Elementari, si cambia di Clemente Granata

Elementari, si cambia Nelle prime classi si attuano da quest'anno i nuovi programmi Elementari, si cambia E' la prima riforma della scuola arrivata in porto, fra le tante discusse in questi anni -1 criteri ispiratori: più razionalità, più metodo - Ritorna la grammatica, compaiono nozioni scientifiche moderne ROMA — Stanno per iniziarsi le scuole. Dalle materne alle secondarie superiori è un esercito di circa undici milioni di alunni e di un milione di insegnanti che si mette in moto. Ma quest'anno bisogna registrare qualcosa di più (e di diverso) dei grandi numeri, dei gesti rituali, degli abbracci e dei chiacchiericci davanti al cancelli, dei sentimenti abitudinari e consacrati dalla tradizione, che la cronaca puntualmente annota. Guardate un momento quei bimbetti di sei anni che entrano per la prima volta in un'aula delle elementari, un po' titubanti e un po' curiosi. Loro non lo sanno, chissà se lo sanno tutti i loro genitori. Ma quei bambini, diciamo 900 mila nell'intera Italia, varcano la soglia della • scuola del Duemila: Retorica? SI, può esserci anche un pizzico di retorica da parte degli esperti che fanno quest'affermazione. Specie se confrontiamo, qui e ora, il Grande Progetto di riforma dei programmi delle elementari, che quest'anno incominciano ad essere applicati nelle prime classi, e i principi ideali che li hanno ispirati con la realtà concreta non sempre allettante a causa della scarsa disponibilità di mezzi e della preparazione a volte precaria della classe docente chiamata a realizzare il cambiamento. SI, può esserci anche qualche tentazione propagandistica. Eppure, bisogna anche mettere nel giusto rilievo che della massa di riforme scolastiche, abbozzate, delineate, annunciate come imminenti e poi messe da parte per i motivi più vari, dall'ostacolo politico alla seria obiezione del pedagogista, questa riforma delle elementari è l'unica che Incomincia a cammminare. Le norme sull'ordinamento (scuola a cinque o a sei anni? docente unico o pluralità d'Insegnanti?) sono ancora lontane dall'essere approvate. I nuovi programmi, forse anche perché hanno potuto percorrere soltanto la via amministrativa, sono giunti, invece, al traguardo. Elaborati dalla •Commissione dei Sessanta», discussi dal Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione, in parte rivisti e riscritti, attendono ora di essere applicati. Se sono prolettati verso il Duemila, qual è l'alunno del Duemila, cui essi fanno riferimento? -Il bambino della ragione-, si risponde, a differenza dei programmi del 1955, messi in soffitta, che parlavano di 'bambino del sentimento e della spontaneità, dell'intuizione e della fantasia', il cambiamento può essere notevole. Un piccolo esempio significativo. Se, per esempio, il fanciullo prima era Invitato a «contemplare la natura- ora è chiamato a osservarla e a conoscerla anche in relazione all'ambiente in cui vive e opera. Che sia destinata ad andare in soffitta anche l'infanzia? Non sarebbe, per la verità, un timore nuovo: già nel secolo scorso il pedagogista Gino Capponi di fronte a una riforma delle elementari esclamò suppergiù: -Ma questi fanciulli volete trasformarli in omaccini!-. La replica è pronta: -Nessuna infamia in soffitta, nessun "omaccino". Si è cercato d'individuare, invece, un processo formativo che permetta al bambino di comprendere che non tutto è risolvibile nella spontaneità-- Insomma: Intuizione, sentimento, fantasia rimangono, ma occorre costruire una diversa scala di valori, un diverso ordine gerarchico e la Ragione va collocata al primo posto: tenuto conto anche del fatto che -non è lo sviluppo a condizionare l'apprendimento, ma una corretta organiszazione dell'apprendimento ad attivare il processo di sviluppo intellettuale- e che ma quattro anni il bambino ha già pronto all'uso più della metà del suo potenziale intellettuale-. Tradotti nella realtà quotidiana, questi presupposti significano che il bambino dovrà studiare di più e in modo più ordinato, coerente, corretto, sistematico. La nozione ritorna a scuola e costituisce il mattone dell'edificio della conoscenza, ma occorre anche imparare a mettere 1 primi mattoni al posto giusto, altrimenti l'edificio crolla. Nell'ambito dell'Italiano si darà molta importanza alla lingua considerata strumento di comunicazione e stimolo del pensiero: più parole, più Idee. S'insisterà sull'Importanza della lingua parlata, poi su quella scritta; torneranno in auge le regole grammaticali, ma esse saranno apprese per mezzo di un processo Induttivo. Per quanto riguarda la matematica, l'.lnsiemistlca., a lungo regina incontrastata, lascerà il posto, almeno in un primo tempo, a un tipo d'insegnamento più tradizionale che rivaluterà pure la geometria. Poi verrà anche il momento dell'.insiemlstica», di qualche nozione, ovviamente elementare, di statistica, di fisica, di scienze naturali, di diritto e persino di sociologia. Forse ad un certo punto com^ \rità anche il calcolatorino tascabile con qualche rudimento d'Informatica. Ma prima d'Imboccare strade cosi varie e complesse l'alunno dovrà dimostrare di -sapere leggere, scrivere e far di conto-. Ma non erano questi gli scopi della scuola elementare di tanti anni fa? Che la riforma faccia scoprire la tradizione a.ìV-alunno del Duemila.? Per certi aspetti si. Negli ultimi anni dalle elementari sono usciti alunni spaesati e frastornati, che mal si sono adattati alle medie e poi alle secondarie, proprio perché sprovvisti dei «mattoni, della conoscenza. Ma rivalutare la tradizione non significa certo ripristi- nare integralmente il passato. Ma a questo punto sorgono le critiche. Che cosa si è fatto per rivalutare la funzione dei nostri 270 mila maestri? Sono stati predisposti ventimila corsi d'aggiornamento, certo, ma solo in parte essi sono terminati o sono stati avviati. I disegni di legge per le magistrali a 5 anni e per la laurea a tutti gli insegnanti sono rimasti lettera morta. E poi ai riformatori è rivolta l'accusa, più o meno velata, di -illuminismo-, che può essere formulata cosi: -Fate riferimento a un modello di bambino astratto. Non basta chiamare in causa la ragione, di cui tutti sono dotati, ma bisogna tener conto anche delle concrete condizioni in cui si vive e si opera. Ci sono, è vero, scuole sperimentali d'avanguardia nel nostro Paese, ma le avete viste certe elementari in località isolate, sperdute o sorte in difficili quartieri metropolitani?-. Si replica dicendo che la conoscenza che si vuole impartire non è mai astratta, ma sempre legata ai problemi dell'individuo considerato protagonista nei rapporti con il mondo che lo circonda. E che si. esistono indubbiamente difficoltà organizzative e strutturali: ma quando mai partirebbe una riforma se si dovesse attendere la totale perfezione del meccanismo? L'importante, si dice, è muoversi, anche «a piccoli passi». Incominciamo a seguirli allora con attenzione e anche con commozione questi simpatici bimbetti di sei anni che inaugurano la scuola di domani. Clemente Granata

Persone citate: Gino Capponi

Luoghi citati: Italia, Roma