C'è Marx in plaza de toros di Giovanni Perego

C'è Marx in plaza de toros C'è Marx in plaza de toros BARCELLONA — Quarantanni fa, un giorno di fine agosto, nella Spagna affamata, stremata dalla guerra civile, a Linares. in Andalusia, il toro Islero. possente e astuto, riusciva a vibrare una cornata laterale e a cogliere Manolete all'inguine, troncandogli la femorale. Il quarantesimo anniversario della morte di Manolete ha riacceso in Spagna l'annuale discussione estiva sui riti crudeli delle feste popolari e sulla corrida soprattutto. Nella discussione, tuttavia, quest'anno c'è del nuovo. Normalmente la corrida e i riti raccapriccianti di certe fiestas (polli, conigli, colombi appesi vivi agli alberi e ammazzati a sassate a Ronda, in quel di Malaga, combattimenti di galli nelle Asturie, nel Cantabrìco. a Huelva e a Cadice, tori con torce accese infisse nelle corna che corrono terrorizzati fino a cader morti di schianto in numerose località delle province di Soria, di Saragozza, di Castellòn, di Valencia) sono difesi da illustri antropologi ed etnologi. Essi sostengono che .nelle loro origini, molte di queste feste, hanno il carattere di sacrifici rituali. Sono pratiche precristiane che esistono in tutti i Paesi romanici e con le quali la comunità offriva riti espiatori per liberarsi da mali più grandi*. O anche: «Esiste una componente di crudeltà di massa, una catarsi collettiva, Manolete quarantanni fa però questo non dà diritto alla critica. La morte dell'animale avviene soltanto in certe date, solo in un contesto e soltanto per mano degli iniziati». Più sottilmente, e in .nodo che a qualcuno può anche sembrare provocatorio, il professor Manuel Delgado, del dipartimento di antropologia culturale dell'università di Barcellona, afferma. «... Le prime vittime di ogni forma di dominio coloniale sono sempre stati i miti e i riti dei popoli colonizzati... I rituali spregiativamente chiamati folkloristici non sono l'espressione di un popolo, sono quel popolo stesso, che scompare quando essi scompaiono^. Come dire che chiedere l'abolizione di certe pratiche corrisponderebbe alla cancellazione stessa di entità nazionali e culturali. Le sparute associazioni protezionistiche spagnole, la società protettrice degli animali e delle piante, l'associazione per la difesa degli animali, il fronte di liberazione degli animali rispondono in genere cosi: «/ ragionamenti antropologici ed etnologici per giustificare il maltrattamento degli animali non servono, sono pura demagogia. La tradizione non conferisce validità a nulla. Nel secolo XIX si facevano lavorare nelle miniere i bambini di cinque anni, e nessuno ora sostiene che si tratta di una pratica da perpetuare. Anche lo schiavismo è stato una tradizione. Uno Stato di diritto e progressista non può giustificare la barbarie, il pubblico linciaggio di animali perché la gente si diverta*. Fin qui, la discussione rituale e annuale. Ma nei giorni scorsi una signora di Alicante, Maria Elena Valero, in una lettera a un quotidiano, ha introdotto la nota nuova: .Sul piano della teoria marxista, scrive la signora Valero, è perfettamente pertinente l'appoggio a questo tipo di manifestazioni della cultura popolare, abitualmente disprezzate dalla cultura dominante, soprattutto per quel che hanno d'indigerìbile in ordine all'addomesticamento capitali¬ stico del folklore. Comunque, per chiunque conosca il pensiero di Antonio Gramsci circa la resistenza culturale delle classi subalterne, questo tipo di argomenti risulteranno ovvi». E la signora Valero va avanti ricordando che la prima legge per la protezione degli animali fu varata dalla borghesia francese nel 1802, e non mancando di far menzione del carino di Hitler per gli animali, il quale Hitler, per quanto se ne sa, possedeva un pastore tedesco che aveva reso docile come una pecora a forza di nerbate e scosse elettriche. Il curioso intervento di Maria Elena Valero ha scatenato una valanga di lettere ai giornali: Citiamo qualche passo di una soltanto: .Abituati come siamo ai panegirici delle patrie essenze, a campane a martello goyesche..., a epiche tipo "sangre y arena", siamo di fronte a un nuovo argomento: essere per la corrida è marxista, e chi preferisce spettacoli più gentili, partecipativi ed ecologistici, è un sostenitore del "moderno Stato borghese". Sono cose, conclude lo scrivente, da "manuali di comunismo senza fatica e in quindici giorni"*. Intanto gli indipendentisti catalani di Terra Llure non alieni da bombe e attentati, ma niente a che fare con l'Età, vanno tracciando sui muri delle plazas de toros grandi scritte di .Basta con il sangue*. Giovanni Perego

Luoghi citati: Andalusia, Barcellona, Malaga, Spagna