Esame di coscienza per Diderot nel nome di Seneca di Franca D'agostini

Esame di coscienza Esame di coscienza per Diderot l di pnel nome di Seneca suicidi lo nobilitavano e si nobilitavano in lui. Raramente o mai. tuttavia, la problematica senecana era stata così attuale come al tramonto dell'Antico Regime e all'alba del Nuovo: per d'Alembert, Seneca era ancora uno spregevole cortigiano. A Diderot si ripresentano invece i propri rapporti con Caterina II; egli rivede in Seneca il filosofo che anziché limitarsi alla speculazione o evadere nella fantasia, s'impegna nella prassi a costo di rimanervi impigliato e di finire vittima dei tiranni. Col suo, fa l'elogio della propria professione di pensiero. Perciò dei due libri in cui articolò definitivamente il saggio, più importante è senz'altro il primo, la meditazione dell'autore su Seneca; mentre il secondo è occupato dalla descrizione e dall'analisi delle singole opere del filosofo romano, con esclusione delle tragedie, ritenute spurie all'epoca. La difesa è totale. L'ampio quadro del regni di Claudia e Nerone deve servire a far meglio risaltare la lotta titanica del ministro. La sua condotta ai vertici dell'impero non smentisce mal t suol principi. Egli argina le follie e le crudeltà del discepolo, attirandosi l'odio suo e dei colhi, critiche e ^calunnie che peseranno ■. la sua memoria, contìnuamente ripe-, da malvagi o da sefòcchi. Lo sì' rf- ' prenda in mano in buona fede, tra i sessantacinque e t sessantasei anni, e si scorgerà la purezza di quell'animo e l'acume dt quella mente. Diderot avverte verso la fine della sua appassionata perorazione il rischio dell'eccesso, che può dar esca all'accusa ch'egli sia il vile turiferario di un moralista ricchissimo, di un maestro fallito, di un impudente razzolatore. Ma si è convinto e sente di dover difendere con tutte le sue forze «l'innocenza di un uomo morto duemila anni fa. col solo Interesse verso la virtù calunniata». A chiunque si muova con questa disposizione leale, Diderot garantisce, Seneca apparirà come «il precettore del genere umano». Carlo Carena Denis Diderot, «Saggio sui regni di Claudio e Nerone, e sul costumi e gli scritti di Seneca». Traduzione di Secondo Carpanetto e Luciano Guerci, con una nota di Luciano Canfora. Sellerio. 397 pagine, 28.000 lire. Madame de Vandeul, «Diderot, mio padre». A cura di Giuseppe Scaraffia. Sellerio. 119 pagine, 5000 lire. DIDEROT era in campagna, pressoché solo. Ubero da preoccupazioni e inquietudini. A sessanlacinque anni, lasciava che le sue ore scorressero senz'altra attesa che trovarsi improvvisamente alla sera, e i mesi senz'altro pensiero che dell'ultimo appuntamento, ormai prossimo, della vita. Volse allora lo sguardo sulle opere di Seneca, per cui trent'anni prima aveva avuto piuttosto repulsione e provato disprezzo. Ora era invece pronto a piangere sulle debolezze del precettore di Nerone, se ne avesse trovate, o a vendicare un grande uomo dalle censure e dagli insulti dei propri contemporanei, se gli fosse parso giusto: a trarre in ogni caso profitto dalle sue -sagge e vigorose lezioni*. Per questo compito, di ritrovare un Seneca «puro, giusto, grande, degno del suoi precetti», spese quanto gli rimaneva delle proprie forze, non risparmiandosi la lettura di alcun volume in cui il suo nome fosse minimamente citato, come attesta la figlia Angélique nei brevi, piani ma vividi Mémolres sulla vita del padre, ora pubblicati da Sellerio col tìtolo Diderot, mio padre. Cosi nacque fra l'estate del 1777 e quella del 1778 /'Essai sur Sénèque e sur les règnes de Claddeet de Néron, pure presentato da Sellèrto-In versione italiana, coii Introduzione mLùnano Canfora. La metanoia di Diderot dalla rapida ma violenta censura giovanile contenuta nell'Essai sur le mérite et la vertu a questa vigorosa apologia era, com'egli stesso spiega, un risultato della riflessione dell'esperienza. Il contatto con uomini ed eventl gli aveva dimostrato le angustie e la dignità dei ruoli come quello dell'antico romano, a fianco del potente. Avvenne una sorta di proiezione, nello studio e nella difesa senecana, di quelle che il suo grande biografo Arthur Wilson chiama «le tensioni e le frustrazioni di Diderot negli ultimi anni di vita»; addirittura una forte, anche smodata identificazione di Diderot col letterato che venne a trovarsi «In una relazione moralmente ambigua con un governante dispotico e tirannico, sulla via più accidentata e sdrucciolevole per la virtù». Non il solo Diderot è stato posto da Seneca in questi dilemmi. Già Tacito e Dione Cassio, poi Alfieri e Concetto Marchesi si disputano la veridicità di un opposto ritratto. Cardano aveva a suo tempo difeso Nerone, Racine aveva definito II suo ministro un ciarlatano, mentre stoici e ficazione del genio femminile: produce dieci figli, crea . case, ; castelli, città, amplia terjifgiri,. diffonde benessere e ricchezza. La condizione del suo genio è il matrimonio, che le conferisce la possibilità effettiva di creare. Eppure, spiega Irmela von der Lilhe, studiosa di letteratura tedesca, Melusine non può liberarsi dalla sua condanna perché non può fino in fondo adempiere alle condizioni del matrimonio, che prescrive l'assenza di segreti, e la totale disponibilità della donna al marito. Il sospetto del marito ristabilisce le condizioni della norma matrimoniale: ma in questo modo distrugge l'equilibrio magico del genio, e ne disperde le opere. Franca D'Agostini Autori Vari, «Melusina. Mito e leggenda di una donna serpente», Utopia, pagine 190, lire 20.000.