caso, non badare a noi. Del tuo furente, magnifico mondo sono rimasti solo i .sikh» indiani, che non inoliano nemmeno se gli spari. Ora puoi finalmente Hdere di tutto. Ma non del mio fraterno abbraccio. Giovanni Arpino

Luoghi citati: Kuwait, Malesia, Panama, Sondrio