Huston: il cinema come un'avventura

Hustont SI cinema come un'avventura La scomparsa, a 81 anni, del grande regista americano: la vita straordinaria dell'uomo e dell'artista Hustont SI cinema come un'avventura Quaranta film sotto il segno dell'eclettismo, una vena ironica costante - Cinque mogli, grande viaggiatore, vino, donne e scazzottate - Il suo ultimo lavoro giovedì a Venezia NEWPORT — John Huston è morto l'altra notte, a Newport (Rhode Island), a 81 anni, nella casa dove alloggiava vicino al set del film Mister North. La sua è stata una morte tranquilla, nel sonno, causata da quell'enfisema che lo ha accompagnato per moltissimi anni e che lui ha combattuto fino all'ultimo. Il regista americano era stato ricoverato il 30 luglio al Charlton Memorial Hospital di Fall River per un'ennesima crisi. Sembrava la fine, ma dopo una decina di giorni, inaspettatamente, ce l'aveva fatta ancora una volta ed era stato dimesso. Da allora aveva raggiunto Newport, dove il figlio Danny gira Mister North, film in cui il vecchio Huston avrebbe dovuto sostenere una parte. Ma che il regista non si fosse ripreso del tutto lo aveva dimostrato la scelta della produzione di sostituirlo subito con l'amico Mitchum. Huston era uno degli ultimi grandi vecchi del cinema mondiale. Scompare alla vigilia del debutto del suo ultimo film: Gente di Dublino (The Dead), tratto da Joyce, sarà presentato il 3 settembre fuori concorso alla Mostra di Venezia. Huston era nato il 5 agosto 1906 a Nevada nel Missouri, figlio d'arte. Prima di approdare alla regia, provò a cavarsela nella carriera militare, nel giornalismo e nella boxe (come medio-leggero ha vinto parecchi incontri). La sua prima prova cinematografica risale al 1931 con La sposa della tempesta, ma il film che lo fa entrare nella storia del cinema e che lui firma da solo come regista è Il mistero del falco, anno 1941, considerato una »svolta decisiva nell'ambito del poliziesco americano'. • La mia vita è composta di episodi casuali, tangenziali, disparati — racconta Hu' tìtorPrifctla sua bellissima du- ■ I,);pbipgraf ia —. Cinque mogli; molte relazioni, alcune più importanti dei matrimoni. La caccia. Le scommesse. I purosangue. La pittura, le collezioni, la boxe. Sceneggiatura, regia e interpretazione di oltre 60 film». E' stato innanzitutto un grande personaggio capace di vivere, di fare sempre cose diverse, con un inestinguibile gusto per l'ignoto e per l'avventura. Un uomo rude e simpatico, dai modi un po' hemlngwaiani: le sue leggendarie scazzottate, le sue epiche bevute, il suo aspetto dinoccolato è un po' scimmiesco, la sua aria furba e disarmante da bambino e da vecchio saggio. A proposito della sua opera, Huston ha sempre respinto ogni tentativo di ricondurla ad un minimo comun denominatore: 'Non riesco a vedere nel mio lavoro alcuna continuità tra un film e l'altro — ha scritto — quel che colpisce è quanto i film siano diversi l'uno dall'altro.. E quando 1 critici francesi credettero di individuare come sua costante una sorta di .poesia della sconfitta», non esitò a dire che erano fuori strada. «Ci si è scervellati a fare l'elenco dei film in cui i miei eroi falliscono e di quelli in cui vincono» diceva scrollando le spalle: .71 destino dei miei personaggi ha poco valore per me. E' la loro compagnia che costituisce in sé un'avventura». Amava enormemente viaggiare e la mappa delle ambientazioni scelte per i suol film dà la misura del suo instancabile lavoro di regista e viaggiatore: non più di una dozzina sono ambientati negli Stati Uniti, molti hanno per sfondo i Paesi europei, cinque si svolgono in Messico e America Centrale e altrettanti in Asia, tre infine sono di ambiente africano. E, tra gli ultimi, Phobia girato in Canada, Fuga per la vittoria in Ungheria, Sotto il vulcano in Messico, Annie e L'onore dei Frizzi negli Stati Uniti. Infine l'Irlanda per The Dead. Proprio in questi giorni, negli Stati Uniti, sta per andare in librerìa il libro di memorie di Katherine Hepburn che parla molto dell'incontro con il regista. Il titolo torrenziale recita: *La realizzazione di "La Regina d'Africa", ovvero come sono finita in Africa con Bogart, Ba¬ cali e Huston e quasi perdevo la testa». Sul vecchio John la Hepburn racconta un episodio illuminante. Una volta di buon mattino Huston era andato a trovarla nella sua capanna e le aveva chiesto un caffè, poi, dichiarando che non voleva in alcun modo influenzarla, le aveva spiegato come il suo personaggio dovesse affrontare tutte le possibili avversità mantenendo sulle labbra una sorta di perenne sorriso di cortesia e le aveva fatto l'esempio di quello della moglie del presidente Roosevelt quando appariva nei cinegiornali. La Hep- bum aggiunge: «Detto questo se ne andò. Aveva solo piantato un seme... fu, per tutti i diavoli, il miglior esempio di regia che avessi mai ascoltato... mi aveva spiegato esattamente come interpretare la parte. In quel momento mi conquistò, per sempre». In un lungo reportage dal set di Gente di Dublino, che La Stampa ha pubblicato il 19 febbraio di quest'anno, la figlia Anjelica diceva, a proposito del suo modo di fare il regista: «Con lui non si discute mai sulle motivazioni del personaggio. Tu fai il tuo lavoro, lui sta a guardare, fa il suo. E' un minimalista. Punta subito il dito su quello che va fatto, e le cose vanno a posto da sole». E sui motivi che lo avevano spirito a scegliere un racconto di Joyce, Huston spiegava: «/ racconti di Joyce stanno all'Irlanda come quelli di Cecov stanno alla Russia». E ancora: «£' stato l'autore più decisivo della mia vita: Ulisse ha aperto la finestra e la luce è entrata. Da molto tempo desideravo fare questo film sui Morti, ma non è precisamente quella che si chiama un'operazione commerciale. Se i produttori guadagnano anche, tanto meglio. Ma questa volta lo fanno per amore». r. st. Huston con la figlia Anjelica sul set del suo ultimi film «Gente di Dublino» (The Dead) in programma giovedì alla Mostra di Venezia