Tuti, geometra del terrore

futi, geometra del terrore L'organizzatore della rivolta è un toscano di 41 anni futi, geometra del terrore La storia dell'estremista di destra comincia nel gennaio del '75 quando uccide due agenti di polizia - Ergastolo per la strage dell'Italicus Il geometra del mitra e della dinamite ha capelli corti come i vecchi sanbabilini. spessi occhiali da miope, orecchie a sventola e una scia di morte alle spalle. Mario Tuti, nato ad Empoli (Firenze) il 21 dicembre del '46, picchiatore nero ai tempi dell'università a Pisa, collezionista d'armi, esponente di primo piano del «Fronte nazionale rivoluzionario», sospettato degli attentati neofascisti che nel '74 insanguinano la linea ferroviaria Firenze-Roma, uccide e fugge la sera del 24 gennaio 1975. Tre poliziotti bussano alla porta della sua casa di via Boccaccio per una perquisizione. 'Entrate pure*, dice Tuti, poi imbraccia il mitra e falcia il brigadiere Leonardo Falco e l'appuntato Giovanni Ceravolo. Quel giorno si scopre la seconda vita del geometra che lavorava (poco: le sue continue assenze aiuteranno gli inquirenti a collegarlo con la strage dell'Italicus) all'ufficio lavori pubblici del Comune di Empoli. Sette anni dopo, da una gabbia del tribunale di Bologna dove si celebra il proces¬ so dell'Italicus, Tuti ride sprezzante e ridisegna ancora una volta il suo folle e tragico personaggio, regalando l'immagine di un rivoluzionario senza padroni, un nostalgico del fascismo delle origini: «Quella sera uno dei poliziotti impugnò la pistola in casa mia, facendomi andare in bestia. Mi sono reso conto che gli sbirri stavano tendendomi una trappola e cosi, da quel cacciatore che mi vanto di essere, ho fatto scattare la tagliola fra le loro manU. Sei mesi prima di quella sera ad Empoli, la notte del 4 agosto 1974, a San Benedetto Val di Sambro una bomba aveva dilaniato l'Espresso 1486, diretto al Brennero. Fra le lamiere contorte morirono 12 persone, altre 48 rimasero ferite. Tuti (lo ammetterà egli stesso più tardi) uccide e fugge perché teme che i poliziotti siano venuti a prenderlo proprio per quell'attentate. E infatti gli agenti hanno in tasca il mandato di cattura. Il geometra nero si rifugia a Napoli, poi in Argentina e infine sulla Costa Azzurra, ospite di un'amica francese, dove viene arrestato il 27 luglio dello stesso anno. La magistratura italiana, nel frattempo, lo ha condannato in contumacia all'ergastolo per l'uccisione del due poliziotti. Nell'aprile del '76 la corte d'assise di Arezzo gli infligge altri vent'anni di reclusione per 1 reati collegati all'attività del «Fronte nazionale rivoluzionario». Tuti viene rinchiuso nel supercarcere di Novara, dove, il 13 aprile 1981, un lunedi, uccide ancora e spietatamente. Assieme all'altro neofascista Pierluigi Conciatela strangola con le stringhe delle scarpe da ginnastica Ermanno Buzzi, unico condannato all'ergastolo per la bomba che alle 10.12 del 28 maggio 1974, In piazza della Loggia a Brescia, provocò un massacro. La spavalderia di Tuti è macabra: «Se ci mandano il topo, noi siamo i gatti. Per chi tradisce la causa abbiamo pronta ur'oncia di piombo. Uccidereitio ancora, ripuliremo le carceri». Sette mesi dopo, il 3 novembre 1981, comincia a Bologna il processo per la strage dell'Italicus, dove il geo¬ metra toscano è l'Imputato di maggiore spicco. I giudici istruttori lo ritengono responsabile dell'organizzazione del piano per la strage. Per lui il primo processo si conclude con l'assoluzione per insufficienza di prove (20 luglio 1983). Ma il 18 dicembre 1986 Tuti non sfugge al verdetto dei giudici d'appello di Bologna, che lo condannano all'ergastolo assieme a Luciano Franci: è la prima volta che In un processo d'appello vengono individuati i nomi degli esecutori di una strage. La condanna e il carcere non fiaccano Tuti che continua a sparare a raffica, ma con le parole. Il processo dell'Italicus, dice, è un processo politico e di regime; « L'Italia dei corrotti contro Mario Tuti. Qui dietro ci sono i servizi segreti, ogni giorno c'è una spia che viene sbugiardata, come in un giallo di Morris West: E c'è Licio Gelll. *quel signore che non ho mai conosciuto, figuriamoci se potevo essere iscritto alla P2'. 'Anni fa ho rifiutato persino di associarmi al Lyons club'. Dario Cresto-Dina