«Il romanzo non è ancora nato» di Donata Gianeri

«Il romanzo non è ancora nato» «Il romanzo non è ancora nato» LUCCA — A Gattaiola la scrittrice frigge polpette nella cucina cinquecentesca. Francesca Duranti ogni tanto si rifugia nella proprietà ereditata dal padre Paolo Rossi, che fu presidente della Corte costituzionale, un palazzo di 40 stanze affrescato da pittori del '5-600 e immerso in quattro ettari di parco fitto d'alberi secolari. Dopo una lunga lontananza dalla casa dell'infanzia, la Duranti vi è tornata anni fa riscoprendola con occhi adulti. Qui è nato La Bambina: «E' stato il nuovo incontro con questa casa a indicarmi il libro che dovevo scrivere per primo: mi è servito a esorcizzare la mia infanzia. Ho potuto voltarmi indietro con serenità». Ma senza nostalgia: i suoi ricordi non sono struggenti, piuttosto ricordi di lunghe solitudini, di un'infanzia gatée ma priva di tenerezza, popolata da nurses straniere, in cui spicca una madre molto bella, molto ricca e molto distante. Oggi la Duranti, capelli biondi, occhi azzurri indagatori, l'approccio spiccio di chi ha avuto sempre tutto, dice di aver preso ormai le distanze da quella lontana infanzia, solitaria e clorata. Da Gattaiola, racconta, venne via proprio per uscire dalla bambagia e farsi in qualche modo le ossa in una città, in cui non la conoscesse nessuno. Come Milano: •Dove, prima di mettermi a scrivere, ero proprio l'ultima ruota del carro. Il che, all'inizio, mi diede un senso di liberta enorme. Poi, usci La Bambina: e mi vedo ancora girare con aria sperduta per i corridoi di casa Bellone), mentre i critici mi trattavano con aria paterna, facendomi il ganascino». Due anni dopo, il secondo romanzo Piazza, mia bella piazza, quindi La casa sul lago della luna con cui vince il Bagutta. Mesi fa, edito dalla Rizzoli, esce Lieto fine, con accoglienze tiepide da parte della critica: «La sto- Francesca Duranti ria è apparentemente cosi facile e scorrevole che è anche giusto che il lettore si fermi in superficie, come avrà fatto, magari, qualche critico sprovveduto. In realta c'è dietro tutta un'architettura letteraria molto significativa che si può accettare o rifiutare, trovare bella o brutta, ma della quale bisogna comunque prendere atto. Certo le critiche ti danno l'esatta misura di chi le scrive. A volte leggo recensioni intelligenti che dimostrano come 11 critico abbia capito più di me; oppure recensioni cretine che dimostrano come abbia capito meno di me. Per quel che riguarda questo mio ultimo romanzo, direi che sono tre o quattro al massimo i critici che hanno approfondito, gli altri si sono fermati a un'impressione molto superficiale». Parla decisa, senza giri di frase o mezzi termini, prendendo di petto ogni argomento. I tempi sono cambiati, si capisce che oggi, scrittrice consacrata, non ha più le timidezze d'una volta e si muove a proprio agio nel giro letterario. «Non mi ci muovo per niente, guardi: non conosco nessuno, non me ne impiccio neanche, la cosa proprio non mi riguarda. L'unico letterato che frequento è Mario Tobino, che è stato qui stasera, a mangiar le mie polpette: abbiamo punti di vista agli antipodi, ma siamo molto amici. A volte, però, mi rendo conto che esistono alleanze da cui sono completamente tagliata fuori, il che, certo, rappresenta un danno per me, oggi. Non lo sarà più. tra cent'anni.. Pensa che per una donna romanziera, farsi strada sia più difficile che per un uomo? «Penso che per una donna sia quasi tutto più difficile che per un uomo: forse, far la romanziera meno del resto. Rimangono però tanti tabù duri da sfatare: per esempio, se una città decide di organizzare un incontro tra uno scrittore e una scolaresca, è certo che all'assessore alla Cultura non viene in mente di invitare una donna, perché non usa Per fortuna esistono manifestazioni meno ufficiali e senza prevenzioni di sesso, dove se vengo invitata parlo come un fiume in piena per rifarmi dei lunghi silenzi.. Lontani i tempi del ganascino, oggi i critici si mostrano con lei meno paterni, ma più attenti, a volte ammirati. Del Buono ha scritto che con la Duranti è rinato il romanzo italiano: «Quando scrivo, ho in mente un progetto letterario che devo in qualche modo nutrire con una storia per cui i miei libri appartengono in pieno diritto a quella categoria che si chiama romanzo'. Voglio dire, Tobino è un prosatore, io no. Io scrivo delle storie che partono da piccoli fatti reali i quali, cosi come sono, magari non significano niente: bisogna dar loro un certo equilibrio con del vuoti, del pieni, delle simmetrie, delle concordanze, costruire cioè una sorta di architettura letteraria il cui tracciato è dato da una serie di punti, ognuno dei quali è un elemento narrativo. Ma tutto deve avere un disegno compiuto nella successione degli eventi, cioè concludersi.. die cosa si propone nei suoi romanzi? «La mia ricerca formale è di piegare l'italiano al romanzo, cosa non facile perché si tratta di una lingua che una volta stesa sulla carta tende a cadere in falsetto, diventare preziosa solenne, civettuola o compiaciuta; una lingua in cui è sbagliato dire lei, ma in cui nessuno dirà mai essa. Però credo che una ricerca del genere sia quasi essenziale in un Paese come l'Italia, dove il romanzo non è poi ancora nato del tutto: manca l'artigianato, manca Conrad, manca la Austin. Bisognerebbe far leggere James, come fosse un vaccino. Secondo me, bisognerebbe soprattutto smettere di inseguire uno stile, ma invece annullarlo, come sto cercando di fare io, perché non ingombri, non interferisca con la storia. La lingua, insomma non deve prevalere sul racconto. La mia ricerca consiste appunto nel non fare nessuna ricerca, preoccupandomi unicamente della storia*. Afa questo suo voler ignorare la lingua non finisce col diventare un atteggiamento? La Duranti ha un rapido sorriso a fior di labbra, mentre cerca di infilarsi faticosamente un paio d'occhiali di cui ha rotto le stanghette. «Artificiosi sono coloro che cercano di conquistare uno stile freddo e asciutto e poi se ne compiacciono. Io scrivo senza alcun compiacimento non mi rileggo mai. scrivo e riscrivo mille volte, quando smétto non è perché penso che l'opera sia perfetta, ma perché non ne ho più voglia. Il più gran complimento della carriera, l'ho ricevuto da un vecchio critico letterario del Giorno, Romeo Oiovannini: "Cara signora sono ri masto favorevolmente impressionato dal suo stile asciutto, freddo e privo di grazia"». Donata Gianeri

Persone citate: Bellone, Del Buono, Dove, Francesca Duranti, Mario Tobino, Mesi, Paolo Rossi, Romeo Oiovannini, Tobino

Luoghi citati: Gattaiola, Italia, Lucca, Milano