Goodbye vecchia Inghilterra

Goodbye vecchia Inghilterra L'EUFORIA DI UN PAESE CHE HA FINALMENTE DECISO DI CAMBIARE Goodbye vecchia Inghilterra Stanca di essere inferma, abbraccia con slancio la necessità di un rinnovamento profondo - Non c'è più nulla di sacro, d'intoccabile - Mentre la Francia è depressa e la Germania statica, la Gran Bretagna è spavalda - Londra perde il volto severo, diviene un festoso bazar alla Manhattan - Tali sono le trasformazioni che cancellano talvolta anche le virtù della Old England DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA — C'è un'Inghilterra nuova. Tanto nuova che il mondo fatica ad accorgersene. Come sempre, è la star a dominare la scena, a monopolizzare le luci dei riflettori: per cui non sembra esservi che Margaret Thatcher, più altera, più spavalda, più battagliera che mai. Ma, alle spalle di Maggie, c'è la Gran Bretagna, ci sono queste isole ormai irriconoscibili, trasformate, è innegabile, dalle incandescenti riforme della Lady di Ferro ma, in misura forse maggiore, da forze parallele, possenti e profonde. L'Inghilterra non è più una grande, eterna malata. La sua insanabile sclerosi è scomparsa, come già sono scomparse, da ventanni quasi, nebbie e bombette. Nelle vicende umane, tutto ha una premessa. Nulla nasce da zero. Non furono le sole idee a generare la Rivoluzione Industriale, ma le idee più i copiosi capitali creati dall'agricoltura durante il Settecento. E cosi la Rivoluzione thatcheriana, caduta, come pioggia primaverile, sii un terreno che pareva arido e sterile, ma che attendeva, sempre più impaziente, l'opera di un nuovo coltivatore. L'Inghilterra era stanca di essere inferma. Già alla fine degli Anni 70, quando più gravi parevano le sue afflizioni, fremeva irrequieta nel suo letto d'ospedale. Neppure Maggie avrebbe guarito una nazione che non voleva guarire, una società catatonica. I politici non fanno miracoli, li rendono possibili, così come fecero Adenauer e De Ga speri in Germania e in Italia. L'Inghilterra non è più quella di prima perché ha finalmente accettato la necessità di cambiare. Per altre nazioni, per l'America in particolare, ' un'evoluzione incessante è una norma di vita, è la vita stessa. La Gran Bretagna, invece, benché afflosciatasi senza troppe angosce da superpotenza a potenza media, si era rifugiata in un immobilismo che, con il passar degli anni, era divenuto un comodo santuario, un solenne museo. George Bernard Sfiate aveva detto all'inizio del secolo: «Nulla è più doloroso per l'uomo di un'idea nuova». Era una delle sue brillanti frecciate, ma descrìveva quello che sareb- be divenuto lo spirito nazionale dopo la sua morte, negli Anni 50, 60 e 70. Tutto mutava, meno l'Inghilterra. Uno scrittore affermava: «Siamo un vascello arenato. Non affondiamo, ma non navighiamo». Un big bang Era una Chiesa, tutto era sacro, intoccabile: industria, scuola, sindacati, burocrazia, ogni istituzione e ogni tradizione, ogni uso e ogni costume, che, anzi, più vetusti, più polverosi erano più meritavano rispetto e fiducia. C'era •un motivo in tanta venerazione. Questa Old England, che nessuno osava o voleva correggere, aveva avuto una sua grandezza e una sua bellezza. Aveva dato tanto al mondo e, alla fine, quando già stanca, aveva sbarrato, sola, la strada al nazismo. Era altera, arrogante anche, questa vecchia Inghilterra, fin troppo piena di glorie, di esperienze e avventure vitali. che mai ha conosciuto un invasore straniero dopo il I0S6. Ma con la fine degli Anni 70, prima ancora che Margaret Thatcher spezzasse il potere laborista, fermenti nuovi agitavano la società. Poi, l'esplosione, un big bang universale che, di giorno in giorno, riplasma forme e contenuti che parevano destinati a una infeconda immortalità. La storia è veramente prodiga di sorprese. I francesi non vedono che nembi minacciosi sul proprio orizzonte, si sentono d'improvviso nella trappola di un •declino irresistibile', si giudicano finis. / tedeschi non riescono a fugare un angst che diluisce i benefici della loro ricchezza. Gli inglesi, invece, vivono tempi euforici, sentono vibrare il motore nazionale, conoscono le gioie di una sorridente convalescenza. Se prima tutto era sacro, adesso tutto è dissacrabile. L'industria? Si riconosce finalmente che ha perso anni preziosi, che si è adagiata per troppo tempo sugli allori vittoriani, che ha bisogno di una nuova generazione di manager intraprendenti e competenti. La scuola? Si riconosce che gli inglesi sono i meno istruiti in Europa, che occorrono riforme radicali: e il governo è deciso ad attuarle. I sindacati? Si riconosce che Maggie ha fatto bene a limitarne lo strapotere, che in futuro dovranno agire entro precise frontiere stabilite dalla legge. Il Parlamento? Non è affatto il migliore del mondo. Si vuole un Bill of Rights, all'americana, si afferma che i diritti fondamentali non sono qui protetti a sufficienza. Già ora colonne di inglesi si rivolgono alla Corte europea, a Strasburgo. Mentre prima erano fieri, fino alla superbia, della loro inalterabilità, oggi sono fieri della loro versatilità. L'antico male britannico, la complacency, l'eccessivo compiacimento di se stessi, è incrinato da una nuova avida curiosità, da una nuova pugnace irriverenza. La staticità è tvgdRnp travolta da una mobilità vertiginosa. La Chiesa d'Inghilterra deve aprire il sacerdozio alle donne. Municipi e Regioni devono perdere alcune delle loro autonomie secolari e accettare una maggior presenza dello Stato. La Camera dei Comuni deve forse arrendersi e permettere alla tv di violare la sua privacy. Il turismo, attività prima negletta, quasi sprezzata, flette i muscoli e diviene maestosa industria, le cui entrate sono già inferiori soltanto del 20 per cento a quelle della solatia Italia. Al caffè Da vari mesi a questa parte, l'economia va fin troppo bene, una vera success story. Troppo, perché si notano sintomi di surriscaldamento. Questa nazione che, fino a poco tempo fa, era sinonimo di anemia industriale, ha aumentato la produzione del 3.8 per cento in dodici mesi e di ben il 4,8 negli ultimi tre e. negli stessi periodi, ha accresciuto il prodotto lordo del 3.3 e del 5J, un record in Occidente. In un anno, la disoccupazione è calata dall'Ufi al 10,5 per cento, meno della Germania. Certo, vi sono ancora i tristi deserti industriali del Nord, vi sono ancora immensi slums, ma si sono compiuti progressi impensabili e, soprattutto, si è spezzata la morsa della rassegnazione, del fatalismo, dell'aggressività operaia e della inettitudine manageriale. Avvengono cose singolari, inaspettate. Questa capitale, notoria in passato per le severe chiusure dei suoi negozi, sta diventando una specie di bazar alla Manhattan, con orari sempre più elastici, con aperture serali e presto domenicali. Quest'isola, dove la legge permetteva di bere soltanto per pocìie ore, abolirà fra breve quasi ogni restrizione. C'è chi dice: l'Inghilterra 'Si continentalizza* e, in parte, è vero In una bella giornata di sole, una via nel centro di Londra non è diversa da una via d'oltre Manica: tavolini sui marciapiedi, caffè, pasticcerie, pizzerie, botteghe che vendono baguettes. botteghe che vendono crepes. una festosa confusione. L'Inghilterra grigia, austera, spartana, arcigna appartiene alla storia. Anche nella più inevitabile, nella più benefica delle trasformazioni, c'è però della • malinconia-. come diceva Anatole Trance: «Si perde sempre qualcosa di noi stessi». E. talvolta, la perdita è dolorosa. Gli inglesi cominciano a non aver più quella poverty of desire, quella povertà di desideri, in cui si ravvisava una delle cause del loro declino economico: ma c'è ora chi trova deplorevole, grossolana, rozza, antiestetica persino, la crescente golosità, la maggior voglia della acquisitive society. Si ammorbidiscono le frontiere fra le classi, ma si lamenta che, sulle ceneri di una società senza classi, ne nasce una senza classe, priva di stile, becera. Rifiorisce dopo oltre cinquantanni l'intraprendenza, ma scema la carità, lo slancio sociale. E tutto contribuisce a infiammare una delinquenza brutale, feroce, che, nelle grandi città, impone cautele e difese un tempo inconcepibili. In Inghilterra non esistono gli intellettuali, un mandarinato a sé interrogato e consultato su tutto, una congregazione d'infallibili sibille. Gli intellettuali disposti a parlare rispecchiano però questa metamorfosi britannica. C'è una destra che l'applaude; c'è una sinistra, non necessariamente socialista o ideologica, che la condanna. La prima pone l'accento sulla guarigione economica, la seconda sulla morte di un'Inghilterra più dimessa ma più civile, «con meno carte di credito ma più principi». Sono malinconie comprensibili, ma non sempre giustificate, non esisteva una Old England povera ma bella. La ricchezza nazionale cresceva troppo lentamente per tutte le necessità, anche quelle della cultura, dell'arte. I ritratti delle Nazioni devono essere ritoccati, rinnovati, aggiornati incessantemente. Tre immagini in Europa esigono pennellate urgenti: bisogna aggiungere qualche ruga al volto della Francia, bisogna aggiungere muscoli alle braccia dell'Italia e dell'Inghilterra. L'Italia è maturata, l'Inghilterra è cambiata. Entrambe hanno tuttora malanni che, se trascurati, potrebbero appesantirne il passo: ma entrambe, sia pure attraverso evoluzioni diverse, hanno abbandonato la corsia riservata agli etemi malati. La New England e la New Italy sono due realtà internazionali, due forze robuste, irrequiete, due viaggiatori ansiosi di andare lontano. Se ne può trarre una morale. La lezione britannica conferma la forza delle democrazie, capaci di mutare assorbendo tutte le inevitabili tensioni generate dalla scomparsa di vecchi valori, interessi, affetti. La glasnost, insita in ogni società libera, la rende flessibile, versatile, plasmabile. Ben lo sa Garbar ciov che, a differenza di Maggie, non può contare su questo moto perpetuo irresistibile, invincibile. Mario CirieUo Londra. Il sorriso della principessa Diana: l'Inghilterra grìgia, austera, spartana, arcigna appartiene alla storia (Tel. Ap)

Persone citate: Adenauer, Anatole Trance, De Ga, George Bernard Sfiate, Margaret Thatcher