La grande faida tra i delfini dell'Imam di Igor Man

La grande faida tra i delfini dell'Imam La grande faida tra i delfini dell'Imam A Teheran, 11 giugno dell'anno scorso, mi toccò in sorte di assistere a una udienza semiprivata di Khomeini. Davanti a un microfono rabberciato con rimasugli di nastro isolante,l'Imam disse con la sua voce fonda: •/ religiosi, i governanti depongano ogni personalismo, lavorino al servizio del popolo. Mi è rimasto poco tempo e pres'u sarò lassù-...». n pomeriggio di quel giorno, l'hojatoleslam Akbar Hashemi Rafsanjani, presidente del Parlamento, mi concesse un'intervista. L'appello accorato dell'Imam all'unità — dissi — lascia presumere che ci sia in Iran una lotta per il potere. E' cosi? Colui che certi esperti occidentali indicano come il delfino in pectore dell'Imam, è un uomo di giusta statura, dal volto rotondo (qualcuno ricorda Wallace Beery?: gU somiglia), vivacizzato da un paio di baffettl radi e da una modesta peluria sul mento. •Non ha la barba — dicono di lui — ma ha la testa. Meglio questa che quella», aggiungono riferendosi a Montazeri che gli alti religiosi chiamano con sufficienza dt nati, contadino, a sottolinearne lo scarso spessore culturale. • Vede — rispose Rafsan- jani — in Iran il contrasto sull'assetto della Repubblica è fra due correnti. La prima è per una libera impresa controllata si dallo Stato ma secondo i moduli del capitalismo classico; la seconda pensa a uno Stato dirigista. Il confronto è vasto poiché i due modi di concepire il nostro sviluppo (e implicitamente la condotta della guerra poiché il conflitto, specie se lungo, rallenta lo sviluppo) investono il Parlamento, il clero, l'università. Se lei per lotta per il potere intende che ognuna delle due correnti cerca di doppiare l'altra, ebbene si: la lotta esiste», rispose Rafsanjani. A più di un anno di distanza, l'altro ieri, Rafsanjani ha ripetuto gli stessi concetti aggiungendo, però, quello che Khomeini, allettato, sembra, a causa di una crisi diabetica,disse allora: stiamo attenti a non esasperare il dibattito interno, la nostra forza è nell'unità. Perché Rafsanjani. ha parlato cosi proprio nel momento in cui si svolgevano le manovre Martirio e venivano annunciati clamorosi successi sul fronte terrestre? Evidentemente si sente sicuro di se stesso al punto da affermare che una guerra moderna 'Si deve combattere non coi moduli del '15-'18, se veramente si ha intenzione di vincerla». La partita per la successione si giuoca all'Interno delTestablisftement in turbante. Personaggi come Bakhtiar, Amini, Adani etc. rappresentano, infatti, solo se stessi: in un Paese, l'Iran, dove più della metà della popolazione ha meno di 25 anni, contano quanto il due di coppe. L'ayotallah Khamenei, ascetico e ambizioso presidente della Repubblica, e lo spregiudicato Rafsanjani esprimono le due principali correnti da cui partono messaggi in codice che identificano gli schieramenti. Khamenei è In difficoltà: lo scioglimento, il mese scorso, del Partito repubblicano islamico, lo ha privato della sua base più forte. Ha cercato di negare la fiducia al primo ministro Mussavi, detto «il bolscevico., è non c'è riuscito, poiché il premier, un radicalpopulista, può contare sull'appoggio di Montazeri. A pilotare la destra estrema è il terribile Lajavardi, ex procuratore generale, «il macellalo di Evin», la prigione dei grandi massacri al tempo della repressione seguita agli attentati del 1981. All'estrema sinistra troviamo l'ayatollah Khoiniah, leader di quegli «stu¬ denti fedeli all'Imam» che occuparono l'ambasciata Usa. Oggi è 11 procuratore capo della Repubblica ed ha guidato i pellegrini «arrabbiati» alla Mecca. E tuttavia non sembrerebbe corretto collocare un ayatollah a destra e uno a sinistra in ragione di categorie preconcette. Non fosse altro perché chiunque prenderà il potere, dopo la dipartita dell'Imam, dovrà sciogliere il nodo della guerra. Ma i pasdaran ai quali Khomeini ha ossessivamente ripetuto che la •guerra è una benedizione giciché è Dio che incita gli uomini a battersi, a uccidere». 1 pasdaran saranno capaci di «tradire» il loro Imam accettando soltanto l'idea della pace? L'interrogativo — s'è già scritto — sprofonda in una «antichità asiatica», in una dimensione senza futuro che riporta al passato, alle storie di Gobineau, alla lotta contro 1 Turcomannt, ai soldati persiani «che vagavano, senza capirlo, in un mondo guidato dalla malvagità e dall'insipienza». E ci fa tornare in mente quanto disse, un giorno, Krusciov a Walter Lippmann: 'L'Iran? E' una mela bacata, dobbiamo solo aspettare che ci cada in mano». Igor Man Teheran. L'hojatoleslam Rafsanjani, presidente del Parlamento

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