La ricomparsa di Majorana di Piero Bianucci

La ricomparsa di Majorana IL «GIALLO DEI NOBEL»: UN DOCENTE UNIVERSITARIO SI FA DETECTIVE La ricomparsa di Majorana Erasmo Recami, professore di storia della fisica, dice nel suo libro che lo scienziato, scomparso nel 1938, morì in Argentina nel 1976 - Tre testimonianze - Frequentava il salotto delle sorelle Manzoni, discendenti dello scrittore? «Che cosa lo spinse a dileguarsi? Forse la difficoltà di recitare la parte di scienziato geniale e di figlio ubbidiente» Svanito nel nulla il 27 marno 1938, Ettore Majorana riappare periodicamente, fantasma inquieto della grande fisica nucleare fiorita intorno a Enrico Fermi. Sono ritorni ambigui, fatti di voci incerte, di testimoniarne vaghe e spesso ritrattate. Ma sufficienti a mantenere aperto il caso. Ora si intravede un Majorana che ripara in Argentina, frequenta i salotti intellettuali di Buenos Aires sema neppure tener troppo in incognito la sua eccezionale genialità di ex-scienziato e muore nel 1976. Il quadro, ipotetico ma suggestivo, esce da un saggio, Il caso Majorana, che il fisico Erasmo Recami sta per pubblicare presso Mondadori. A mezzo secolo di distanza, par di cogliere ancora le ultime increspature dell'onda sollevata dai quattro messaggi contraddittori che lo scienziato lanciò alla vigilia della scomparsa. Vn commiato dalla famiglia: «Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero (...).. Un biglietto al suo direttore di Istituto all'Università di Napoli: «Caro Carrelli, ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non vi è in essa un solo granello di egoismo, ma mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare a te e agli studenti (...)». La sconfessione di questo annuncio tramite un telegramma E poi, ancora indirizzata a Carrelli, una lettera che conferma la smentita: «Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani (...) viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunciare all'insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente. Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli». Invece Majorana non sarà più a disposizione di nessuno. Né di Carrelli, né dei famigliari, né degli investigatori che cercheranno di rintracciarlo per ordine dello stesso Mussolini. «Voglio che lo si trovi», aveva annotato perentoriamente il duce sul fascicolo. Invano. Nessuna ricerca ha mai dato qualche esito. «E' più facile trovare un morto che un vivo., soleva dire Luciano, fratello di Ettore, e proprio per la sapienza poliziesca racchiusa in questa frase il 'giallo Majorana- non ha ancora trovato una conclusione. Tanto meno oggi, alla luce dei nuovi documenti (sfortunatamente ancora troppo scarsi) e dei ragionamenti (molti e abbastanza convincenti) che il libro di Recami porta in pubblico. Vediamoli più da vicino. Erasmo Recami è professore di storia della fisica all'Università di Palermo, da due anni distaccato in Brasile all'Università di Campinas, dove dirige il Dipartimento di Matematica Applicata. Dal suo libro si ricava che Ettore Majorana non fini suicida, né si ritirò in un convento di clausura del Meridione come Leonardo Sciascia ha voluto adombrare in un suo racconto-saggio di dodici anni fa. Majorana sa rebbe invece emigrato in Argentina, forse passando per Tunisi, e là sarebbe morto 38 anni dopo. Tre testimonianze convergono sulla -pista argentina-. C'è quella di un fisico, Carlos Rivera, dell'Università cattolica di Santiago. Rivera avrebbe incontrato a Buenos Aires persone in amicizia con Ettore Majorana, «fisico che aveva Fermi in grande antipatia», persone più tardi travolte dalla repressione peronista. Poi c'è la testimonianza di Bianca de Mora, vedova dello scrittore guatemalteco Asturias, premio Nobel per la letteratura nel 1967. Anche lei ha ammesso di aver conosciuto e frequentato un Ettore Majorana a Buenos Aires, affermazione poi smentita per motivi non chiari: ma tale conoscenza risulterebbe invece confermata e anche condivisa da sua sorella Lila de Mora e dalle sorelle Cornetta Manzoni, discendenti dell'autore de I promessi sposi. Infine c'è una voce raccolta dal critico e scrittore milanese Giancarlo Vigorelli, il quale, occupandosi di intellettuali del dissenso provenienti dall'America Latina, cinque anni fa venne a sapere — ahimè senza altri porti- colari — che Ettore Majorana sarebbe morto nel 1976. Altri nomi compaiono nel libro: Edoardo Arnaldi, Franco Rasetti e Gian Carlo Wick, tutti colleghi di Majorana alla scuola di Fermi, Tullio Regge, Victor Weisskopf, Leon Roselfeld, Maristella Decker, figlia dell'astronomo Mario G. Fracastoro. In questi anni Recami da scienziato si è fatto investigatore e ha intessuto una fitta rete di corrispondenza con i testimoni e con le persone a loro vicine, cercando di verificare ogni pur labile indizio. Tra l'altro è stato lui, quindici anni fa, a fornire a Sciascia il materiale per la sua rielaborazione narrativa. Né mancò, all'epoca, una polemica per l'uso che ne fece lo scrittore siciliano e per le conclusioni che ne ricavò, ambiguamente sospese tra invenzione letteraria e ricostruzione storica. Quarantasette anni, visto¬ sa barba castana, Recami è uno specialista di relatività e di fisica delle particelle. Molto noti sono i suoi studi teorici sui tachioni, ipotetiche particelle più veloci della luce. Lo raggiungiamo a Campinas, città di un milione di abitanti nella provincia di San Paolo, una delle sedi universitarie più prestigiose del Brasile. Che cosa si attende dalla pubblicazione di questo suo lavoro? «Ho incominciato a occuparmi di Majorana vent'anni fa. Ora la sorella stessa, proprio per le continue richieste di materiali e notizie su Ettore, ha deciso di rendere pubblico tutto ciò che è disponibile. Può anche darsi che cosi affiori qualche altro particolare inedito». Lei è convinto che Majorana sia sopravvissuto alla sua scomparsa? ■SI, e questa era anche l'idea della madre e dei fratel¬ li. Ettore scomparve portando con sé il passaporto e una discreta somma di denaro che aveva ritirato pochi giorni prima. Questo non è un comportamento da suicida. E' il comportamento di chi ha in mente un progetto-. Dei tre indizi che lei ha raccolto, quale le sembra il più persuasivo? «Direi le affermazioni di Bianca Asturias: da esse risulta che realmente Majorana avrebbe frequentato il salotto delle sorelle Manzoni. Ma i tre indizi contano perché sono l'uno indipendente dall'altro e portano tutti nella stessa direzione. Certo non ci sono prove definitive..... Ora che certe polemiche si sono decantate, come valuta la tesi di Sciascia? «Sciascia ha scritto un libro lucido e ha avuto alcune intuizioni valide. Per esempio condivido la sua incredu¬ lità riguardo al suicidio e il suo giudizio sul presunto filonazismo di Majorana, assolutamente insostenibile. Non credo però che Majorana possa aver previsto la bomba atomica e per questo si sia ritirato dalla fisica. Ettore aveva si una intelligenza profetica, ma se avesse previsto la bomba sarebbe rimasto sul campo per influenzare gli eventi, e comunque non avrebbe rotto ì ponti con la madre.. Qua! è la posizione, oggi, all'età di settant'anni, della sorella dello scienziato? «Maria, unica sopravvissuta, ondeggia tra la speranza che Ettore sia davvero fuggito e il timore che sia annegato». Che ne pensa Edoardo Arnaldi della «pisi;, argentina»? -Non saprei, anche perché, d'accordo con la famiglia, questa pista l'abbiamo tenuta abbastanza segreta. Vogliamo evitare clamori poco seri. Si e persino scritto che Ettore si gettò nel cratere dell'Etna o del Vesuvio, o che fu rapito e torturato dai nazisti...-. Che cosa può aver spinto Majorana a dileguarsi in modo cosi enigmatico? -Forse la fatica di vivere, la difficolta di continuare a giocare il ruolo di scienziato geniale e di figlio ubbidiente: la madre aveva un temperamento forte. Ettore probabilmente non accettava l'educazione borghese che gli era stata data-. In questa ricerca lei si è sentito uno scienziato o il detective di un racconto poliziesco? • Analizzando i manoscritti scientifici ovviamente ci si sente scienziati e non si può non provare una profonda emozione di fronte alle intuizioni di un genio. Ma naturalmente quando si guarda alla vicenda biografica c'è una molla affettiva, c'è lo stimolo di un giallo di alto livello culturale, i cui protagonisti sono premi Nobel e intellettuali di primo piano. Certo in ogni ricerca, scientifica o non. c'è il desiderio di arrivare alla verità-. Perché il mito di Majorana continua a crescere? -Nell'ambiente scientifico succede perché i lavori di Majorana sono straordinariamente anticipatori. A proposito: presto pubblicherò gli appunti, ancora validissimi, delle sue lezioni all'Università di Napoli, che ho ritrovato alla Domus Galilaeana di Firenze. Dal pun¬ to di vista del pubblico giocano la complessità pirandelliana della sua personalità, il mistero della scomparsa-. Sono i risultati scientifici, in fondo, le uniche certezze che abbiamo su Majorana. Nel famoso Gruppo di Roma che lavorava in via Panisperna sotto Fermi era il teorico puro (un po' come Gian Carlo Wick e Bruno Pontecorvo, mentre Segrè, Arnaldi e Rasetti smanacciavano con Fermi ai rudimentali apparati sperimentali degli Anni 30). -Grande Inquisitore» era il suo soprannome, così come Fermi era -il Papa- tper la sua infallibilità), Segrè -il Basilisco-, Rasetti -il Venerato Maestro-. A Majorana si devono contributi fondamentali per la comprensione della stabilità dei nuclei atomici (le -forze di Majorana-/, la teoria simmetrica dell'elettrone e del positrone, la cosiddetta -equazione a infinite componenti-. Forse, tra i suoi capolavori, occorre mettere anche la scomparsa. Fermi, che altre volte lo aveva definito un genio paragonabile soltanto a Galileo e a Newton, diceva: «E' cosi intelligente che se ha voluto scomparire senza lasciare nessuna traccia certo ci è riuscito». Quella genialità è ancora oggi una sfida al più acuto dei detectives. Piero Bianucci ^- -> Ettore Majorana con le sorelle durante una vacanza ad Abbazia, poco prima della scomparsa