Scelte suggestive, quasi tradizionali di Stefano Reggiani
Scelte suggestive, quasi tradizionali Scelte suggestive, quasi tradizionali Da mostra in pericolo di estinzione a mostra in regola con la tradizione: è già un buon risultato por una manifestazione salvata quasi all'ultimo momento dalla palude politica. E' vero, non bisognerebbe mai ridursi all'emergenza ncll'amministrare gli enti culturali e lo statuto della Biennale va modificato per non rischiare periodicamente il caos, ma la nomina del curatore speciale Biraghi sembra aver garantito almeno la dignità e forse qualcosa di più. Per usare la terminologia della gestione Rondi, è un festival d'autore secondo una concezione allargata e curiosa, i classici accanto ai registi di culto ristretto, come Doillon; i vecchi maestri, come Huston. accanto agli ex giovani, come Agosti; i talenti minoritari, come Ivory, accanto ai prestigiatori di' massai come De Palma; e poi il russo sottile, Abdrasitov, di cui si vide negli anni scorsi a Venezia Congiunzione di pianeti e la giusta dose di Libano, Corca c Turchia (del turco Kavur si dice un gran bene). Né potevano mancare India e Giappone, grandi produttori di fantasie, e l'irriducibile Mitteleuropa dell'ungherese Jancso. Certo, questa impostazione eclettica ed aperta rende per paradosso la mostra più «festival», lontana dai vecchi miti dell'anti-Cannes, della Biennale laboratorio permanente ecc. Ma Biraghi potrebbe rispondere con due sensatissime obiezioni: 1) Lui è stato chiamato nell'emergenza per allestire la mostra e non per programmare la Biennale; 2) 11 cartellone rispecchia appunto le sue posizioni culturali, il suo concetto, equilibrato e tollerante, di mostra cinematografica: prendere possibilmente il meglio senza pregiudizi di metodo e osservando un certo equilibrio geografico e poetico. Se queste sono le premesse, la vera novità del cartellone (ma neanche tanto, è un discorso che si ripete) riguarda la presenza massiccia del cinema italiano. La produzione di casa si giova sempre di un certo patriottismo della mostra ed ha più armi di pressione; ma bisogna augurarsi che proprio quest'anno la selezione italiana sia indiscutibile, sarebbe più sgradevole nell'emergenza essere accusati di una politica casalinga. Del resto, l'America ha quattro film, la Francia tre e mezzo, e gli italiani, in concorso e fuori, hanno in partenza buonissimi titoli. Si aspettano con diversa commozione il ragazzo-maratoneta di Comencini e i ragazzi camerieri di Olmi intorno al loro simbolico pranzo. Si nutre grande fiducia in Agosti, tornato al cinema in proprio dopo aver aiutato il cinema degli altri; non si nasconde la simpatia per Del Monte, anche se l'aspetto peculiare del suo lavoro (l'aver girato con telecamere ad alta definizione) resterà ancora per un po' misterioso. E se poi lo sperimentato Montaldo avrà raccolto l'atmosfera di un romanzo bellissimo di Bassani {«Il tempo lui comincialo a diradarli, eppure non si può ancora dire che siano pjchi, a Ferrara, quelli che ricordano il dottor Fadigali...»), tutti avranno mostrato il loro buon diritto. E se la giornata dedicata a Bertolucci si rivelerà all'altezza, e se l'esordiente Mazzacurati della Settimana della critica manterrà le promesse, la festa italiana sarà completa. Quasi troppo. Stefano Reggiani
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