Zucchero & Cocker, così nasce un bel blues

Zucchero & Cocker, così nasce un bel blues Il giovane italiano e il maturo inglese.in concerto per dodicimila allo stadio di Rimini Zucchero & Cocker, così nasce un bel blues A ognuno il suo repertorio, poi insieme hanno eseguito «With a little help from my friend» - Ora stanno preparando un disco che uscirà in autunno: «Ho scritto una musica che trovo molto bella — dice Joe — vorrei che Sugar ci mettesse le parole» DAL NOSTRO INVIATO RIMI NI — Un concerto da vivere: palco e prato e gradinate insieme. Martedì sera, allo stadio di Rimini, dodicimila persone sono scivolate dal coinvolgimento emotivo e fisico del sound di Zucchero all'entusiasmo — rispettoso prima, poi trascinante — per i pezzi vecchi e recenti di Joe Cocker. E non poteva che finire con una 'festa' dei due insieme sul palco, un «fratello maggiore» (cosi dice Zucchero) un po' stanco e proprio per questo grintoso e generoso, e uno più ragazzo, tanto felice da prendere in braccio il maestro a metà canzone. Quattro ore di stadio, musica per tre ore piene. Ieri hanno replicato a Viareggio, questa sera a Napoli. j E' Zucchero ad aprire. Attacca i pezzi di Blues, ultimo Lp. Ritmo e coinvolgimento crescono insieme, ragazze si alzano a ballare. «Con lé mani» e «Pippo», «Rispetto» e «Canzone triste»; c'è spazio grande per la band, per i fiati di Eric Daniel, Mike Appelbaum, James Thompson, la batteria di Michele Leonardi, la chitarra di Giuseppe Martini. E, soprattutto, per la voce di Lisa Hunt, la corista newyorkese. [ C'è amore per -lei, per quei suoi neri chili di note e simpatia. Mentre i volontari del soccorso portan via chi s'è sentito male (da dietro premevano troppo verso le transenne), in gradinata si applaude alla sua voce e si rac¬ conta una bella storia: Zucchero l'ha scorta in Central Park, mentre lei canta guadagnandosi da vivere alla buona: «Vieni in Italia», le dice. E lei chiede: «Perché dovrei?». Allora lui: «Sei bravissima, là guadagnerai di più». «Ok», dice Lisa, e parte. Band, vocalist e Sugar: è il trionfo del ritmo. Dirà lui dopo la serata: «A me interessano solo i suoni: andia¬ mo a suonare, andiamo a cantare, e basta. Il testo? Viene in conseguenza. Lascio la lirica a chi la fa di professione. E poi non è detto che non lo sia anche questa». L'intervallo è lungo, troppo. La gente rimane ordinata sulle gradinate, seduta e obbediente sul prato, assetata. Fra le proteste per la pausa, ci sono voci che traboccano ammirazione: «Joe si sarà fatto una bevuta micidiale». Afa quando lui arriva, non ha faccia da doposbronza: rispolvera la sua storia musicale con voce da vecchio negro e da astuta rockstar bianca. Il pubblico non balla ora, lo ascolta come fosse un disco che s'è fatto persona, solo una bimba mima il tempo a due metri dal palco. E' spettacolo grande. Il pubblico aspetta «Feeling alright», ma chiede poco: si capisce subito che tanto lui non si fermerà presto. Senza più barba, con una pancetta che non ha voglia di nascondersi, con l'aria un po' da 'Scoppiato' che la sa lunga, Joe lascia spesso che la band sia regina: i sax di Rick Cunnigham e Larry Marshall ingaggiano battaglie di note con le chitarre di John Trhy e Cliff Goodwin, fino a incontri esplosivi. La gente balza su e qualcuno grir uando parte «Vnu can lei. j ju hat ori,., segue il tempo e segue un'altra volta Kim Basinger e le sue nove settimane abbondanti. Non è ancora finita. Sale Zucchero. Insieme, il giovane vecchio e il maturo giovane attaccano «With a little help from my friend». Dopo questi concerti, uscirà un disco comune dei due in autunno: «Ho scritto una musica che-trovo molto bella — dice Jce — vorrei che Sugar ci mettesse le parole». E Zucchero: «La canteremo insieme». E' importante per lui questa produzione: «Joe era uno dei miei modell'. — racconta — un anno fa mi piazzai davanti al suo albergo, a Roma, e aspettai fin che non riuscii a parlargli. Parlammo per tutta la notte». Di questi tempi sono un po' sospette le accoppiate, sembrano trovate di manager e discografici per sopperire a qualcosa che manca. Dice Zucchero: «Si canta insieme se c'è qualcosa che unisce, se c'è feeling. Senza entrare nel merito di questo o quel caso, credo che certi abbinamenti a casa nostra nascano dalla povertà di idee della musica italiana: lo spettacolo cerca di sopperire ad altre carenze». E alle tre del mattino, in una Rimini by-night che però se n'è già andata a dormire, Joe e Sugar lasciano il ristorante. Dice Cocker: «Tutto questo è molto bello». Marco Neìrotti

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