Un po' di ossigeno ma la crisi rimane

Un po' di ossigeno ma la crisi rimane Interventi per 215 miliardi Un po' di ossigeno ma la crisi rimane La zootecnìa italiana torna a far parlare di sé, e ancora una volta in modo negativo. Siamo a una crisi come non si ricordava da anni. Migliaia di allevatori sono costretti a svendere il bestiame e a chiudere le stalle. Gli interventi decisi venerdì dal Cipe per gli allevamenti bovini e suini (soprattutto premi per incrementare l'allevamento in Italia di vitelli e maiali) non sono altro che misure d'emergenza. Come ha riconosciuto lo stesso Pandolfi, "Si traila — ha detto il ministro — di misure d'emergenza che. per quanto importanti, non bastano, perché la vera scommessa da cui dipende il futuro della zootecnia da carne italiana si gioca sul versante delle politiche strutturali e di risanamento, con interventi per la sicurezza sanitaria, la qualità, la promozione commerciale, l'ammodernamento degli impianti». Parole più esatte non potevano essere pronunciate. La boccata d'ossigeno che gli interventi d'emergenza hanno portato servirà a poco, infatti, se non si inciderà a fondo sulla struttura stessa della zootecnia italiana. L'allarme per quest'ultima, gravissima, crisi, è suonato da mesi, ma ora, come osservano i dirigenti della Confagli coltura, «siamo sulla soglia di guardia». Anche perché tutti i settori zootecnici sono spazzati dalla bufera d'un mercato che non assorbe più. La crisi ha delle cause comuni a tutti i comparti, e altre specifiche. Tra le prime: l'accentuata concorren¬ za dei prodotti d'importazione, una disponibilità di prodotti nazionali in leggero incremento. Fin qui, le cause generali della crisi, alle quali ogni settore ne aggiunge di proprie. Cosi, l'allevamento bovino da carne sconta una persistente diffidenza del consumatore per la bistecca. Un atteggiamento non del tutto ingiustificato, dopo i numerosi arresti di allevatori che usavano sostanze illegali — e dannose alla salute dell'uomo ■— per allevare i vitelli. Non meglio va il settore avicunicolo, che le misure del Cipe hanno del tutto dimenticato: il dramma è costituito dalle importazioni selvagge, e da ondate ricorrenti di sovrapproduzione. Chi sta peggio, però, sono i suinicoltori: in quattro anni il loro prodotto ha perso un buon 30% di prezzo, mentre i costi di produzione sono aumentati di oltre un terzo. Non saranno certo le misure prese venerdì dal Cipe, per quanto utili e pronte, a risanare la zootecnia italiana. Ora bisogna passare dai provvedimenti di emergenza a programmi a lunga scadenza. Le organizzazioni agricole chiedono da tempo un serio «Piano carni» per valorizzare la produzione italiana e rilanciare tutti i settori zootecnici. In questo piano — sarà bene tenerlo presente, e lo stesso Pan dolfi l'ha sottolineato — dovranno essere coinvolti direttamente gli allevatori (specie quelli di bovini), affinché s'impegnino a prò durre carne di elevata qua Ina. Livio Durato

Persone citate: Pandolfi

Luoghi citati: Italia