Fuma in ufficio: licenziato

Fuma in ufficio: licenziato Bonn, il giudice (non fumatore) ha dato ragione all'azienda Fuma in ufficio: licenziato BONN — Costeranno care, a Ralf Schirrmacher, le dieci sigarette al giorno che fumava in ufficio. Per quelle dieci sigarette Ralf è stato licenziato. E quando si è rivolto alla magistratura, impugnando il provvedimento, un gludice-non fumatore gli ha dato torto, introducendo cosi un principio nuovo nella giurisprudenza del lavoro: chi fuma può essere licenziato. Incredulo e ostinato, Ralf ha impugnato anche il giudizio ricorrendo in appello: ma il tempo stringe, e se il secondo grado non avrà rovesciato 11 primo, a fine settembre dovrà lasciare il posto di lavoro. E' un posto di tecnico presso l'azienda municipale che distribuisce l'acqua a Nlenburg. una cittadina della Bassa Sassonia. La scrivania di Schirrmacher è in un salone che ne ospita altre quindici. Un ambiente di 280 metri quadrati con le finestre sigillate. Dieci non fumatori, sei fumatori, fra i quali Ralf con le sue dieci sigarette: la parte della razio¬ ne quotidiana che non può fare a meno di bruciare in ufficio. Falliti i tentativi di persuasione, i non fumatori fanno scattare la regola democratica della maggioranza: e ottengono dall'azienda 11 divieto di fumare. Cinque dei sei fumatori si piegano, ma Schirrmacher non ci pensa nemmeno. E continua a intervenire sul microclima dell'azienda con le volute azzurre delle sue Carnei. H direttore, Diethard Muecke, lo avverte più volte, e alla fine, consultato il consiglio di fabbrica, gli manda la lettera di licenziamento. A questo punto la vicenda si trasferisce nelle aule giudiziarie. Sicuro del fatto suo, Ralf non dubita della concomitanza di due diritti: U diritto al lavoro. U diritto di fumare in pace. Ma 11 giudice, Wolfgang Moeller, non è affatto di questo parere. □ datore di lavoro, spiega nella sentenza, ha fatto bene a vietare 11 fumo negli uffici: poiché è suo dovere tutelare la salute del collaboratori. E' ragionevole, in fondo, chiedere a un fumatore di non toccare il pacchetto per quattro ore. Certo, aggiunge Moeller, la soluzione ottimale sarebbe l'allestimento di stanze riservate per chi voglia bruciare e aspirare tabacco. Dal fatto che il divieto è legittimo, discende la legittimità del licenziamento di chi sistematicamente lo ignora. Non solo, ma costui dovrà anche pagare le spese di procedura, duemila marchi. n malcapitato Schirrmacher non vuole commentare la sentenza. Si limita a giurare che lui non molla, e per questo si rivolge alla corte di secondo grado che siede a Hannover. Intanto, al tavolo di lavoro, incurante dell'ostilità del colleghi continua a soffiare le sue nuvole azzurre. Forse di fumare non ne ha più nemmeno tanta voglia, ma è chiaro che lo fa per partito preso, per difendere insieme il suo presunto diritto e la specie alla quale appartiene. C'è chi ha ragioni particolarmente profonde per non gradire affatto questa evoluzione. Uno del primi commenti alla sentenza di Nlenburg, non a caso, viene da Ernst Brueckner, rappresentante della federazione tedesca delle Industrie del tabacco. Brueckner si dichiara scandalizzato, e come capita spesso quando ci sono di mezzo degli interessi molto concreti, ne fa una questione di principia E' una vergogna proclama: non si può troncare l'attività professionale di una persona per una questione come questa, che fra persone assennate è cosi facile risolvere di comune accordo. Entusiasta della decisione, invece, il cancerologo Friedrich Schmidt. E' un primo passo, dice, verso la difesa di chi non fuma. Il fumo passivo, cioè l'essere costretti a respirare il fumo degli altri, non è soltanto fastidioso, è anche molto dannoso. Bisognerebbe, almeno, che nel luoghi di lavoro si fumasse soltanto con l'assenso di tutti i presenti. a. v.

Persone citate: Ernst Brueckner, Friedrich Schmidt, Moeller, Ralf Schirrmacher, Wolfgang Moeller

Luoghi citati: Bassa Sassonia, Bonn, Hannover