Record storico di Johnson (9 "33)Damilano conquista l'oro nella marcia di Gianni Romeo

Reagan e Gorbaciov vogliono concludere Reagan e Gorbaciov vogliono concludere Fretta di pace Emozioni a Roma nei Mondiali di atletica con eccezionali imprese nei 100 e nel salto in alto Record storico di Johnson (9"33) Damiiano conquista l'oro nella marcia Primato che durerà Ormai siamo ai dettagli, alle rifiniture: gli ultimi due ostacoli sono saltati, la strada del grande accordo nucleare è sgombra e soltanto sviluppi, al momento imprevedibili, potrebbero di nuovo bloccarla. Il ritmo di avvicinamento alla storica firma si fa incalzante. Fra tre settimane George Shultz riceve a New York Eduard Shevardnadze: tocca ai due ministri coronare di una sintesi politica, mettendo a punto forme e protocolli, le lunghe fatiche dei negoziatori. Poi, a ottobre o novembre, il terzo incontro fra Ronald Reagan c Mikhail Gorbaciov. Dopo le speranze di Ginevra 1985, dopo le delusioni di Reykjavik 1986, gli «imperatori» d'Oriente e d'Occidente avranno finalmente qualcosa di concreto da offrire al mondo. Quello che si sta perfezionando è il primo sostanziale accordo di disarmo dell'era atomica. Non elimina la minaccia nucleare, ma toglie di mezzo quei sistemi di portata intermedia, fra i 500 e i 5000 chilometri, che nell'ultimo decennio hanno reso così traballanti gli equilibri Est-Ovest Né l'intesa c limitata all'Europa, ma abbraccia il mondo intero: ciò che la rende non soltanto più completa, ma anche più facilmente verificabile. Certo 6 una sfida, la novità è traumatica e pone problemi nuovi: fino a quando non ci sarà l'auspicabile ricaduta di questa intesa sugli altri negoziati di disarmo, avremo in Europa uno squilibrio strategico a vantaggio dell'Est. L'ascesa e caduta dei missili intermedi è una vicenda per certi aspetti paradossale. Ricordate la prima opzione zero, quella proposta da Reagan? Era il 1981 e agli «SS-20», che i russi stavano installando in Europa Orientale, l'Occidente si apprestava a rispondere con i «Pershing 2» e con i «Tomahawk». Ma intanto suggeriva: e se tornassimo al punto di partenza? Casella zero, appunto: opzione zero. Ma l'Occidente ci credeva davvero? Forse no, ma niente paura: non c'era ancora, dall'altra parte, un Gorbaciov pronto a rilanciarla come propria. Il rilancio è di pochi mesi fa e assume la forma di doppia opzione zero. Non si limita alle armi intermedie di più lunga gittata, comprende anche quelle di raggio inferiore ai 1000 chilometri. E' una concessione sovietica: perché quelle armi le hanno soltanto loro, non figurano nell'arsenale americano. A parte quelle 72 testate dei «Pershing la». Ecco, questo è uno degli ostacoli rimossi all'ultima ora. Quelle testate sono bombe da venti kiloton, formato Hiroshima: e sono destinate a missili non americani, ma tedeschi. I tedeschi, preoccupati di scoprire il fianco di fronte alle straripanti annate dell'Est, proda mano che i «Pershing» non si toccano. Così gli americani tengono duro su quel punto: i sistemi di appartenenza mista non sono negoziabili. E' un paradosso fra i tanti: alcune decine di vecchi missili vicini alla pensione sbarrano la via all'accordo del secolo. Convergono su Bonn le arcigne pressioni sovietiche, le più discrete pressioni americane: e alla fine il cancelliere Helmut Kohl capisce che non può resistere. Conserveremo quei missili finché avranno fiato, annuncia: a quel punto, nel '91, se l'accordo sulle armi intermedie sarà entrato in vigore, la Germania rinuncerà alla loro sostituzione con arnesi più moderni. Contemporaneamente Reagan rimuove il secondo ostacolo. Riguarda il capitolo delle verifiche. Poiché i sistemi di cui si tratta sono mobili, e di dimensioni ridotte, la verifica è complessa, e richiede ispezioni sul posto. Ai russi questa storia delle ispezioni sul posto non va proprio giù: e l'America insiste su controlli senza preavviso. E' proprio qui che Reagan cede: controlli si, ma con preavviso, sia pure di pochi giorni. Ansioso di concludere, il presidente affronta un consapevole rischio politico. Non c privo di problemi, infatti, il dopo-accordo. C'è in America il partito dei falchi, che accusano Reagan perché si fiderebbe troppo dei russi in fatto di verifiche. E al tempo stesso sono irritati per la decisione di Kohl, certo coordinata con la Casa Bianca Costoro pensano che sui «Pershing la» si doveva tener duro, alla fine sarebbero stati i russi a cedere. Ma Reagan non ha tanto tempo a disposizione. Ancora 17 mesi di presidenza, ma soprattutto una gran fretta di uscire dal cono d'ombra dell'«Irangate», di concludere il doppio mandato con un anno di potere in piena luce, nella gloria che compete all'esorcista dello spettro nucleare. Anche Gorbaciov ha fretta. Non lo premono scadenze di mandato, ma due potenti motivazioni. Vuole anche lui, come Reagan, l'aureola dell'uomo di pace. Quale migliore occasione di questo '87 in cui si celebrano i settantanni della rivoluzione sovietica? Inoltre Gorbaciov non fa mistero di un proposito più concreto e non meno ambizioso. I suoi programmi di riforme sono costosissimi e le risorse sono poche. Ma c'è una miniera inesauribile, le spese militari: perché non attingere a quel pozzo divoratore di ricchezza? Cosi il disarmo serve doppiamente la pace: la garantisce riducendo la minaccia, la rende vivibile finanziando lo sviluppo. Alfredo Venturi La bulgara Kostadinova (2 metri e 9) batte di 1 centimetro il proprio record - Nei campionari ROMA — La più straordinaria giornata nella storia dell'atletica leggera si è consumata ieri, all'Olimpico di Roma, in poco più di 40 minuti: alle 18,40 il canadese (di origine giamaicana) Ben Johnson ha corso i 100 metri in 9"83 ritoccando di un decimo il precedente primato mondiale (9"93): un'impresa che fa storia nello sport. Johnson, davanti a un miliardo di persone incollate alla tv, ha detronizzato Cari Lewis, un re capace di perdere nel migliore dei modi: eguagliando, cioè, il vecchio limite iridato. Poco dopo, alle 18.53, la bulgara Stefka Kostadinova ha migliorato di un altro centimetro il suo primato del mondo nel salto in alto, salendo a 2 metri e 9 centimetri. Ci è riuscita a conclusione di una lunga, esaltante sfida con la sovietica Bikova, dopo aver rischiato di abbattere l'asticella a 2.04 e aver piegato la rivale alla misura di 2,06. Poteva bastare. E invece, 28 minuti più tardi, Maurizio Damiiano, piemontese di Scarnafigi, si è affermato nei 20 km di marcia rinverdendo le imprese dei Pamich. dei Dordoni, dei Frigerio ed anche del suo oro di Mosca. Al quinto posto un altro azzurro, Mattioli. L'immagine del suo ingresso allo stadio resterà, nella leggenda e s'aggiunge alla pagina scritta sulla stessa pista da Berruti, giusto 27 anni fa. In questa splendida giornata s'inseriscono i successi delle nostre barche ai Mondiali di canottaggio, a Copenaghen: tre ori e cinque bronzi. Hanno vinto il «Due di coppia» e l'.Otto» nei pesi leggeri; hanno stravinto, per la quarta volta, i fratelli Giuseppe e Carmine Abbagnale. E ancora. Sulla pista di Vienna il tandem (Nicotti e Faccini) ha conquistato l'argento ai campionati mondiali su pista, ieri terminati a Vienna. E, per domenica, s'annunciano la formula 1 a Monza, il mondiale di ciclismo su strada in Austria e la maratona a Roma. ROMA — Ben Johnson, giamaicano naturalizzato canadese quando aveva 15 anni (ora ne ha 2<ì). è da ieri l'uomo più veloce della Terra Ha percorso i 100 metri della finale mondiale di Roma in 9"83, alla media oraria di km 36,622. Il precedente primato in tema di velocità per il veicolo uomo, trainalo soltanto dalle proprie gambe, apparteneva a Pietro Mennea, che nel 1979 a Città del Messico stabili il record mondiale dei 200 metri con 19"72, corrispondenti a una media di 36,511 km/h. Naturalmente in una gara di corsa si deve far conto con la fase di messa in moto, sempre faticosa. Ma lo stesso Johnson nel recente meeting di Zurigo era stato misurato, nel tratto fra i60ei90 metri, a 40250 km h. E Lewis, il suo grande rivale, ha già toccato i 42 orari. Il primo record accertato dei 100 metri venne stabilito dallo statunitense Lippincott ne! 1912 con 10"6. Il pri¬ di canottaggio tre ti ovanni Arpino toli per gli azzurri mo uomo a toccare i 10" netti fu il tedesco Hary nel 1960, e il primo a scendere sotto i 10" netti lo statunitense Hines nel 1968. Il record ultimo battuto ieri apparteneva all'altro statunitense Smith con 9"93. Il 9"83 elettronico realizzato da Johnson vale un 9"6 manuale e dunque in 75 anni l'uomo ha guadagnato nella sua sfida contro il tempo 1" esatto. In pratica Johnson staccherebbe l'anziano recordman, Lippincott, di una decina di metri. Questo primato, favorito soltanto da una leggera brezza (metri 0,95 di vento) è destinato a durare. Dieci, vent'anni, chissà. Si può paragonare alle più grandi imprese dell'atletica moderna: gli 8.90 metri di Beamon nel salto in lungo (Olimpiadi del Messico, 19 anni fa), ancora imbattuti; i 104.80 metri nel giavellotto del tedesco Hohn; il muro dei 6 metri nell'asta scavalcato dal sovietico Bu- bka. . . r> Gianni Romeo . . r> Gianni Romeo al «Capitano»