Xenakis con qualcosa di nuovo anzi d'antico

A Gibellina r«Oresteia» rivisitata da un grande musicista contemporaneo A Gibellina r«Oresteia» rivisitata da un grande musicista contemporaneo Xenakìs con qualcosa di nuovo anzi d'antico Oreste in maniche di camicia ed i cadaveri di Clitemnestra ed Egisto piazzati tra i ruderi con efficacia da neorealismo italiano. La storia è semplice e trasparente, ma le ombre del sacro si sviluppano tutto all'intorno: grandi fuochi crepitano nella notte, fiaccole lontane accendono riverberi tra le misteriose anse del paesaggio calcinato di Burri, i giganteschi cori si spostano come nere ondate e fiumane di comparse procedono in tutte le direzioni con solennità cerimoniale. Il vento capace di suscitare tutti quei fantasmi è dato però dalla musica dì Xenakis che reinventa l'antico con rara forza creatrice. Ha compiuto ricerche incredibilmente minuziose sull'antica musica greca Xenakis, per giungere alla conclusione che occorreva tutto reinventare partendo da pochi dati certi. Sistemi di tetracordi, suoni glissanti e micro-intervalli sono i pochi elementi di base sui quali la fantasìa inventiva di Xenakìs ricostruisce la sua immagine della Grecia. Niente di olimpico, di luminoso o marmoreo; la Grecia di Xenakis sta appena uscendo dall'oscurità della barbarie. E' tragica, primitiva, feroce e possiede un fortissimo sentimento del sacro. Flauti, oboi e clarinetti emettono suoni striduli, gravi e rauchi sono i suoni che nelle Eumenidi descrivono l'atmosfera dell'oracolo di Delfo e feroce addirittura lo strepito prodotto dalle percussioni. Le voci gemono, ululano, si torcono e nella profezia di Cassandra la voce del baritono spesso, più del dialogo tra la profetessa e il corifeo, sembra cimentarsi nella mimesi di quegli animali mitici dai quali discendono come in una metafora rovesciata gli stati d'animo. E tuttavia si tratta di una musica umana, dotata di una creaturalità viva e incandescente, piena di vitalissime scorie. Il suono lustro e ben tornito appartiene ad altre epoche che U finale delle Eumenidi, col suo timido proporre una giustizia non più ancestrale ma solo umana, intravede appena. portamento umano che si ripete attraverso la storia e le culture, cosi la tragica storia degli Atridi diventa, senza nulla perdere della sua immensa profondità, un dramma paesano tra contadini di Sicilia e gli abitanti di Gibellina possono efficacemente trasformarsi nelle pietre vive del gigantesco scenario eschileo. Bastano pochi tocchi simbolici a rendere possibile tale trasformazione: la statua di un toro posta su un rudere trasforma quella casa diroccata nel palazzo degli Atridi e alla fine una gessosa statua di Pallade sorgendo dall'oscurità varrà a placare la furia vendicatrice delle Erinni. Una storia paesana, dunque, con tanti contadini vestiti di nero, un GIBELLINA — Gibellina non dista molto da Gela, dove venticinque secoli fa fu sepolto Eschilo: Iannis Xenakis fa notare questa coincidenza nella prefazione al Monologo di Cassandra che lui ha scritto per il Festival delle Orestiadi di Gibellina. Raramente una città morta torna a far parlare di sé, ma il terremoto che distrusse Gibellina vent'anni or sono fu il principio di una storia che sempre di più appassiona. Sorgeva in una conca tra montagne deserte ed aspre l'antica Gibellina. ma dopo la distruzione si decise di rifondarla più lontano, a valle, facendone una città con una speciale vocazione spirituale. Sculture modernissime sorgono ad ogni incrocio di strada nella nuova Gibellina, ma l'aspetto più straordinario di questi anni vissuti dopo la catastrofe sta nel rapporto con i ruderi della città distrutta. Un'immensa colata di cemento, regolata dall'estro di Burri, ha ricoperto le macerie creando uno scenario strano e misterioso, una specie di candido e surreale fondo marino. Qui ogni anno si celebra il Festival delle Orestiadi, un festival molto rituale al quale partecipa l'Intera popolazione come se si trattasse di un'antica, sacra rappresentazione. Quest'anno il Festival ha voluto scoprire radici antichissime, capaci di giungere fino alla tomba di Eschilo, allestendo nell'anfiteatro tra 1 ruderi YOresteia di Xenakis con la regia di Iannis Kokkos. Nel 1966 per un Festival del Teatro Greco tenutosi a Ypsilanti nel Michigan. Xenakis aveva composto le musiche di scena per l'Oresreia di Eschilo. In cento minuti di musica Xenakis proponeva allora un commento musicale al capolavoro del teatro greco antico firmato da un greco moderno e da quella vasta partitura ricavava poco dopo una più agile suite che conservava la forma tripartita implicita nell'impianto della Trilogia. Dall'Agamennone, dalle Coefore e dalle Eumenidi veniva estratta una ben calcolata antologia di testi destinati ad essere intonati da tre cori, uno maschile, uno femminile e uno infantile, sostenuti e inframmezzati da parti strumentali affidate a un'orchestra da camera dotata di timbri alquanto inconsueti. La versione proposta a Gibellina differisce qua e là in qualche dettaglio rispetto alla suite di vent'anni fa; una parte totalmente nuova è data invece dalla grande scena della profezia di Cassandra tratta dai versi dell'Agamennone ed affidata alla voce di un baritono accompagnato da un percussionista. La fondamentale novità è data però dalla reintroduzione dell'elemento spettacolare curato dalla regia di Iannis Kokkos. L'Oresteia di Eschilo è un mito molto realistico, praticamente l'archetipo di un com¬ A 55 anni al Forlanini di Roma