Nel Golfo ora vince la paura Rinviato lo scontro Usa-Iran di Ennio Caretto

Dichiarazioni distensive di Weinberger e Rafsanjani Dichiarazioni distensive di Weinberger e Rafsanjani Nel Golfo ora vince la paura Rinviato lo scontro Uso-Iran Il convoglio delle WASHINGTON — D convoglio formato dalle tre petroliere del Kuwait battenti bandiera americana e dalle tre navi da guerra Usa di scorta ha superato indenne lo Stretto di Hormuz ed è atteso oggi al terminale di Al Ah madi. Esso procede in fila indiana: in testa è la Sea Isle City, la più grande delle petroliere, un'unità della Task Force dietro, e cosi di seguito. E' una cautela imposta dalla presenza delle mine nel Golfo Persico, soprattutto in prossimità dell'isola iraniana di Parsi: se colpite, le petroliere con le loro 60-80 mila tonnellate di stazza non corrono il rischio di affondare, a differenza delle navi da guerra. Al Pentagono la tensione è enorme: si spera di evitare un altro scoppio come quello che danneggiò la superpetroliera Bridgeton due settimane fa. La spedizione, la terza in venti giorni, è cruciale non solo per la riuscita dell'operazione «Buona volontà», come è chiamata la difesa delle rotte del petrolio nel Golfo, e dunque per la pax americana, ma anche per la mediazione dell'Onu tra l'Iran e l'Iraq e per l'equilibrio strategico tra le superpotenze nell'area più incandescente del mondo. Un aereo e una fregata iraniani hanno seguito ieri il convoglio, sia pure a prudente distanza, e l'ambasciatore di Khomeini in Libano, Dastalkamian, ha ammonito che « Teheran è pronta a trasferire il terrorismo di cui gli Stati Uniti la fanno oggetto nelle strade di Washington e nei corridoi della Casa Bianca: Ma l'assenza di incidenti — salvo drammatiche sorprese oggi — e le rasserenanti dici frazioni di due del protag. .initi del confronto, il ministro della Difesa americano Weinberger e il leader del Parlamento iraniano Rafsanjani. fanno pensare che la crisi sia entrata in una curva discendente, dopo aver toccato l'apice la scorsa settimana con le manovre militari «Martirio* ordinate ai suoi seguaci dall'ayatollah. Intervistato a Washington dalla televisione Cbs, Weinberger ha smentito infatti che l'America 'abbia intenti aggressivi nel Golfo Persico-, e Rafsanjani ha detto al quotidiano tedesco Die Welt che all'Iran 'interessa molto tenere aperto lo Stretto di Hormuz-. 'Ma lo Stretto dev'essere aperto per tutti o per nessuno, ha aggiunto. 'L'Iran lo chiuderebbe se non potesse più utilizzarlo per le sue esportazioni di petrolio-. L'andamento dell'operazione «Buona volontà» e le asserzioni dei contendenti sembrano dimostrare che uno scontro armato tra la Repubblica islamica e la superpotenza, o peggio una guerra che sarebbe più grave di Berger e Albere petroliere e delle navi da guerra Usa ha supe squadra della portaelicotteri Guadalcanal con 1900 marines a bordo; la seconda non ha il totale controllo del «pasdaran» che potrebbero compiere azioni da kamikaze contro gli Usa. Esiste inoltre la grande incognita dei Paesi del Golfo come l'Arabia Saudita e il Kuwait. Sono stabili? O Khomeini crede di poterli destabilizzare facilmente, come indicherebbero i torbidi da lui organizzati alla Mecca, e soffocati nel sangue? L'America ha intrapreso il braccio di ferro con l'Iran nella speranza di metterlo sulla difensiva, e di mobilitare al tempo stesso l'Onu e l'Europa contro di esso. Reagan pensa che se le Nazioni Unite vietassero a tutti di Paesi di fargli forni¬ quella del Vietnam, non è inevitabile. L'America ha sfoggiato un'inattesa saggezza evitando gesti provocatori durante le esercitazioni iraniane, e l'Iran l'ha sfoggiata rinunciando ad assalire il convoglio delle petroliere del Kuwait e della Task Force americana. Washington e Teheran sembrano non solo temersi a vicenda, per motivi ben diversi; ma anche avere lo stesso obiettivo immediato, mantenere la libertà di navigazione nel Golfo Persico, Il pericolo è che non riescano a conservare questo difficile equilibrio. La prima sta radunando la flotta più potente mai vista nella regione — 24 navi, 15 mila uomini — e tra pochi giorni manderà nel Golfo la rato senza danni lo S ture militari, e se gli europei formassero una forza multinazionale di dragamine, l'ayatollah si troverebbe nel più completo isolamento e dovrebbe cambiare strategia. Ma U presidente ha sbagliato calcolo: all'Onu l'Urss e la Cina minacciano di porre il veto al bando delle vendite di armi all'Iran, e gli alleati della Nato esitano a intervenire perché ritengono la situazione troppo esplosiva, e preferiscono conservare un minimo margine di mediazione, anche se la Francia ha rotto i rapporti diplomatici con Teheran. Un altro sviluppo negativo che Reagan non è riuscito a prevedere è il riawicinamento dell'Iran all'Urss, sua tradizionale avversaria nell'Asia centrale. Ieri, Mosca ha annunciato che alla fine del mese una sua delegazione si recherà da Khomeini per studiare il trasporto del petrolio iraniano in territorio sovietico sino al Mar Nero. L'Iniziativa rientra nell'accordo di collaborazione economica firmato dai due Paesi a luglio: essi utilizzerebbero un gasdotto che porta fino al Mar Caspio 700 mila barili di metano al giorno, e di là lo manderebbero per nave al terminale petrolifero di Baku. TJ regime di Khomeini avrebbe cosi un altro sbocco, qualora lo Stretto di Hormuz fosse bloccato. In cambio, garantirebbe al Cremlino l'accesso al Golfo Persico — il vecchio sogno degli Zar — tramite una nuova ferrovia. tretto di Hormuz VI è pertanto la possibilità che, anche se non scoppiasse nessun conflitto, gli Stati Uniti vengano a scoprire un giorno che il Golfo è innanzitutto un lago sovietico e iraniano, esattamente ciò che Reagan desidera impedire. In un caso simile, l'influenza sovietica sul Medio Oriente aumenterebbe a dismisura: diverrebbero più complicate anche le trattative per la pace tra gli israeliani e gli arabi, che il presidente cerca di avviare questa settimana, tramite il suo emissario speciale a Gerusalemme Charles Hill, che oggi dovrebbe incontrare il primo ministro Shamir. Dopo oltre un mese di tensione, in cui si è più volte sfiorata la tragedia, appare chiaro che non esiste alternativa a un dialogo diretto tra gli Stati Uniti e l'Iran. Nella sua ultima conferenza stampa, il segretario di Stato Shultz ha indicato che la superpotenza vi è disposta: ha detto di essere in comunicazione, tramite canali diplomatici, più precisamente la Svizzera e l'Algeria, con il regime di Khomeini, ma ha aggiunto che i contatti sono resi sporadici e poco costruttivi dalla rigidità della rivoluzione islamica. Se le Nazioni Unite e soprattutto l'Europa riuscissero a rendere questo dialogo più facile e più vicino, la crisi del Golfo Persico diminuirebbe di intensità: la pausa delle ultime ore potrebbe diventare permanente. Ennio Caretto