Pronte le teste di cuoio

Pronte le teste di cuoio Pronte le teste di cuoio Ma i repartì speciali entreranno in azione solo se fallirà la linea del dialogo - Scambio di informazioni con l'Isola d'Elba ROMA — Fermezza e nessuna concessione ai detenuti rivoltosi di Porto Azzurro. La linea, definita da un portavoce della presidenza del Consiglio -della persuasione e della trattativa' per convincere Tuti e compagni ad arrendersi senza alcuna contropartita, è stata decisa nel pomeriggio nel corso di un secondo vertice convocato a Palazzo Chigi da Goria dopo la notizia dell'ultimatum imposto dai rivoltosi. Fino a quel momento fra Palazzo Chigi, il Viminale, il ministero di Grazia e Giustizia e la direzione generale degli Istituti di prevenzione e pena c'era stato per l'intera giornata un continuo scambio di informazioni e valutazioni. Nella tarda mattinata, ad un'ora dalla notizia che un gruppo di detenuti capeggiati dal neofascista Mario Tuti si erano asserragliati nell'infermeria del vecchio carcere di Porto Azzurro con una ventina di ostaggi fra i quali il direttore del penitenziario, a Palazzo Chigi aveva inizio un primo summit al quale prendevano parte oltre ai ministri Fanfani e Vassalli e al direttore delle carceri Nicolò Amato anche il comandante generale dell'Arma dei carabinieri, Jucci, ed il capo della polizia. Parisi. Si decideva, dopo aver confrontato le prime informazioni provenienti da Porto Azzurro, di costituire presso palazzo Chigi un mini-gabinetto di crisi. Al gruppo di lavoro venivano destinati diversi funzionari dei ministeri e degli enti interessati con il compito di avvertire tempestivamente sull'evoluzione della situazione. Nel pomeriggio, poco dopo le 17, le auto blindate di Fanfani, Vassalli, del prefetto Parisi e del generale Jucci, tornavano precipitosamente nel cortile di Palazzo Chigi. 1 rivoltosi avevano posto un ultimatum per le 17, 45: volevano un'auto veloce per quell'ora altrimenti avrebbero cominciato ad ammazzare il primo degli ostaggi. La segnalazione, però, risultava errata: in effetti Tuti aveva chiesto un elicottero e aveva fissato l'ora della prima esecuzione per le 18,45. C'era ancora un'ora di tempo. Nel frattempo, la situazione andava chiarendosi. Veniva precisato che gli ostaggi in mano agli ergastolani ribelli erano 17 e non venticinque come si era detto in un primo momento. Due, un maresciallo ed un agente, erano stati rilasciati in tempi diversi per portare fuori dal penitenziario le richieste dei rivoltosi. Anche sul numero dei ribelli v'era stata un po' di confusione. Prima si era parlato di sei detenuti ai quali, successivamente, se ne erano aggiunti altri due. Poi si era sparsa la voce, alla quale si è dato comunque poco credito, di due rivoltosi che si sarebbero dissociati dall'azione. Sta di fatto che Tuti ha chiesto un elicottero a otto posti: sei per sé e i suoi compagni e due per gli ostaggi. Per tutta la giornata il gruppo di lavoro costituito a Palazzo Chigi si è tenuto in contatto telefonico con il giudice Cingolo di Livorno che. call'interno del penitenziario, cercava di convincere i detenuti a consegnare le armi, rilasciare gli ostaggi ed a arrendersi. Queste, Infatti, erano le direttive emanate da Roma e queste sono state anche dopo la scadenza dell'ultimatum. La decisione di non concedere nulla, secondo indiscrezioni circolate a Palazzo Chigi, avrebbe visto d'accordo sin dall'inizio sia Goria sia i due ministri responsabili. In serata, all'uscita da Palazzo Chigi, dopo che l'ultimatum era da tempo scaduto, i partecipanti al summit apparivano meno pessimisti. Il prefetto Parisi dichiarava che tutto era sotto controllo, segno che, almeno sino a quel momento, le notizie provenienti da Porto Azzurro non erano allarmanti. Certo c'era ancora preoccupazione per la sorte dei numerosi ostaggi: proprio questo, tra l'altro, stando ad altre indiscrezioni, avrebbe consigliato i ministri e i rappresentanti delle forze dell'ordine a non ricorrere all'impiego di reparti speciali dei carabinieri o della polizia per liberare direttore e guardie e catturare i rivoltosi. L'azione, molto delicata, veniva considerata rischiosa: si decideva perciò di continuare nel dialogo con i ribelli per cercare di convincerli a desistere. r. c.

Luoghi citati: Livorno, Porto Azzurro, Roma