Fiabe di Versilia e bombe di luce

Fiabe di Versilia e bombe di luce Fiabe di Versilia e bombe di luce SERAVEZZA (Lucca) — Versilia vergine e di fiaba. Era cosi, nel luglio 1907 Plinio Nomellini scriveva all'amico Galileo Chini di comprarsi un pezzo di quella terra per costruirvi una casa. La villa, dalle strutture Liberty, fu costruita dopo il 1914 nella pineta a pochi passi dal mare con un giardino esotico disegnato dallo stesso Chini. Oggi la possiamo rivedere al Lido di Camaiore. in via Roma, tra automobili e bicilette impazzite. Ma se ci lasciamo portare nel retro della casa da Paola, la nipote dell'artista che ancora la abita, ritroviamo tutto: il giardino, la serra diventata soggiorno e, in un padiglione, quadri, dipinti, bozzetti di Chini. Nella pensione, tra tavoli e concole d'insalata, ci sono anche i caratteristici pannelli orientali con cui il pittore aveva decorato le pareti. Un mondo lontano, di bellezza, tornato alla ribalta. A portarci su queste piste, alla ricerca curiosa d'un confronto con la realtà, sono i paesaggi versiliesi, dipinti da Galileo Chini dal 1899 al 1952, esposti sino al 20 settembre nel Palazzo Mediceo di Seravezza, un paese che si stende sotto le Apuane, non lontano dal Lido di Carnaiore. La serie, poco nota, è solo una parte di questa retrospettiva dedicata al grande artista Liberty, nato a Firenze nel 1873 e morto nel 1956. Ed è soltanto un aspetto della sua ben più larga e varia attività, rappresentata in mostra da 140 opere scelte tra i numerosi disegni, dipinti; scenografie, ceramiche. Ma l'intenzione era proprio quella di puntare il dito su una Versilia sconosciuta e Galileo Chini: «Albarello» (maiolidimenticata. Spiagge lisce, senza turisti, con poche capanne. Donne al sole con cappelloni e costumi castigati. Case rosa nel fitto della pineta. Distese di maree.fiumiciattoli. Ecco la Versilia di allora, che Galileo Chini aveva immortalato nei suoi quadri, dal primo Paesaggio marino In Versilia del 1899, ancora simbolista,- a uno degli ultimi, cupi e tristi, come i Ri¬ ca, 1896-98) esposta a Seravezza fiuti del mare del 1950. dipinto dal pittore quasi cieco. Tra l'uno e l'altro decine di vedute, serene, luminose; malinconiche, a volte un po' scostanti. Allora, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, quando l'artista cominciava a dipingerli, i paesaggi del lungomare, da Viareggio-ai Cinquale, stavano appena nascendo. E proprio lui, con pochi altri, avrebbe contribuito più tardi a progettarli, portando in Versilia la sua cultura europea, anzi internazionale (ma il Chini urbanista è da riscoprire). Il grande Chini però non è quello dei paesaggi. E' il ceramista, frescante, sceneggiatore, cartellonista e pittore Liberty dei primi ventanni del secolo. Uno dei maggiori interpreti del modernismo, amato e celebrato all'inizio, poi dimenticato, e rispolverato una ventina d'anni fa, nel 1964. Nel 1985-86 sono state recuperate le sue pitture nella cupola del salone centrale della Biennale di Venezia, eseguite nel 1909, e ricoperte nel 1928 da una struttura di Giò Ponti. Nello stesso anno la Biennale gli ha dedicato una mostra allestita a Ca' Corner della Regina. Ora è il momento di conoscerlo meglio con questa e un'altra mostra di ceramiche e vetri in corso a Rido Terme. Ma all'inizio del secolo Chini si era già imposto agli occhi del mondo. Con le ceramiche delle sue due manifatture, la prima fondata a Firenze nel 1895, la seconda nel 1906 a Borgo S. Lorenzo nel Mugello, aveva vinto premi nelle esposizioni internazionali di arti decorative (Torino 1898 e 1902, Parigi 1900). I pezzi straordinari, che adesso possiamo ammirare nelle vetrine, hanno un fascino particolare con le loro sofisticate decorazioni floreali riprese da stampe giapponesi, e gli strani visi di donna ispirati ai preraffaelliti e a Klimt. Le grandi scenografie, fatte per le biennali di Venezia del 1903,1907 e 1909 rendono l'artista ancora più famoso, ed entusiasmano il re del Siam, che l'invita a decorare il salone del trono a Bangkok. L'esperienza del Siam, dal 1911 al '14, è fondamentale. Motivi orientali si sovrappongono alla precedente formazione simbolista e divisionista, con effetti esplosivi. Dipinti come il Canale a Bangkok del 1912 o la Festa dell'ultimo giorno dell'anno cinese a Bangkok del 1913, sono bombe di luce e colore. E li, in quella grande stanza chiara e classica del Palazzo Mediceo, immerso nel verde delle Apuane, fanno un effetto davvero impressionante. Di grande arte. Nel 1914 la Festa era esposta con successo all'XI Biennale di Venezia insieme ad altre 14 tele realizzate in Siam. Da quel momento, nelle opere di Chini l'Oriente entra di prepotenza. Ci sono danzatrici giavanesi e amici mandarini, vasi cinesi e nature morte con drappi preziosi. E' un'ispirazione quasi magica, ma non durerà a lungo. Gli Anni 1920-40 vedono alternarsi le varie esperienze e tecniche in numerose commissioni e mostre. Non mancano, accanto ai paesaggi, ritorni al nudo e al ritratto. Ma la vena più profonda sembra passata. Riaffiorerà negli ultimi anni di vita dell'artista, dopo il '50. Chini, quasi cieco, dipinge ancora, sentendo arrivare la fine. I quadri ora non indulgono più al bello e alla decorazione, ma essenziali e sintetici esprimono idee di morte, come l'Ultimo amplesso del 1953 e Quand'ella viene cessano 'e illusioni dello stesso anno. E' un ultimo ritomo al simbolismo. Maurizia Tazartes