Oltraggio alla scuola di Luigi Firpo

Oltraggio alla scuola Oltraggio alla scuola Cattivi Pensieri di Luigi Firpo Quello che avrebbe dovuto essere un dibattito politico ad alto livello, ispirato ai valori della fede ma anche a quelli della libertà — alludo alla questione dell'insegnamento religioso nella scuola pubblica — si è ridotto a una disputa giuridica a base di ricorsi e di sentenze. Norme sbagliate ed equivoche generano interpretazioni divergenti; l'intramontabile gestione confessionale della Pubblica Istruzione dilata gli spazi previsti e pretende, di fatto, obbligatorio ciò che era stato fissato come facoltativo. Il 6 agosto, alla Commissione VII della Camera, il ministro Galloni precisava che non era «stato mai chiarito cosa si dovesse veramente intendere per attività alternative», ma che le istruzioni del Parlamento in tal senso avevano «avuto piena attuazione». Va al di là del mio comprendonio il capire come si possa attuare pienamente ciò che resta un oggetto misterioso, e infatti il ministro parla di «notevole disorientamento dei capi d'istituto e dei professori», di «difficoltà di rapporto con i genitori, che giustamente esigono tempestiva conoscenza dei termini rispetto ai quali può essere operata la scelta». Di fronte a questa sperequazione organizzativa tra insegnamento della religione e confuse attività alternative, qualcuno ha pensato a malizia intenzionale, rivolta a indurre le famiglie a scegliere il certo per l'incerto: di qui il ricorso al Tar del Lazio contro una circolare dell'86, che imponeva l'opzione obbligatoria e il conseguente obbligo di frequenza all'uno o all'altro tipo di insegnamento. Il Tribunale amministrativo ha sentenziato che, essendo facoltativa l'adesione al corso di religione cattolica, tale dev'essere anche quella alle lezioni alternative. D'altronde, sin dal 15 gennaio '86, la Camera già stabiliva, «onde evitare qualsiasi forma di discriminazione», che l'ora di religione «venisse posta all'inizio o al termine delle lezioni», ovviamente per consentire ai non aderenti di dormire un'oretta di più o di andarsene un'ora prima. Al ministero hanno subito percepito che una simile regola avrebbe falcidiato le vocazioni religiose, e hanno preannunciato un battagliero ricorso al Consiglio di Stato. .11 testo, elaborato dall' A wo- catura generale, reso noto il 12 agosto, è di rara virulenza: parla di sentenza «illegittima», di «stupefacenti distorsioni logiche». L'estensore crede di avere familiarità con la cultura Sentenzia infatti che l'insegnamento della religione cattolica risponde alle finalità della scuola, ha carattere di continuità con gli altri insegnamenti, non rappresenta un corso facoltativo e va quindi iscritto nell'orario-base. Il giovane non ha solo il diritto (che nessuno per ora gli contesta), ma addirittura il dovere della frequenza, «se non osta il suo diverso credo religioso». In altre parole, soltanto ebrei e musulmani, metodisti e valdesi, avrebbero diritto di optare per il no; quanto a ortodossi e testimoni di Geova, tremolanti e mormoni, deciderà caso per caso l'Avvocatura di Stato. I laici, se ho capito bene, andranno tutti al rogo in Campo de' Fiori. Ieri, finalmente, il Consiglio di Stato ha deciso e lo ha fatto salomonicamente, tagliando in due il bambino. Per ora l'adesione all'ora di religione o a quella alternativa resta facoltativa (dunque il Tar aveva ragione), ma chi ricusa entrambe deve restare a scuola (dunque aveva torto). E a scuola che farà in aule semivuote e senza inse- nti? La battaglia navale, troie incrociate o indegne' gazzarre? Bisogna davvero che il Parlamento intervenga, e con urgenza incisiva, perché è tutto l'insieme che non ha più senso; è la Scuola, già per tanti versi mortificata, sinistrata e inquinata, che non può sop¬ portare ulteriori storture e oltraggi. Non è con 50 minuti alla settimana, costellati di lazzi e sbadigli, che si radica nei cuori il Vangelo. I primi a comprenderlo debbono essere i cattolici veri. E' nelle case in cui l'insegnamento del Cristc si vive con l'esempio giorno dopo giorno, è nei luoghi dove la sofferenza viene alleviata nel suo Nome, è là dove la sua Parola viene ascoltata e meditata in raccoglimento austero. Religione e scuola, dopo la grande svolta dell'Illuminismo, non possono più avere nulla di comune, perché si muovono su due piani separati e hanno finalità diverse. Non si scontrano proprio perché non ha senso volere che si incontrino. E l'esperienza storica insegna che un qualsiasi connubio forzoso darebbe luogo soltanto al conflitto o all'ipocrisia. Concludo con un piccolo ricordo personale. Avevo diciassett'anni, in prima liceo, con troppi interessi ingenui e smisurati, e uno di questi era per le sottigliezze acrobatiche della teologia. Ci insegnava fugacemente religione un Francescano dell'Osservanza, bell'uomo erculeo con capelli d'argento e vasti piedi nudi nei sandali: un uomo semplice e mite, di grande modestia intellettuale, che non senza malizia provocavo a disquisizioni superiori alle sue ingenue risorse. Accadde così che un giorno, con crudeltà barn' binesca di cui non ho mai cessato di pentirmi, lo stuzzicai di domanda in domanda, fino a condurlo a dimostrare qualche enormità dogmatica, forse l'inesistenza del Paradiso, o addirittura quella di Dio. In quell'attimo colse finalmente il mio tranello, misurò la propria vergogna e crollò sulla cattedra tenendosi il capo fra le mani con gli occhi umidi. D giorno dopo fui chiamato in un'aula vuota dal professore d'italiano, che era Augusto Monti. Questi mi fece una reprimenda terribile, con lampi e tuoni, e mi congedò con sdegnoso corruccio. Monti era un laico di pura tempra, ma aveva difeso nel povero frate la sacralità assoluta della Scuola Faccio oggi pubblica ammenda di quella mia arroganza di adolescente, ma resto convinto che la sacralità della Scuola — e quella della Fede — meglio si difendano lasciandone fuori l'universo interiore della religione. 1

Persone citate: Augusto Monti, Galloni

Luoghi citati: Lazio