Nelle sinfonie giovanili le voci di Scriabin suonano come in Mahler

Nelle sinfonie giovanili le voci di Scriabin suonano come in Mahler Nelle sinfonie giovanili le voci di Scriabin suonano come in Mahler Nel rock più maschile che ci sia batte il cuore delle travolgenti sorelle Wilson proprio In posizione parallela a Mahler nella dipendenza dalla meteora Wagner; tuttavia, nel medesimo languore di archi vibranti, dove Mahler approda a nostalgia e reminiscenza, Scriabin ottiene ansia febbrile diretta. L'Allegro successivo è uno Scherzo, vicino alla stravinskiana Danza dell' Uccello di fuoco per il translucido chiarore, per 11 ricordo di voliere e di uccellini della foresta wagneriana ricondotti a più miti consigli (si pensa ancora alle «voci di natura» mahleriane). Un manierismo tristanico circola nelle prime note del finale; quindi si ripresentano opportunamente frammenti dell' esordio dell'intera Sinfonia e infine prende avvio l'ultimo episodio con l'Inserimento delle voci (mezzosoprano, tenore e coro), timbro del tutto eccezionale PERDURANDO il vento favorevole alle grandi partiture sinfoniche di Bruckner e Mahler, i programmatori dovrebbero gettare uno sguardo alla produzione parallela di Alexander Scriabin, in particolare alle tre prime Sinfonie (1900-1904) che costituiscono un preludio e un avvicinamento ai più noti Poème de l'Extase e Prométhée. Un preludio di spiccato interesse, su cui merita sostare indipendentemente da quell'approdo poematico. mistico e messianico. Ha provveduto ora a darne una registrazione Le Chant du Monde, mettendo in circolazione un cofanetto di tre dischi affidati alla direzione di Vladimir Fedosseev e all'Orchestra Sinfonica della RTV dell'Urss: esecuzioni tecnicamente autorevoli e, in mancanza di confronti, partecipi e solidali con la sostanza poetica del tormentato compositore russo. La novità più attraente e, per Inciso, la più forte tangenza con Mahler, sta nella Prima Sinfonia (1900) proprio perché meno assomiglia allo Scriabin futuro: salutata ul suo apparire dal direttore d' orchestra Safonov con parole grosse («ecco una nuova Bibbia»), scritta a ventotto anni, è un lavoro in cinque movimenti, composito, se vogliamo anche incoerente, ma segnato da una fervida fantasia: le origini dello stile di Scriabin, Impossibili da sceverare nel pastone affannoso delle opere più note (che tanto dispiaceva a Stravinski), qui si possono scorgere in un fiducioso abbandono all' estro del momento. Nel Lento Introduttivo, nelle voluttuose armonie, si respira una panica comunione con la natura: è un incontro fra il Wagner dell'Idillio di Sigfrido e la lussureggiante vegetazione del Daphnis et Chloé di Ravel (ancora di là da venire); segue un Allegro drammatico, dove l'aggettivo spiega l'agitazione teatrale di temi troppo lunghi per un tessuto sinfonico, adatti Invece al balletta al fremere di corpi e garretti che inseguono una leggerezza claikovskiana. In un nuovo Lento, Scriabin si pone E9 nota la tendena dei gruppi rock a stringere al centro dopo aver ottenuto il successo: non importa quanto si sia stati radicali alle origini, una volta che si raggiungono le vette dei miloni di copie vendute si diventa azienda e ci si debbono porre problemi di consolidamento della clientela e di allargamento del fatturato. Ecco allora metallari intrepidi farsi sempre più innocui, neo-psichedelici convertirsi a religioni consolidate, cantori •politici' riscoprire l'Amore: la corrente spinge verso il grande collettore, il mercato degli adolescenti di buona famiglia. LA diffusione a livello mondiale del jazz moderno, dopo il 1945, determinò fra i cultori di questa musica una spaccatura che prima non esisteva tra coloro che rifiutarono le nuove proposte di Charlie Parker e di Dizzy Oillespie e una minoranza che invece le accettò con entusiasmo. Oggi la distinzione non è più così netta. Ad ammorbidire la situazione contribuì assai, negli Anni Cinquanta, il quartetto senza pianoforte di Gerry Mulligan, che fu un astuto miscuglio di istanze futuribili e passatiste, ripreso e continuato da imitatori e da epigoni vari. In seguito, e soprattutto negli ultimi tempi, si sono formati moltissimi ascoltatori capaci di fruire con uguale interesse tutti gli stili del jazz, dal blues alla musica •creativa». Probabilmente, sono i tradizionalisti veri e propri ad essere diventati una minoranza, purtuttavta colta, vigile e agguerrita. Forse è diventata diversa anche la loro tecnica d'ascolto, più rit'.talistica, più disposta alla prevedibilità, ma nello stesso tempo analitica, raffinata, capace di percepire dette sfumature a cui «oli altri» non fanno nella strumentalità radicale di Scriabin: è un Inno alla musica «Immagine meravigliosa della divinità», che ambiziosamente si pone sulle tracce della IX Sinfonia e che a ragione André Lischke definisce di un «lirismo manierato»: cola un miele che VOnieghin ha già raffinato per sempre, stillante da salici secolari In isole di erbe e di ninfee, raccolto in vasi di opale da candide mani; nessuno potrebbe pensare che questo idillio debba finire In una membruta fuga scolastica, a petto in fuori: in un trionfo insomma, che è l'unico vero scivolone dell'opera. Giorgio Pestelli Scriabin, «Le tre Sinfonie», Orchestra Sinfonica della RTV diretta da Vladimir Fedosseev, Le Chant du Monde. Qualcosa di un pochino più coraggioso tentano ora gli Heart con il nuovo album Bad Animals. Forti di un'esperienza del pubblico accumulata negli spettacoli da bar e da piccolo club tra Seattle e Vancouver, gli Heart parevano predestinati al puro entertainement. Ma dopo una serie di dischi di platino e un certo apprezzamento critico le sorelle Wilson, che guidano il gruppo, hanno deciso di volgersi decisamente al loro vero amore: il rock duro. Per Bad Animals hanno chiamato a dirigere il traffico Ron Nevison già produttore di Led Zeppelin e The Who per ricollegarsi non Alcune propo solo idealmente al filone storico. Risultato: resta la semplicità essenziale delle canzoni, tutte pensate -in singolo-, resta una certa propensione alla nitidezza della linea del canto, punteggiata e seguita spesso dal movimento delle tastiere, ma le scansioni, quelle sono forti e le chitarre gracchiano com'è prescritto. Un piacevole incontro dunque tra pop e Toccacelo. Nei brani più cauti le sorelle Wilson dicono d'essersi ispirate ai Beatles, ma dirsi beatlesiani è un po' come dirsi cristiani: nessuno può negare di esserlo almeno in parte o di esserlo stato, anche perché ste discografiche di una confessione diffusa è meno vincolante dell'appartenenza a una setta II brano in cui risuona di più questo tipo di richiamo è Wait for an answer. e si tratta dei Beatles del terzo periodo (quello della postpsichedelia). Ma intendiamoci: è un richiamo cosi morbido che se non lo avessero esplicitato nessuno se ne accorgeva. L'anima vera del gruppo si esprime altrove: nella durezza appena temperata dalle voci guida di Nancy e Ann Wilson. Ann soprattutto si dimostra una presenza di assoluto rilievo con piacevolissima alternanza di timbri rochi e leggeri, acuti e morbidi. jazz delle origini diffìcile da creare in sala e ancor più difficile da mantenere in concerto. Ed è anche questo un fatto da segnalare: la presenza femminile che nell' hard rock è sempre stata un 'eccezione, qui diventa la vera leva espressiva, la vera novità. Lontana, lontanissima l'epoca in cui il rock al femminile si rappresentava nella piccola Suzi Quatro. Le sorelle Wilson cantano, suonano, compongono. Il rock più maschile che ci sia, riesce a diventare cosa loro e non è più il caso di stupirsi. Gianfranco Manfredi Heart: «Bad Animals», Emi. di Sidney Bechet e Mene Mezzrow ha riportato alla ribalta tutto il materiale delle storiche sedute di registrazione a cui i due solisti presero parte fra il 1943 e il 1947. Furono avvenimenti fondamentali, allora, per il rilancio del jazz tradizionale, che in Italia ebbero per anni soltanto una debole eco attraverso la circolazione di un disco a settantotto giri che conteneva il bellissimo Oone away blues. Fra le iniziative più corpose va ricordata anche la serie, appena iniziata, delle Great originai perfomances che ripropone, con la fedeltà di un'incisione digitale, le opere più bette dei grandi del passato (per adesso, di Bix Beiderbecke e di Bessie Smith). I tradizionalisti più severi, peraltro, le rifiutano perché hanno perduto la patina di antico che forma tanta parte del loro fascino. Molti consensi, infine, hanno ottenuto pure The dixieland band di Bob ■ Crosby, Blue clarinet stomp di Johnny Dodds, ' Sweet like this di King Oliver, Whlle cat blues di , Clarence Williams, The ' big band di Joe Venuti. L'elenco potrebbe continuare. Franco Fayenx a

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