Molta gente torna a casa: non vuole perdere tutto

Molta gente torna a casa: non vuole perdere tutto Gli uomini della Protezione civile: «Si sono chiusi dentro e noi non possiamo abbattere le porte» Molta gente torna a casa: non vuole perdere tutto DAL NOSTRO INVIATO SONDRIO — Il cielo continua ad essere grigio scuro. Le nubi sembrano impigliate tra le cime delle montagne. Se riprenderà a piovere, c'è rìschio di una catastrofe. Manca poco alla tracimazione del lago che si è formato sul paese di S. Antonio Moriglione, In seguito alla frana In Val di Pola, durante le piogge di luglio. Milioni di metri cubi d'acqua, fango e detriti piomberebbero a valle spazzando 21 paesi, lungo l'asse dell'Adda. A mezzanotte del 25 è cominciato lo sgombero della popolazione sotto una pioggia battente che ha cominciato a cadere sabato ed è andato avanti fino Ieri alle 17. L'acqua del lago si è alzata fino a quattro metri dall'orlo e continua a salire alimentata dall'Adda che raccoglie tutti gli scolatoi delle montagne. Quasi ventimila persone hanno trovato riparo da amici, parenti e negli alberghi della valle. Ma mol¬ ti hanno preferito rimanere nelle loro case, tappati dentro con le finestre chiuse: •Non vogliono andarsene, sospettiamo che siano dentro, ma non possiamo abbattere le porte per accertarcene. Speriamo non succeda niente-, dicono alla Protezione civile. I campi a destra e a sinistra della statale 38, che sale verso Bormio e 11 Passo dello Stelvio. sono biliardi di fango. Un deserto da dove spuntano le cime degli alberi che le acque hanno piegato. A Villa di Tirano la polizia stradale blocca il poco traffico che sale. Passano solo i veicoli autorizzati, gli altri tornano Indietro. All'imbocco del paese un capannello di persone. Giovani e anziani discutono attorno a un bottiglione di vino, seduti sui gradini di un bar che ha le serrande abbassate. Sono diffidenti verso 11 forestiero che chiede informazioni. Il giornalista non ha vita facile da queste parti: -Non raccontate mai le cose come stanno. Noi vi spieghiamo e voi scrivete tutt'altro'. Al gruppetto la diga non fa paura. Ridono e dicono: 'Se viene giù tutto, facciamo una corsetta di 300 metri, verso quelle case, e ci mettiamo in salvo-. Le case sono di una contrada di Villa, abbarbicate sul fianco della montagna, fuori dalla zona di rischio. Il sorriso su questi volti cotti dal sole si spegne subito: ■Da troppo tempo ce la contano e non hanno ancora fatto niente. Si invece dei ministri avessero dato il problema della diga in mano a uno dei nostri muratori, avrebbe già risolto tutto-. Una soluzione che mi pare un po' troppo semplicistica. «Ascolti. Quando è crollata la montagna e si è formata la diga, se, invece di lasciare che si riempisse, avessero aperto un canale, si sarebbe svuotate e oggi non saremmo in queste condizioni». Un altro aggiunge che dovevano subito far cadere la frana che minaccia di staccarsi dal Monte Coppetta: «Bombardandola. E se la massa di terra e roccia fosse caduta nell'invaso ancora mezzo vuoto avrebbe causato danni, ma non come rischia di causarne adesso se dovesse crollare-. •Ma state tranquilli — interviene un altro —, la diga non si spacca, ha lo spessore di un paio di chilometri. L'acqua ci passerà sopra come il latte quando esce dal pentolino e prima che arrivi qui da noi ci vorranno 20-30 minuti; faremo in tempo a fare la famosa corsetta-. Mario Bassi, 39 anni, è l'unico del gruppetto che non rifiuta di dare il suo nome. Ha le idee molto chiare, dice che il vero pericolo è la frana che minaccia di scivolare dal Monte Coppetta: -Se finisce dritta nellinvaso che ci sta sotto — quasi urla — provocherà l'effetto Vajont. l'acqua scavalca lo sbarramento e piomba nella valle spazzando tutto. Adesso siamo qui senza sapere che cosa può capitare da un momento all'altro. Questo perché governo, ministri, Protezione civile, tutta quella gente II, si sono svegliati tardi e cercano di rimediare come possono-. I vigili urbani vanno avanti e indietro lungo le strade del paese abbandonato e con il megafono invitano gli ultimi rimasti ad andarsene. • Ce ne sono ancora molti — dice il capopattuglia —. fi guaio è che non si sa che cosa dire alla popolazione. Se deve star via un giorno o due. Niente, proprio niente. C'è molto nervosismo-. Chi pattuglierà le strade di notte? •fi servizio di vigilanza volontaria dei nostri alpini-, risponde il vigile. Poi rivolto al gruppetto davanti al bar: •E adesso voi portate via ti bottiglione e andatevene-. Una valle nell'angoscia. Buona parte degli abitanti di Tirano (il Comune ha 9 mila abitanti) sono ospitati a spese del municipio negli alberghi di Aprica, un paese di villeggiatura a 1180 metri. Lungo la strada che sale, decine di persone sono affacciate sulla valle e guardano in giù scorrere l'Adda fangoso che ha allargato di centinaia di metri i suoi argini. E guardano angosciati anche il cielo che diventa sempre più grigio. A metà costa della montagna che sale ad Aprica, nel piccolo paese di Motta, la Croce Rossa ha occupato la scuola e allestito un pronto soccorso. CI sono lettini e materassi, ambulanze e furgoni. Molti volontari che fanno merenda In cortile con panini e birre. Da due notti dormono con un occhio solo, e la stanchezza è sul volto. La dottoressa Clorinda Minerva dice che hanno dovuto sgomberare l'ospedale di Tirano e 1 malati più gravi li hanno portati a Sondrio. Poi chiede: «Ma c'è veramente tutto questo pericolo?-. Aldo Popaiz

Persone citate: Aldo Popaiz, Mario Bassi, Motta

Luoghi citati: Aprica, Bormio, Sondrio, Stelvio, Vajont, Villa Di Tirano