In lode dell'Onu

In lode deirOnu Punto fermo dell'ordine internazionale In lode deirOnu Nel dibattito, frequente in questi giorni, sui rapporti fra la politica estera di uno Stato c l'Onu, si ha talora l'impressione che l'attenersi ai principi dell'organizzazione internazionale sia considerato una scelta di mera opportunità. Sarà bene dire invece, una volta per sempre, che da parte degli Stati che ne hanno accettato lo Statuto, e a maggior ragione degli Stati fondatori, come gli Stati Uniti, osservare questi principi e un obbligo non soltanto morale ma anche giuridico. Pertanto è inutile e poco serio continuare a lamentare l'inefficienza dell'istituzione e poi contribuire co! proprio comportamento ad accrescerla. Ricordo ai lettori che non l'abbiano mai letto, o l'abbiano dimenticato, che l'art. 1 della Carta pone al primo posto fra i fini dell'organizzazione «mantenere la pace e la sicurezza internazionale», e afferma che per raggiungere questo fine occorre «prendere efficaci misure collettive per prevenire e rimuovere le minacce alla pace e reprimere gli atti di aggressione e le altre violazioni alla pace, e conse■ guire con mezzi pacifici, ed in conformila ai principi della giustizia e del diritto internazionale, la composizione e la soluzione delle controversie». Le Nazioni Unite rappresentano, dopo il fallimento della Società delle Nazioni, ma a un livello più alto di consapevolezza storica e di rigore giuridico, il primo grandioso tentativo di «democratizzare» il sistema internazionale, vale a dire di trasferire nei rapporti fra gli Stati sovrani i principi sui quali si fonda lo Stato democratico. Di questi principi alcuni sono sostanziali, altri formali. Sostanziale è il riconoscimento dei diritti dell'uomo, che e la condizione stessa di applicazione delle regole formali; formali sono le regole proprie di uno Stato democratico che permettono ai membri del gruppo, grande o piccolo che sia, di risolvere i loro conflitti senza bisogno di ricorrere all'uso della forza reciproca. 11 passaggio da uno Stato autocratico a uno democratico avviene attraverso tre fasi ideali: 1. Un primo patto puramente negativo di non aggressione fra gl'indi vidui o i gruppi che decidono di dar vita a una società organizzata; 2. Un accordo successivo, positivo, fra gli stessi contraenti sulla emanazione di regole per la soluzione pacifica dei conflitti futuri; 3. L'istituzione concordata di un potere comu ne che attribuisca a un Terzo al di sopra delle parti il potere di far rispettare i due accordi precedenti. Per quel che riguarda il sistema internazionale, il processo di democratizzazione si è fermato durante lo sviluppo della terza fase, nonostante gli articoli 42 e 43, sempre meno applicati, che prevedono il potere del Consiglio di sicurezza (in cui vige peraltro la regola non democratica del «veto») d'intraprendere tutte le azioni necessarie per mantenere o ristabilire la pace, anche mediante l'impegno dei membri di mettere a disposizione dello stesso Consiglio forze annate sufficienti al raggiungimento del fine. Quale sia l'effetto di questo arresto del processo alle soglie della trasformazione della società interstatale in una società infestatale, cosi com'è infrastatale la società dei cittadini, è sotto gli occhi di tutti. I rapporti politicamente più rilevanti nella società di Stati sono ancora quelli che intercorrono fra le grandi potenze, al limite fra due soltanto di queste gran di potenze. Questi rapporti si svolgono tuttora in un si¬ stema di equilibrio reciproco, esattamente come si svolsero per secoli i rapporti fra i grandi Stati europei. Se un tempo questo sistema veniva definito sistema di equilibrio delle potenze, oggi viene chiamato di solito sistema dell'equilibrio del terrore, dove ciò che è cambiato c soltanto il potere distruttivo delle armi che ha accresciuto, ma non modificato, le ragioni dell'equilibrio, che è pur sempre la paura reciproca. Di conseguenza, la caratteristica attuale dell'ordine internazionale è che il sistema tradizionale dell'equilibrio continua a convivere a fianco del nuovo sistema avviato dal processo di democratizzazione. Il sistema nuovo non è riuscito a eliminare completamente il vecchio, e non ci è riuscito perché non è giunto sino alla costituzione di un efficace potere comune. Nello stesso tempo, la sopravvivenza del vecchio ha, se non soffocato, esautorato, il nuovo e gli impedisce di giungere al proprio compimento. Il contrasto tra i due sistemi, conviventi e fra loro concorrenti, può essere illustrato dal punto di vista della distinzione, ben nota ai giuristi, tra legittimità ed effettività. Il nuovo è legittimo sulla base del consenso tacito o espresso della quasi totalità dei membri della comunità internazionale che hanno creato e mantengono in vita l'organizzazione delle Nazioni Unite, ma non è effettivo, il vecchio continua ad essere effettivo, pur avendo perduto, rispetto alla lettera e allo spirito dello Statuto delle Nazioni Unite, ogni legittimità. Quale dei due sistemi sia destinato a prevalere è difficile prevedere. Certo è che sono due sistemi in contrasto fra loro, la cui sopravvivenza simultanea è una delle tante manifestazioni della molteplicità dei piani sui quali si svolgono, s'intrecciano, e spesso s'ingarbugliano, i rapporti umani. La via verso la pace universale e stabile è la prima. L'esperienza storica insegna che sino a che durerà il sistema dell'equilibrio, la pace sarà, com'è sempre stata, una tregua fra due guerre. Per questo il tener fermi i principi cui si sono ispirate le Nazioni Unite non è solo un obbligo, come si è detto, ma anche un atto di lungimirante saggezza. Norberto Bobbio

Persone citate: Norberto Bobbio

Luoghi citati: Stati Uniti