Capriccio delle Muse
Capriccio delle Muse Capriccio delle Muse LONDRA — E' l'anno del Capriccio di Richard Strauss, libretto di Clemens Krauss, altrimenti di rado messo in scena. In un elegante allestimento Anni 20 piuttosto che 1775. come previsto dal testo, Capriccio è andato in scena anche a Glyndebourne, dove si vale della bacchetta di Bernard Haitink che lo dirige — bene — per la prima volta. Il cast è ottimo: Felicity Lott ha eleganza nel portamento e nella voce, come si deve per la parte principale della Contessa; brava Anne Hawells in quella di Clairon ; Olaf Bar è un eccellente, anche se forse troppo giovane, conte; Fiorella Pediconi e Jean-Luc Viala formano una spiritosa coppia di cantanti italiani che vengono presi in giro da Strauss e dal costumista (Martin Battersby); Ernst Gutstein nella parte di La Roche è sornione; Flamond. il compositore, è l'ottimo David Kurber. E' questa un'opera senza trama, il cui soggetto è l'opera stessa e il nodo della vicenda è immediatamente esposto nelle prime battute musicali, e in italiano: 'Prima la musica, poi le parole», oppure 'Prima le parole, poi la musica». Quale tra le due è la più importante? Quale delle due Muse esprime l'arte, l'essenza creativa in modo esemplare? E possono le due convivere? La musica e la parola sono rappresentate dai due corteggiatori della contessa, l'elegante vedova Madelaine. n soave poeta Olivier (il bravo Peter Webern) brucia di repressa passione e com¬ pete con il compositore Flamand. Mentre il conte, fratello della contessa, amoreggia con la musa della Tragedia (rappresentata dall'attrice Clairon), la contessa, personaggio centrale, dovrebbe giudicare, decidersi. Ma non sa farlo. Bisognerà unire le due espressioni, dice, e cosi si farà un'opera. La vicenda rappresenterà i fatti avvenuti nel corso della giornata cioè quelli ai quali abbiamo assistito da spettatori. In questo denouement pirandelliano (specie se visto con scene e costumi degli Anni 20 come qui a Glyndebourne con un Braque e un Marie Laurencin alle pareti dell'aristocratico castello francese) arrivano due deliziosi e spiritosi ballerini (co-, reografia di Paullne Grant) e i cantanti lirici italiani. La Roche, l'impresario, è per le belle scene, per i ricchi acuti, le colorature, le cabalette. In effetti il diciottesimo secolo ci manca un po', perché sulla scena si muove la controversia dei tempi di Gluck e Piccinni, tra opera italiana e opera tedesca. Nella famosa scena la contessa, rimasta sola e ben mossa dalla regia di John Cox, canta i due versi del sonetto che è stato composto per lei. La musica è ormai inseparabile da quei versi. E da lei. Scegliere uno degli amanti — e delle forme d'arte — come aveva promesso, significherebbe perdere l'altro. Entrambe l'amano, cosi la contessa non sceglierà nessuno dei due. Ma come por fine a quest'opera? Per fortuna il maggiordomo salva la situazione: »Il pranzo è servito», dice. E' certo in qualche modo doloroso pensare che la prima di Capriccio avvenne il 28 ottobre 1942. a Monaco, quando tutto attorno a Strauss l'Europa scoppiava, quando i treni partivano da Auschwitz vuoti per tornare pieni di carne da macello. Strauss, un nazista, del resto, componeva queste graziose note wagneriane e si dilaniava sulla controversia tra poesia e musica. Alban Berg, il compositore che era morto sette anni prima, aveva invece portato tutta la tragedia di quegli anni nell'opera lirica, rendendola viva, contemporanea, palpitante. Strauss rimaneva invece parte dell'Art Retro, attaccato a una Belle Epoque colorata di finto Rococò. Gaia Servadio
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