Dializzata si lascia morire

Pializzata il lascia morire Nuovo dramma dopo la disperata ribellione di Giuseppe De Felice Pializzata il lascia morire La donna, 43 anni, era esasperata - Aveva detto al fratello: «E' un tormento senza fine, non ce la faccio più» - Doveva sottoporsi alla dialisi tre volte la settimana - Cinque giorni fa ha detto basta e ha aspettato in casa la fine L'hanno trovata seminuda, accanto al frigorifero, in una pozza di sangue. Sono andati a cercarla dall'ospedale perché da sei giorni non si presentava a fare la dialisi. Ma troppo tardi Graziella Bottiglione, appena 43 anni, era già morta. Se n'è andata in silenzio, lasciandosi morire a poco a poco. Non ha lasciato un biglietto, a spiegare perché. Ma i motivi, chi la conosceva, li sapeva bene. Quante volte aveva detto: 'Basta, questa non è vita. Non ce la faccio più-. Quante volte aveva ripetuto: 'Non posso fare una vita normale, non posso passeggiare, non posso andare in ferie, non posso mangiare, bere, quello che voglio. Sono legata a quella maledetta macchina». Dalle parole era anche passata ai fatti In dieci anni di ricorso al lavaggio del sangue spesso aveva detto: 'No, alla dialisi non vadom. Erano andata a cercarla i medici del Nuovo Martini le assistenti sociali che la seguivano, gli infermieri il fratello, e la convincevano, (un po' la costringevano) ad andare In ospedale. Questa volta non sono arrivati in tempo. Graziella Bottiglione è riuscita a portare fino in fondo il suo rifiuto di una vita che non le dava nulla. In ospedale l'hanno vista per l'ultima volta cinque giorni fa. Fatta per l'ennesima volta la dialisi, era tornata nella sua casa, un piccolo alloggio al secondo plano di via Cimarosa 30/13. Un vecchio caseggiato popolare, dove viveva da sempre, da quando aveva pochi anni ed era venuta a Torino con 1 genitori e 11 fratello Luigi da un piccolo paese dell'Abruz- zo, Castel Del Monte (Aquila). Da quell'alloggio, da venerdì scorso non è più uscita. Nessuno l'ha più vista. Si è chiusa in casa, aspettando di morire. Porse, chissà, pensava di farcela ancora una volta, forse sperava di non aver più bisogno di quegli aghi nel braccio. Dieci anni di dialisi 11 suo calvario. E non solo, a questo si aggiungevano le scarse disponibilità economiche: una pensione d'invalidità, poche centinaia di migliaia di lire al mese. Fino a qu arido c'erano i genitori riusciva a vivere bene. Ma dopo la loro morte, aveva dovuto .aggiustarsi*. Tanto che In ospedale, per farle osservare la rigida dieta necessaria, e per aiutarla, l'avevano ricoverata più volte. E' stato il fratello Luigi 52 anni bidello, a scoprire ieri sera quello che era successo. Era tornato da poche ore dalle vacanze in Corsica, con la moglie e i due figli Dall'Astanteria Martini è arri' vata una telefonata, raccon¬ ta: «Afi hanno detto che mia sorella, di nuovo, non si era presentata a fare la dialisi. £ non rispondeva neppure al telefono. Io sono l'unico che ha le chiavi del suo alloggio. Io non ero in casa. Appena sono arrivato, mi sono precipitato da Graziella: Ha aperto la porta e l'ha trovata priva di vita, in cucina. Non c'era più nulla da fare. E' stato dato l'allarme. E' arrivata la polizia scienti¬ fica per 1 rilievi del caso, il medico legale Joannls Cantzas. Un maresciallo del commissariato Barriera di Milano ha ricostruito gli ultimi momenti di Graziella. Era a letto (sfatto, con chiazze di sangue sulle lenzuola), si è sentita male, ed è andata in bagno, da qui in cucina, forse a cercare qualcosa di fresco nel frigorifero. Nonostante la crisi non ha neppure pensato di telefo¬ nare a qualcuno, il telefono è sul comodino vicino al letto, ma lei non l'ha neppure sfiorato. n suo caso ricorda da vicino quello di Giuseppe De Felice, il giovane scomparso da casa all'inizio di agosto per non sottoporsi alla dialisi Lui era andato a Pescara e 11 era stato ritrovato dieci giorni dopo, da un passante che aveva notato la sua foto su «La Stampa»: salvato a poche ore dal coma mortale. A Graziella, per morire, è bastato chiudersi in casa. Era .in dialisi» da dieci anni. 'Quando era molto giovane aveva lavorato alla Urmet, un'azienda di costruzioni elettro-telefoniche di via Bologna, poco lontano da qui; ricorda il fratello. Poi la malattia, e aveva smesso. Dieci anni fa era entrata in trattamento: «Tre volte la settimana in ospedale, per due-tre ore. Quando usciva era debolissima, si metteva a letto». Una vita dimezzata. Graziella Bottiglione non aveva neppure la lontana speranza di un trapianto (sono 600 in lista d'attesa): aveva avuto delle complicazioni che le avevano escluso questa possibilità. Per la sua malattia aveva anche rinunciato a sposarsi a tentare di farsi una famiglia. Da dieci anni non si muoveva dal suo alloggio: niente ferie, niente svago, niente amici. Graziella era arrivata alle stesse conclusioni di Giuseppe De Felice, che, intervistato in ospedale, disse: 'Perché ho preso la valigia e me ne sono andato? Non ce la faccio più a fare la dialisi. Come fai ad abituarti? Sempre legato a quella macchina. Cosa me ne faccio della vita?: Giuliana Mongoli! Graziella Bottiglione. Il fratello Luigi: «Mi aveva detto più volte che non ce la faceva più»

Persone citate: Giuseppe De Felice, Graziella Bottiglione

Luoghi citati: Aquila, Castel Del Monte, Corsica, Milano, Pescara, Torino