Matto come un irlandese

Matto come un irlandese Matto come un irlandese Il suo sogno adesso è una Jaguar La resa di Maria to primo, in quattro lingue, cioè gaelico inglese francese italiano, e di dire anche altre cose. E di gestire per esempio un pasticcio come quello con Visentini, al Giro d'Italia ultimo, uscendone vincitore, e di fare felici quelli della Carrera, gli italiani che da due anni lo pagano, intanto che tratta con altre case e che ansi secondo noi ha già concluso con una, e grossa, e per una cifra maradonistica. Roche è un atleta moderno e un ciclista classico, e in più è il sosia del Mickey Rpurke di 'Nove settimane e messo» ed è irlandese. Irlandese repubblicano, poi, di quelli che hanno riempito il mondo di intelligenza disperata e divertita insieme. Gli irlandesi sono quasi tutti grandi matti. Però sono pochi, e nel corso dei tempi hanno dovuto assai sparpagliare i loro talenti, per coprire tutta la terra. Gli irlandesi hanno molto da fare, sempre. E si tratta sempre di cose importanti. E' straordinario che attualmente due di loro — Roche e Kelly — abbiano tempo per fare, insieme e con una certa esclusività di prestagione, i grandi ciclisti. Roche è professionista del 1981, ha vinto molto, specie nel 1982 (subito la ParigiNissa) e nel 1985, quando arrivò terso al Tour dietro a Hinault e LeMond Ancendo la tappa dell''Aubisque. L'anno scorso è stato fermo per malanni ad una g?.mba. Quest'anno ha conquistato una tappa e la classifica della Settimana Valenciana, due tappe della Parigi-Nissa a lungo dominata, due tappe e la classifica del Giro di Romandia. Poi il Giro d'Italia, con due tappe, sempre a cronometro, e la cronosquadre. In questo Tour gli è bastata una tappa, quella infinita contro il tempo. E'forte, ha stile nella pedalata e nella vita, è furbo, è intelligente. In Italia durante il Giro è riuscito a passare dal pugni e dagli sputi, ricevuti come killer di Vliìnttnl, agli applausi. Roba da ridere, ci sono figli o nipoti di irlandesi che diventano, da attori di film, presidenti degli Stati Uniti, superando ben altri ostacoli. dal nostro Inviato GIAN PAOLO ORMEZZANO PARIGI - Stephen Roche, un irlandese di quasi ventotto anni, dublinese, figlio di operai ed operaietto a sua volta in gioventù, secondo una oleografia un po' troppo dickensiana ma — ci giurano — vera, ha vinto ieri il suo primo Tour de France, per la squadra italiana della Carrera. Avendo vinto un mese e messo fa il suo primo Giro d'Italia, si affianca adesso a Coppi (1948 e 1953), Anquetil (1964), Merckx (1970, 1972 e 1974) e Hinault (1982 e 1985) nel ristrettissimo e nobilissimo elenco di quelli della •doppietta., prima di Coppi indicata come limite umano. Un italiano, due francesi, un belga, un irlandese. Roche ha detto, con humour: «La mia speranza adesso è che non ci sia subito un altro irlandese a fare come me». Per la verità l'importanza della 'doppietta' è segnalata più dagli italiani che dai francesi: nel senso che siamo noi ad agganciare il Giro al Tour più che loro ad agganciare il Tour al Giro. Roche è un personaggio decisamente ciclistico e insieme molto moderno. L'assemblaggio delle due entità è difficile. Vogliamo dire che Roche ha quasi tutto del ciclista di una volta, nel senso che possiede semplicità e simpatia, con accessori e optionals a posto: moglie buon animaletto casalingo, figlioletti come suol dirsi vispi (bambino di anni tre, bambina di anni uno), famiglia vasta e trepida, casa di campagna costruita con i primi guadagni. Però la moglie di Roche è bellissima (figlia di italiani, parlicchia anche il bergamasco), i figlioletti annunciano in diretta televisiva che gli scappa la pipi, la famiglia è tipo gruppo di lavoro, con atteggiamenti persino manageriali, la casetta sta nella periferia di Parigi e ingloba fra l'altro un garage in cui Stephen si dedica al restauro di preziosissime auto d'epoca, un secondo sofisticato mestiere. E lui è in grado di dire «sono contento di essere arriva¬ di CARLO VALERI PARIGI — Finalmente Stephen Roche, uomo di ghiaccio, si è sciolto. Sul palco dei Campi Elisi si è asciugato una lacrima: la banda suonava l'Inno nazionale; poco prima l'americano Pierce aveva vinto l'ultima tappa senza storia. n primo ministro irlandese Charles Haughey era al suo fianco, come Jacques Chirac. Vicinissimi, la moglie e 1 due figlioletti, 11 padre, la madre, la sorella, U fratello. Roche, il quale era arrivato a Parigi sette anni fa da emigrante dormendo la prima sera su una panchina, deve avere pensato a quel giorno. Era stato tesserato da un club della capitale come dilettante. L'anno dopo diventava professionista vincendo a ripetizione: Parigi-Nizza, Giro di Corsica, Giro dell'Indre et Loire, Etoile des Espoires, arrivando secondo nel G.P. deUe Nazioni. Una partenza folgorante che non aveva però seguito. Si doveva infatti attendere fino a quest'anno per poter definire Roche un campione. L'accoppiata Giro-Tour lo affianca al grandi, Coppi, Anquetil, Merckx e Hinault. Oggi Stephen tornerà a Dublino con un aereo privato messogli a disposizione dal governo. Dall'aeroporto al centro della capitale, dove si svolgeranno l festeggiamenti ufficiali, ci saranno due ali di folla. E, in mezzo, lui, Roche, su una vettura imperiale. Stephen vive abitualmente nella banlieue parigina, ha sposato una ragazza della capitale, di madre Italiana, ma non ha rinnegato 11 suo Paese dove torna d'inverno e per qualche ritaglio di vacanza. Ora lo attende 11 giro del circuiti: sono dieci. In Belgio e in Olanda, pagati 8 milioni ciascuno. Roche può ben permettersi lo sfizio di una Jaguar da 240 milioni. Era il suo sogno, ha la passione delle auto da collezionista. Ma questa sarà vera, anche se potrà usarla poco. Nella prossima stagione 11 suo Ingaggio sarà di un miliardo: ma non più alla Carrera (una squadra Italiana non vinceva 11 Tour da tredici anni), bensì alla Fagor, spagnola. Senza dubbio Roche è sta¬ Le classifiche finali Tour uomini-arrivo: 1. Pierce (Usa), km 192 ai 4h 57'26", media kmh 38.700; 2. Bauer (Can) a 1"; 3. Van Einde (Ol) a 5"; 4. Stevanhaaen (Ol) a 7"; 5. Van Der Poel (Ol) a 11"; 6. Da Silva s.t.; 7. Van Lancker s.t. ; 8. Gayant; 9. Van Poppel a 17"; 10 Anderson. Classifica finale: 1. Roche (Irl) In 115h 27'42"; 2. Delgado (Spa) a 40"; 3. Bernard (Fra) a 2'13"; 4. Mottet a 6'40"; 5. Herrera a 9'32"; 6. Parrà a 16'53"; 7. Fignon a 18"24; 8. Fuerte a 18'33"; 9. Alcala a 21'49"; 10. Lejarreta a 26'13"; 15. Loro a 43'52"; 55. Contini a Ih 59'15". Tour donne-arrivo: 1. Poliakova (Urss), km 56 in Ih 18'30", media kmh 42,800 ; 2. Paulitz a 8"; 3. Knol (Ol); 4. Nlehaus; 5. Matewev (Ger) a 9"; 8. Seghezzi. Classifica finale: 1. Longo (Fra) In 27h 33'36"; 2. Canins a 2'52"; 3. Enzenauer a 12'14"; 4. Poliakova a 16W; 5. Bonanoml a 17'37"; 8. Larsen a 20'32"; 17. Galli a 40'31"; 20. Bandint a 42'25"; 26. Seghezzi a 48'55"; 31. Chiappa a 53'14". to 11 più meritevole, ma non il dominatore. Questo è il primo Tour del dopo-Hinault, quindi un Tour senza padrone. Ma agonisticamente è risultato appassionante e incerto: pochi secondi di distacco fino al penultimo giorno. Dopo quattromila chilometri I E una maglia gialla che è cambiata ben dieci volte. Roche ha saputo gestirsi meglio, ha distribuito le forze, non ha mal avuto una vera défaillance. La crisi da anossia di La Piagne si spiega con 11 terribile sforzo a quota duemila. Proprio a La Piagne, tuttavia, Roche ha vinto il suo Tour, rispondendo all'attacco di Delgado che già gli aveva soffiato l'07". Riducendo il distacco a 4" si è messo tranquillo. E il giorno dopo lo ha attaccato, ad- a Parigi dirittura staccato in discesa. I colombiani sono stati la grossa delusione di questo Tour. Non hanno vinto una sola tappa, anche se Herrera e Parrà sono riusciti a conquistare la quinta e la sesta posizione in classifica: il miglior piazzamento di tutti i tempi malgrado chiari limiti, non solo a cronometro, ma sul ritmo e sulla distanza, n Tour ha .battezzato» una rivelazione, il messicano Herrera. ha riapplaudito un Fignon gagliardo, anche se non all'altezza dei bei tempi. Ma almeno Laurent ha lottato, ha vinto la sua tappa. Saronni. invece, è andato a casa troppo presto. I corridori italiani non sono riusciti a Imporsi una sola volta: l'unica tappa vinta da Bontempi gli è stata tolta per positività al controllo antidoping. Una -magra» per Guidone, che ne ha risentito anche in seguito. Gli italiani si sono segnalati per essere risultati due su tre positivi al controllo. L'altro è Contini. Il primo dei nostri è Loro, 33 anni, il più bravo di tutti: è giunto quindicesimo nel Tour dei giovani. Loro era già stato il primo italiano (22°) nel 1982. II nostro ciclismo conferma la crisi del Giro. Siamo in un periodo di transizione: si aspettano i giovani che tuttavia dovranno essere più decisi, più coraggiosi, cominciando a non disertare le corse all'estero e a non trasformare quelle di casa in vere processioni. PARIGI — Jeannie Longo e Maria Canins hanno offerto l'ultimo -testa a testa» su una salltella, poco dopo 11 via. Era valevole come traguardo della montagna di terza categoria: l'italiana e la francese si sono avvantaggiate nettamente disputando lo sprint. La maglia ;ialla ha voluto negare alla •ra 3 avversaria, incredii ' nte piegata quest'anno proprio ir. montagna, anche l'ultima piccola soddisfazione. Tuttavia l'azzurra aveva ormai acquisito il punteggio sufficiente per garantirsi il primato di miglior scalatrice. La tappa finale del Tour femminile, a oltre 42 di media, e stata vinta dalla sovietica Poliakova. con 8" sul gruppo. La Paulitz si è aggiudicata lo sprint massiccio alla quale non ha partecipato la Longo, ormai paga. E nemmeno vi ha partecipato la Canins. Prima italiana Luisa Seghezzi. ottava; undicesima Monica Bandlni. Le italiane sono giunte seconde nella classifica a squadre, seconda anche la Canins in un Tour che non dovrebbe essere definito deludente (diversi giorni in maglia gialla, tre tappe della Canins e una della Bonanoml) ma che In realtà lo è. Nessuno infatti pensava che la «mamma delle Dolomiti» si sarebbe fatta staccare in salita. Non se l'aspettava nemmeno Jeannie Longo. che ha detto: 'Avevo fatto di tutto per migliorare in salita. Mio marito, che è anche mio allenatore, mi ìia costretta a diminuire di quasi quattro chili. Ho lavorato parecchio sulle Alpi, trascurando anche diverse corse. Pensavo però di non farmi staccare io dalla Canins. superandola soltanto con gli abbuoni. Quando a Lus Ardiden l'ho vista perdere la mia ruota, restare indietro, ho avuto un vantaggio di 1 minuto, ho capito che Maria non era più lei in salita. E che avrei dovuto attaccarla ancora sulle Alpi. L'ho fatto, ha ceduto. Chi mai immaginava di lasciarla a 3 minuti nella classifica finale? Probabilmente gli anni si fanno sentire nella Canins tutti in una volta'. In effetti Jeannie. 29 anni, studentessa della facoltà di Diritto e amministrazione sportiva all'Università di Grenoble, assunta qualche mese fa aile «pubbliche relazioni» dell'absebsorato allo Sport della stessa città, insignita l'Inverno scorso da Chirac dell'onorificenza di Cavaliere della Legion d'Onore, è davvero la più brava ciclista. E la Canins? E' serena, fin troppo: 'Non si può sempre vincere — ha detto. — In fondo non sono arrivata ultima, ho ottenuto buoni risultati. Forse ho sbagliato non allenandomi a sufficienza in montagna. Volevo però migliorare in volata e ci sono riuscita, perdendo però il mio ultimo Tour. Spero, almeno, prima di chiudere, di vincere un titolo mondiale, che mi manca'. c. v.