Arrestati vicequestore e due agenti

Arrestati vicequestore e due agenti Clamorosa svolta nell'inchiesta su irregolarità alla questura di Gela Arrestati vicequestore e due agenti L'accusa parla di interesse privato in atti d'ufficio - Erano già stati trasferiti - Il dirigente abitava nel villino dove venne ucciso un grossista di ortofrutticoli - Il procuratore della Repubblica: < Il silenzio è d'obbligo» CALTANISETTA — Ne parlano tutti, ma nessuno sa con precisione di che cosa si tratta. I «bene informati» non si sbottonano ma confidano: «é cosa grossa». Caltanissetta e Gela sono sotto choc per l'arresto del vicequestore Filippo Vitale, 44 anni, e dei poliziotti suoi sottoposti nel commissariato gelese, Vincenzo Costa, 39 anni, e Nicola Romano, di 27. Sono accusati di interesse privato in atti d'ufficio e le manette sono state fatte scattare dai militari della Guardia di Finanza su ordini di cattura firmati da Teresa Principato, uno dei sostituti della procura della Repubblica nlssena. Il dottor Vitale, fratello di un ex senatore del pel, originario di Caltaglrone dove ai tempi dell'università faceva il corrispondente di un quotidiano siciliano, è stato arrestato a Roma dov'era sta¬ to trasferito un mese e mezzo fa quando, dopo i primi accertamenti, le indagini avevano preso una piega che per lui non lasciava presagire nulla di buono. «A disposizione» recitava l'ordine di trasferimento. Ieri il vicequestore è stato scortato nel carcere di massima sicurezza di San Cataldo, a una decina di chilometri da Caltanisetta, dove ha raggiunto gli altri due poliziotti. Qui la dottoressa Principato ha incominciato, in mattinata, un primo turno di Interrogatori. L'arrivo dei poliziotti ha messo a rumore la prigione, dov'è pure detenuto il libanese Bou Chebel Ghassan, contraddittorio personaggio, alla fine implacabile accusatore dei fratelli Michele e Salvatore Greco, condannati all'ergastolo per il delitto Chinnici, del quale ieri è stato ricordato a Palermo il quarto anniversario. Perché il vicequestore e gli altri due poliziotti sono finiti dentro? Circola insistente una voce, che viene però soltanto sussurrata: il racket delle estorsioni. E sembra proprio vero che una delle piste seguite dagli Inquirenti sia quella delle minacce e degli attentati al danni di facoltosi possidenti, commercianti e professionisti di Gela. Nella seconda città della provincia, 70 mila abitanti, da anni molta gente ha finito per piegarsi al racket e paga puntualmente il prezzo della «protezione», che qui viene chiamato «pizzo». Il procuratore della Repubblica Salvatore Celesti si è sbarazzato in fretta dei cronisti andati da lui per avere notizie: «fn cast come questo il silenzio è di rigore. Gli arrestati sono elementi di un organo dello Stato — ha detto —, le indagini devono essere molto approfondite». Né si è riusciti a sapere qualcosa di più in questura, dove il vicequestore ricario. Vito Gallo, si è dichiarato • molto dispiaciuto, anzi sconsolato» e ha sostenuto di aver appreso degli arresti soltanto leggendo i giornali. • Non so niente», ha concluso. Nello sfondo dell'inchiesta c'è un delitto, quello del ricco grossista di prodotti ortofrutticoli Carlo Domicoli, 48 anni, assassinato all'alba del 17 luglio, due settimane fa, con due colpi di pistola. La vittima possedeva un villino multifamiliare con il dottor Vitale e il sovrintendente Costa, a poche decine di metri dalla spiaggia di Roccazzella. C'è un qualche nesso tra l'omicidio e le indagini che hanno trascinato dietro le sbarre il vicequestore e i due poliziotti? Quando il dottor Vitale fu trasferito d'ufficio a Roma e il sovrintendente Costa fu assegnato a Caltanisetta, agli inizi di giugno, cominciarono i primi mormorii, sui quali in questura si cercò di tagliare corto con un laconico: .si tratta di provvedimenti amministrativi». Lo scandalo che era stato in qualche modo controllato è esploso ora clamorosamente. Il sovrintendente Costa, originario di Licata (Agrigento), ma residente da molti anni a Oela, si era opposto al trasferimento nel capoluogo ed allora era stato destinato alla questura di Potenza, dove non era neppure andato perché aveva usufruito di un permesso per malattia. Ritenendo ingiusto il provvedimento, Costa aveva confidato ai colleghi l'intenzione di rivolgersi al Tribunale amministrativo regionale. Adesso gli arresti. Antonio Ravidà

Luoghi citati: Agrigento, Licata, Palermo, Potenza, Roma, San Cataldo